C’era una volta un monaco che viveva in un eremo sulla montagna. Era molto povero. In teoria lo dovrebbero essere tutti i monaci: la ciotola delle elemosine è un emblema della loro condizione.
In realtà la ciotola, o ai nostri giorni il conto in banca, sono di solito ben forniti.
Quel monaco invece era davvero povero, al punto che spesso non aveva niente da mangiare. Quando ne aveva lo divideva con il gatto, sua unica compagnia.

Volle il destino che un bel giorno, da quelle parti si trovasse a passare Oda Nobunaga: un personaggio storico che qualcuno ha definito il Napoleone giapponese. La sua vita era un susseguirsi di battaglie. Anche quel giorno ne aveva combattuta una e adesso, con i suoi samurai, stava inseguendo i nemici.
Sul bordo della strada c’era un gatto, che alzò la zampina verso di lui muovendola su e giù, gesto che in Giappone significa: vieni, vieni qui!
Proprio come Napoleone, Nobunaga aveva un bel caratteraccio: impetuoso, crudele, sprezzante, ma anche pieno di curiosità. Dimenticò i nemici per seguire il gatto, che gli fece strada fino all’eremo. Dove però non c’era nulla da vedere: soltanto un monaco male in arnese, inginocchiato davanti alla statua del Buddha.
Inferocito, Nobunaga ordinò ai suoi di decapitare monaco, statua e gatto.
In quel momento, per fortuna, gli esploratori tornarono a fare rapporto. Su quella stessa strada, un po’ più avanti, i nemici avevano teso un’imboscata. Se non avesse seguito il gatto, Nobunaga ci sarebbe cascato in pieno. Per cui ordinò ai suoi di rinfoderare il katana, rivolse al monaco un profondo inchino e gli riempì la ciotola di pezzi d’argento.
Il gatto lo osservava con gli occhi socchiusi. Aveva l’aria di dire: “Povero scemo! Ti credi un dio, distribuisci morte o ricompense, ma sei soltanto un fragile essere umano. Se non la smetti di fare così, ti toccherà una gran brutta fine.

STATUA DI ODA NOBUNAGA NELLA CITTÀ DI GIFU

Inutile dire che Nobunaga non gli diede ascolto e fece una brutta fine, proprio come il gatto aveva previsto. Comunque, da quel giorno in poi fecero una vita meno grama, sia il monaco che il gatto. Pure la statua del Buddha ricevette la sua parte: offerte di dolci, riso bollito e incenso.
Ancora oggi si crede che la statuetta del maneki neko (gatto che invita) attiri la fortuna. Per questo la si vede nelle vetrine di negozi e ristoranti, e anche in molte case. Qui ne abbiamo due, una di porcellana a fiori e una di cartapesta rosso oro. Se portino fortuna per davvero non si sa, comunque mettono allegria.

La storia del maneki neko l’ho raccontata a modo mio: quanto alle imprese di Oda Nobunaga, ho scritto due romanzi storici (finora) proprio per raccontarle.
La leggenda del gatto esiste in parecchie versioni. A volte il grande personaggio, comunque si chiami, è sorpreso dalla pioggia e trova riparo sotto un albero: appena segue il gatto, l’albero viene colpito dalla folgore. Altre volte, al posto del monaco c’è una vecchia signora o addirittura la ragazza di un bordello. In alcune versioni la natura del gatto si rivela: non è un felino come tutti gli altri, ma un kami.

MANEKI NEKO (FOTO WIKIPEDIA)

La religione tradizionale giapponese, Shinto, popola il mondo di presenze invisibili, chiamate appunto kami. Più che divinità sono spiritelli, sul genere di Puck nel “Sogno di una notte di mezz’estate” o del genius loci nella religione romana. Non sono buoni né cattivi, finché non li si offende. Di tanto in tanto giocano agli umani qualche scherzo, giusto per divertirsi un po’.
La dimora dei kami può essere un tratto di mare, un masso dalla forma strana, una sorgente, un albero. Oppure si manifestano come animali: volpe, tanuki (cane procione), orso, ma perché no anche un gatto! Pure gli antenati di casate nobili e qualche imperatore sono considerati kami.

Che ci si creda o no, per lo Shinto non fa nessuna differenza. Non è richiesta alcuna adesione di fede: in effetti, più che una religione è un insieme di leggende e miti ancestrali. Questi si manifestano ampiamente anche nel Giappone di oggi, dalla pubblicità in tv a creazioni come manga, film, videogiochi, ecc.
Il magnifico film d’animazione “La città incantata” di Hayao Miyazaki, ha come titolo originale “Sen to Chihiro no kamikakushi” che significa “la sparizione di Sen e Chihiro per opera dei kami.” Presenze sovrannaturali popolano tutta la produzione dello Studio Ghibli e lasciano incantati: ma di questo parlerò quando riusciremo a visitare il Museo Ghibli. Si trova a Mitaka, un’oretta in macchina da qui.

SEN E CHIHIRO (FOTO WIKIMEDIA)

Qualcuno ha definito lo Shinto una religione ecologista. In effetti, i luoghi dove dimorano i kami sono di solito molto belli. Chi li sporca o li distrugge si attira una sfiga tremenda, perciò il rispetto verso i kami si traduce di per sé in una difesa dell’ambiente. Fino a un certo punto. In fatto di politica ambientale e soprattutto di tutela paesaggistica, secondo me, il Giappone ha ancora un bel po’ di strada da fare.

La dimora dei kami è delimitata da una corda di paglia (shimenawa) e nei dintorni si trova quasi sempre un torii, o più di uno. Questo elemento del paesaggio giapponese, raffigurato in molte opere d’arte, è in effetti una porta senza battenti: due pilastri di legno e una doppia architrave, quella superiore leggermente concava verso l’alto. Di solito sono dipinti di rosso. Passare sotto il torii serve a purificare l’animo di chi si avvicina al luogo sacro.

TORII (FOTO WIKIMEDIA)

I santuari dello Shinto sorgono spesso al margine dei boschi. Da queste parti ce n’è uno: si chiama Imakuma Jinja, santuario dell’orso. Pare che sulla montagna retrostante ci siano per davvero, gli orsi. Ci siamo stati qualche giorno fa, ma per la passeggiata di un convalescente non è certo il luogo più indicato.
Ci torneremo quando mio marito sarà in grado di correre per sfuggire all’orso. Al momento, mi sembra già meraviglioso che possa muoversi senza carrozzina.

IMAKUMA JINJA – IL SANTUARIO DELL’ORSO

I romanzi storici che raccontano le vicende di  Oda Nobunaga sono (al momento) due:

Mille rimpianti. Verso il Japòn (1551-1574)

Mille rimpianti. Il castello di fuoco (1574-1881).

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Le foto, ove non diversamente indicato, sono di proprietà di Grazia Maria Francese.

Attenzione!

Grazia Maria Francese ha appena creato una pagina “Tokyo sola andata”, che presenta romanzi ambientati in Giappone e contenuti sulla storia e la cultura giapponese. Non perdetevela!