Altro elemento tradizionale nella casa giapponese è il tokonoma, una sorta di nicchia ricavata in una parete della stanza più bella. Il libro di Edward S. Morse, “The japanese houses and their surroundings” ne descrive una quantità di tipi. Vi si appendono uno o più kakejiku, rotoli con disegni o calligrafie a inchiostro di china.
Ai suoi piedi sono posati un incensiere, un vaso che contiene una composizione floreale (ikebana) o altri oggetti. Qui, essendo la casa di un maestro di scherma tradizionale, nel tokonoma si trovano in permanenza due katana (sciabole) sul loro supporto.
L’anno lunisolare del calendario giapponese è suddiviso in periodi di circa due settimane, chiamati sekki (nodi delle stagioni). Bisognerebbe sostituire il kakejiku ogni volta che cambia il periodo, mettendone uno adatto a quello che sta per cominciare: fiori di ciliegio alla fine di febbraio, poesie sulla luna d’autunno in settembre e così via. Portarsi avanti rispetto alla stagione, offrendone in un certo senso la primizia, è considerato elegante.
Purtroppo tocca a me sostituire il kakejiku, perché con una mano sola mio marito non riesce ancora a farlo. Arrotolare e srotolare quei fragili fogli, così preziosi, mi mette l’ansia: alla fine però sono soddisfatta, perché il tokonoma assume ogni volta un aspetto diverso.
Questa è un’altra caratteristica della casa tradizionale. Noi siamo abituati a tenere appesi sempre i medesimi quadri o decorazioni in un posto fisso, mentre qui ogni cosa è mutevole.
Le stanze stesse possono cambiare dimensione aprendo o chiudendo i fusuma, pareti di porte scorrevoli che separano gli ambienti.
Mettere in ordine la propria casa, non è così diverso da mettere in ordine la propria vita.
Ci sono cose che hanno un posto fisso e altre che si devono cambiare.
Questo non vuole dire affatto buttare via le cose belle.
Ora in questo paese, e purtroppo anche altrove si sta diffondendo il cosiddetto “metodo giapponese del riordino”: consiste, se ho ben capito, nel fatto di eliminare tutte le cose che non si usano più.
Grazie a questo metodo scellerato, le botteghe dei rigattieri si riempiono di oggetti bellissimi, mentre le case diventano ambienti senza cuore. È come dire: buttiamo via i ricordi del passato, non frequentiamo più la gente che non ci torna utile.
All’opposto, una casa piena di oggetti dà un’impressione soffocante. Come una mente tutta presa dai ricordi o un posto dove c’è troppa gente.
Il suddetto metodo è un esempio perfetto di come si possa fraintendere la cultura giapponese. La casa tradizionale è sobria, certo, con pochi oggetti e quasi niente mobili: però le cose che al momento non si usano vanno riposte, non buttate via.
Un tempo esistevano in Giappone appositi edifici chiamati kura, a prova di incendio. Lì si riponevano le cose non utilizzate, tirandole fuori nel momento del bisogno.
Adesso i container in affitto e gli shako, ripostigli esterni, svolgono pressapoco la stessa funzione. Andare ad aprirli è una caccia al tesoro. Anche in Italia, del resto, mi è sempre piaciuto frequentare cantine e soffitte, o rovistare negli armadi in cerca di qualche capo dimenticato.
Le immagini, fatta eccezione per la planimetria del castello di Azuchi, sono di Grazia Maria Francese.
Copertina: Shikoku, pellegrinaggio agli 88 templi. Fotografia di Grazia Maria Francese.
Di Grazia Maria Francese vi ricordiamo il secondo volume della Serie Mille Rimpianti, ambientata in Giappone: IL CASTELLO DI FUOCO – 1574/1581.
Lisbona, marzo 1574: caracche e galeoni salpano verso oriente. Tra i passeggeri che affrontano la perigliosa traversata fino all’India e oltre, c’è il gesuita Alessandro Valignano. Gli è stato assegnato dal Generale della Compagnia l’incarico di Visitador (ispettore) delle missioni in Africa e Asia. Si avvera per lui il sogno di una vita, abbandonato dopo una giovinezza turbolenta e poi riapparso, quasi suo malgrado: varcare gli oceani fino al remoto Japòn.
Oda Nobunaga, il signore della guerra che sta riunificando il paese, protegge i cristiani. Questi però non sono che pedine nel gioco politico/militare dell’epoca e rischiano di essere sacrificati a ogni nuovo sviluppo. Il personaggio più temibile è lo stesso Nobunaga, che lunghi anni di lotta per la supremazia hanno trasformato in un tiranno sanguinario.
Alessandro si prepara all’incontro cruciale con Oda Nobunaga ma proprio in quel momento, il destino aprirà sotto i suoi piedi la trappola di un ricordo.
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