“D’inverno ti mettevi una cuffietta / coi nastri bianchi come il tuo visino, / e facevi ogni sera la calzetta, / seduta al lume accanto al tavolino…”
Ve la ricordate la poesia di D’annunzio sulle nonne?
Bene, dimenticate tutto perché da oggi per me il concetto di ‘nonnina’ è stato rivisitato, riveduto e corretto…
Ore 7.30, ospedale Gradenigo di Torino.
In fila, mezzo assonnata e stanca per le lunga insonnia, me ne sto ad aspettare il mio turno per gli esami del sangue di rito.
Faccio per prendere il numerino tagliacoda e mi sento spintonare a destra da un borsone enorme, in cui io entrerei intera e in piedi, trasportato all’apparenza senza eccessivo sforzo da una nonnina con il bastone.
Capelli bianchi tirati indietro, vestitino a fiori, borsa di tutti gli esami medici fatti negli ultimi vent’anni e un sorriso senza denti che mi fa tenerezza.
Mi dice un ‘mi scusi’, mi passa davanti, stacca il numero e si va a sedere in prima fila.
Vabbé, poverina, non ce la fa a stare in piedi…
Faccio per prendere il secondo numero e con una folata di vento, stile Supermen-entra-in-casa-in-un-batter-d’occhio, un’altra vecchietta, questa volta sulla sedie a rotelle, mi spintona, prende il numero, mi guarda in cagnesco come se le stessi tra i piedi a bloccare il traffico e se ne va.
Santa pazienza, stamattina non è proprio giornata.
Neanche finisco di pensarlo, che arrivano altre due ‘teenager’ ultranovantenni, che con un sorriso estasiato e un’aria disincantata mi circondano da ambo i lati. Una si aggrappa alla manica della camicia, chiedendomi se quella è la fila giusta per prendere il numero; l’altra, con una velocità che Bolt ancora spera di avere, srotola 3-4 numeri e poi grida: “Anto’, i numeri ce li ho. Tu blocca gli sportelli così passiamo subito’.
Mi guarda con un sorriso sempreverde, mi da’ una pacca sulla spalla e mi dice: “Ragazza, noi abbiamo da fare la mattina: nipoti, spesa, pranzo, figli da mantenere… mica possiamo permetterci il lusso di stare in coda in ospedale!”
Se ne vanno (e mi aspettavo quasi di vederle battere il ‘cinque’), mentre io decido di svegliarmi e prendere finalmente il mio numero: 30!
Cazzarola, ma tutta ‘sta gente da dove è passata?
Mi giro a guardare il gruppo di ‘ragazze’ attempate e quella sulla sedia a rotelle mi fa l’occhiolino.
Scoppio a ridere, faccio un inchino col capo, riconoscendo la mia sconfitta.
La ‘gang’ dell’ospedale ha vinto anche oggi!
Evviva le nonnine anni 2000!
OoO
Therry Romano è una degli amici del Mag
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