Il calicanto è una meraviglia della natura. Ha fiorellini gialli poco appariscenti ma il suo profumo, che si può sentire a decine di metri di distanza, mi fa venire voglia di danzare! La cosa incredibile è che fiorisce in gennaio, anche sotto la neve, quando tutto è in letargo.
Come fa il calicanto a fiorire nel periodo più freddo dell’anno? Il suo segreto sta nella sostanza cerosa che riveste petali e rametti: fa da isolante termico, quel tanto che basta per mantenere la linfa in circolazione.
I giapponesi devono avere qualcosa di simile nel loro DNA, mi dicevo. Le case tradizionali d’inverno sono gelide, ci fa più freddo che all’esterno. Di solito si scalda un piccolo spazio, non necessariamente una stanza: può essere anche solo il kotatsu, un tavolino basso coperto da una trapunta sotto cui mettere le gambe. Malgrado ciò, nessuno sembra soffrirne e non si vede gente che in casa indossi strati di maglioni.
Qual è il loro segreto? Ci ho messo un po’, ma finalmente l’ho scoperto: è un indumento intimo chiamato haramaki, fascia per il ventre. Per niente sexy, bisogna dire. Somiglia a quella che le nostre nonne chiamavano panciera… eppure è un po’ diversa, in pratica e soprattutto come orizzonte culturale.
Hara 腹 in giapponese vuol dire il ventre, non solo in senso fisico. È il centro energetico di corpo e animo, che interagiscono e si influenzano a vicenda. Ci sono moltissime espressioni che includono l’ideogramma Hara e si riferiscono a emozioni, stati d’animo o al carattere: hara ga tatsu (arrabbiarsi) hara wo kimeru (arrivare a una determinazione), hara ga kuroi (essere malevoli o maligni) e via di seguito. Molte cose che per noi accadono nel cuore, in Giappone hanno sede nell’hara.
Essendo il centro vitale in discipline tradizionali come lo shiatsu, l’agopuntura o le arti di combattimento, l’hara è considerato una parte importante. Perciò va protetto dal freddo. La fascia di cotone o di lana, o di un misto lana/seta, si indossa a contatto con la pelle. Non ha la funzione di contenere o costringere. Avvolge solo con dolcezza la parte compresa tra le ultime coste e l’inguine, la abbraccia. Ciò a beneficio di stomaco, intestino e tutti gli altri organi. Quando stanno al riparo dagli spifferi che s’infilano tra maglia e pantaloni, il loro funzionamento non può che migliorare.
L’uso dell’haramaki non è esclusivamente invernale. In altre stagioni, protegge la pelle dall’attrito di cinture e simili. Ciò torna comodo soprattutto quando si indossa il kimono: l’abbigliamento tradizionale, per rimanere a posto, dev’essere fermato con una quantità di lacci e laccetti che, senza uno strato ammortizzante, dopo un po’ danno fastidio.

LACCI E LACCETTI PER INDOSSARE IL KIMONO (“La scuola del kimono Shōdō, introduzione” pubblicato da Edizioni Shōdō)
A parte le finalità pratiche, nell’indossare l’haramaki c’è una sensazione di pienezza che è preziosa per chi pratica le discipline tradizionali. Aiuta a mantenere la consapevolezza dell’hara, elemento chiave della postura e origine di tutti i gesti. Perfino di quello splendido segreto che è chiamato 遠山の目付け enzan no metsuke, “sguardo di montagna lontana”.
Se manca la sensazione dell’hara, la postura si chiude e il campo visivo perde ampiezza. Mantenere vasto il proprio orizzonte, in senso fisico e mentale, non è utile soltanto nella pratica delle discipline tradizionali, ma in molti aspetti della vita: perfino guidare la macchina nel traffico di Tokyo senza causare disastri. Finora ci sono riuscita. Forse anche grazie all’haramaki?
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Credits: le immagini utilizzate per la copertina sono di Grazia Maria Francese
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