Kaoru-san è mingherlina, ma nel farmi indossare il kimono rivela una forza sorprendente. Stringe i lacci come se volesse spezzarmi, qui comprime e là imbottisce, fino a trasformare le mie curve nelle linee diritte richieste da questo tipo di abbigliamento.
“Non è facile adattarlo alla corporatura di noi occidentali” dico io. Lei sorride.
“Riuscirci è il mio lavoro.”
Le prime volte che venni in Giappone, trenta e passa anni fa, era normale vedere per strada gente in kimono. Oggi è una rarità. I preziosi indumenti di seta, ornati da ricami o meravigliosi disegni, dormono nei cassetti. Tesori tramandati di generazione in generazione, che vedono la luce solo in occasioni speciali: matrimoni, funerali, cerimonie del tè o eventi mondani.
Ben poche donne sono capaci di cavarsela da sole a indossarlo. In passato si aiutavano a vicenda in famiglia; o se erano ricche, si facevano aiutare dalla cameriera. Ora ci si rivolge a kitsuke professioniste come Kaoru-san, che accettano anche di venire in casa.
Indossare bene un kimono da cerimonia è una faccenda che richiede minimo un’ora di tempo.
Si comincia con la scelta degli abbinamenti. Kimono, obi (fusciacca) e accessori devono essere coordinati, oltre che adeguati alla circostanza. Ci sono kimono adatti a giovani e anziane, a occasioni particolari, a una determinata stagione. Una della mia età con indosso il furisode, kimono dalle maniche svolazzanti portato dalle ragazze di vent’anni, farebbe ridere.
Con il beneplacito di Kaoru-san, ho scelto un bel kimono di seta gialla ricamata tono su tono. La obi è bianca a disegni dorati. Come ornamento per la pettinatura, un semplice spillone dorato. Fatta la scelta si comincia!
Prima di tutto va indossata la biancheria: juban (camiciola), susoyoke (sottogonna), nagajuban (sotto kimono con il colletto rigido). Tutto ciò deve ricadere perfettamente, lasciando scoperta la nuca: in Giappone questa è un attributo fondamentale del fascino femminile, mentre il décolleté va rigorosamente coperto. A questo scopo si usano delle specie di giarrettiere da fissare ai lembi del kimono, per impedire che si aprano.
L’arte del kitsuke consiste nel far stare bene indosso a chiunque un indumento che, per definizione, è a taglia unica. Ci si riesce regolandone la lunghezza con un laccetto legato in vita. Con ciò che avanza sopra si crea un risvolto su cui si mette un altro laccetto, e poi una fascia più larga. Bisogna creare lo spazio perché la obi, legata appena sotto il seno, trovi la sua collocazione naturale.
Dopo avere visto come si fa, magari potrei anche farcela a indossare il kimono da sola, ma legare la obi è un’altra faccenda. Per avvolgersi attorno alla vita una fascia di broccato, lunga quasi tre metri e fissarla con un nodo nel centro esatto della schiena, bisognerebbe avere ben più di due mani.
Ci sono vari tipi di nodo per la obi. Va scelto in base alle solite variabili: età di chi bisogna annodare, stagione, occasione, oltre alla consistenza della stoffa. Kaoru-san sceglie per me un nodo a tamburo, il più formale, che richiede l’apposizione di un apposito cuscinetto per mantenerlo sollevato. Si copre il cuscinetto con una sciarpa di seta leggera e poi si fissa il tutto con un cordoncino chiamato obijime. Anche questi accessori devono essere coordinati con il resto.
Eccoci pronte. La mia amica Kazuko è molto elegante nel suo kimono color avorio con disegni pastello. Sua figlia Yuki, essendo più giovane, si può permettere un morbido kimono rosa.
Per ultimo si veste mio marito, che ci mette dieci minuti e pur senza poter usare la mano destra, ha bisogno solo di un piccolo aiuto con i lacci della hakama. Con noncuranza, come se fosse un bastone da passeggio prende un katana, sciabola giapponese: nelle famiglie di samurai, pare sia un elemento indispensabile per questo genere di foto.
Il grande ciliegio da fiore che c’è in giardino ci fa da sfondo. Noi siamo molto meno belli, ma abbiamo fatto del nostro meglio.
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