Nulla è mai come sembra nella scrittura di Gianluca Morozzi, e nemmeno nelle sue presentazioni. In una Feltrinelli gremita per la prima bolognese di Dracula ed io (TEA, marzo 2019, pagg.250), il Moroz ci spiazza tutti – addetti ai lavori, allievi dei suoi corsi di scrittura, amici e lettori fidelizzati – con un inaspettato cambio di relatore: Alessandro Berselli, il partner di sempre, è malato e a sedergli accanto con generosa gentilezza sarà Marilù Oliva.
Berselli però non può mancare del tutto e ha dunque inviato alcuni messaggi vocali che, diffusi prontamente nell’aere, ci accompagnano con acconcio timbro cavernoso sulla soglia dell’aldilà. Impossibile per lui rinunciare a una “dedica” all’amico di sempre, colui che a buon diritto sta all’altro capo della loro bromance (crasi di brother, fratello, e romance, relazione amorosa), ovvero di quello stretto rapporto, nonsessuale, che lega uomini veri come loro, declinandosi da anni in autentica fratellanza, etilica e intellettuale. E Berselli ci lascia con una promessa: Morozzi ci sorprenderà ancora una volta, costringendo tutti i suoi generi a dialogare tra loro in una narrazione complessa e armonica, costruita su molteplici piani, dove Bologna, i vampiri e le vittime di brutali omicidi intrecciano una giga infernale e irriducibile.
A ristabilire i toni di una presentazione ortodossa interviene Marilù Oliva che confessa, sincera, di non aver ancora letto il romanzo ma di averne tutta l’intenzione, perché Morozzi è una vera gloria per Bologna, disponibile con tutti, allievi e colleghi, brillante scrittore e infaticabile promotore culturale.
Lui, gli occhi spalancati nel consueto sorriso da eterno ragazzo, prende la parola per confermare che da diciotto anni vive di scrittura, alternando romanzi inquietanti ad altri più propriamente divertenti, e deve questa sua scelta all’ammirazione per quel genio del fumetto che è stato Andrea Pazienza. Lui, infatti, avvicendava tutti i generi esplorando ogni potenzialità espressiva della narrazione per immagini attraverso lo sguardo irruente e appassionato di personaggi indimenticabili come Pentothal, Zanardi, Pompeo.
Ecco quindi che Morozzi, che l’anno scorso proprio in questi giorni presentava Gli annientatori (TEA, marzo 2018, pagg.196), un romanzo cattivo ma in certo modo facile, stasera invece introduceDracula ed io- divertente a tratti, surreale, grottesco, feroce, drammatico – che alterna parti inquietanti ad altre comiche, perché ad attrarlo è proprio l’idea di mescolare anime diverse nella medesima narrazione e di farle convivere.
Marilù Oliva lo riporta al personaggio centrale del romanzo, Dracula l’immortale, e gli chiede che traccia conservi del Dracula primigenio, quello di Bram Stoker, e di quello del film di Coppola.
Morozzi non esita: nel romanzo di Stoker viene sottolineata la ferocia di Dracula, nel film di Coppola il lato romantico. Lui si è sentito particolarmente attratto dal brano in cui Dracula racconta all’amata la storia della sua terra e ne parla come se fosse stato presente anche agli accadimenti di mille anni prima.
Il suo Dracula dunque è antichissimo e non sensibile alla minaccia dell’aglio o del crocifisso; può tramutarsi in nebbia e rinascere dopo essere stato ucciso dall’argento, ma il numero delle sue resurrezioni è limitato e lui non lo conosce. Nella sua lunghissima vita incontra due grandi amori. Nel 1582 si sposa addirittura con Lavinia, una pittrice bolognese allieva di Elisabetta Sirani, e insieme a lei lo troviamo alla Festa della porchetta in cui gli anziani Consoli della città gettano sulla folla porchetta, vino e monete. A Bologna, in quell’occasione, Dracula incontra un altro semi immortale, Indaco, che ogni volta risorge a sesso invertito. Da quel momento, Dracula ogni anno tornerà in città per sfidarlo in una agguerrita partita a scacchi. Ai giorni nostri, Dracula arriva a Bologna per la sfida annuale con Indaco e, al suo posto, trova una piccola scatola che contiene i suoi occhi con sopra incisa una scritta di avvertimento, I am. Intanto, viene a conoscenza del fatto che in città sono stati compiuti alcuni omicidi che riguardano la maternità. Decide allora di indagare, anche per evitare che gli venga attribuita la responsabilità dei delitti, e sceglie come assistente Lajos, lo stesso personaggio creato da Morozzi nel romanzo L’era del porco. E da là, insieme a lui, irrompono anche la banda dell’Osteria di Ringo: l’Orrido, Lobo e Betty, tutti personaggiche animano parti divertenti di Dracula ed io.
Marilù Oliva svela che il romanzo contiene parecchi spunti che fanno riferimento al mondo dell’editoria. Lajos, tra l’altro, è in cerca di un editore.
Sì, conferma Morozzi, Lajos si vergogna del cognome che porta perché suo padre è uno scrittore di fama internazionale che ha abbracciato una svolta filosofica, in quello che è poi diventato un best seller, Gesù spiegato a Buddha e Brahma. Lajos invece è uno scrittore di scarso successo, il cui ultimo romanzo, Depardieu spiegato ad Alain Delon, è finito in mano alla burocrazia della casa editrice che lo vuole convincere a spostarne il carattere verso il noir.
La relatrice afferra al volo l’accenno al noir per sottolineare quante contaminazioni tra generi si incontrano nel romanzo e cita Massimo Carlotto secondo il quale nel giallo la morte non è che il suo feticcio, mentre il noir fa ancora più paura della morte stessa.
Morozzi risponde che il noir può sconfinare con qualunque genere, horror drammatico thriller, perché è duttile nel senso più ampio della parola.
E, dunque, il libraio in quale scaffale dovrebbe collocare Dracula e io? Morozzi non ha dubbi: sta bene in molti scaffali, nel noir certamente, è un mainstream.
Marilù Oliva è curiosa di sapere di quali limiti e pregi si sia caricato il personaggio di Dracula, nell’adattamento che ne ha fatto Morozzi ai giorni nostri.
Due limiti soprattutto, risponde l’autore. Pur potendo tramutarsi in nebbia, lui non vuole perché significherebbe dissolversi. Dopo l’ennesima morte poi, a Grenoble, una scheggia gli è rimasta conficcata nel cranio e gli crea dolori insopportabili. Utilizza la meditazione per isolarsi dalla sofferenza, ma non sempre funziona, e dispone di una pistola calmante che però non riesce a utilizzare da solo per il forte spirito di conservazione di cui è dotato. Ecco quindi che deve pensarci il suo assistente, Lajos.
Bologna ha una forte presenza nel romanzo, anche come citazione di alcune curiosità. Si fa cenno, per esempio a quattro targhe che indicano un mistico percorso, riconducente alle quattro croci che difendevano la città dai pericoli, e alla Pietra di Bologna, conservata al Museo Civico Medievale, conosciuta come enigma di Aelia Laelia Crispis.
Marilù Oliva fa notare che il romanzo è anche ricco di conflitti, ma esiste un conflitto d’amore?
Certo, ribatte l’autore, intorno all’anno mille Dracula nel deserto è innamorato di Palizade, nel 1582 sposa Lavinia. Lyos invece si innamora ogni cinque minuti, prima di Henna, poi di Maddalena l’editrice, infine di Diana. Finirà anche nei guai, un po’ come il Lebowski del film dei fratelli Coen.
D’obbligo una domanda all’autore sul suo passaggio dalla casa editrice Guanda a TEA. Si è trovato benissimo, la famiglia in fondo è sempre la stessa e le risposte rapide ed efficaci.
E chi potrebbe interpretare il suo Dracula in un film? Nessun dubbio, Robert Downey junior, il protagonista di Iron man e dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie.
Dracula ed io avrà un seguito? Morozzi ne è sicuro, nel romanzo ci sono almeno tre vicende aperte e lui pensa anche a un prequel.
Sorrisi e partecipazione affettuosa del pubblico, tra gli altri Stefano Bonazzi e Cristina Orlandi.
A Berselli il compito di chiudere “in remoto” la festosa presentazione, mentre la sua voce cavernosa sfuma in dissolvenza.
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