Scrivere una storia dall’inizio alla fine? Magari!
Una delle mie usanze di scrittura più personali è il fatto che io non scrivo in maniera lineare. Parto dall’inizio, questo sì, ma dopo un po’ mi stufo e comincio a divagare. La mia testa è sempre più avanti di quello che riesco a fare con le mani, così mi metto a scrivere le scene che mi vengono in mente. Passo dal terzo capitolo all’ottavo, poi al decimo, poi al quindicesimo. A volte, arrivo anche a scrivere una bozza di finale. Nel frattempo, i primi capitoli sono lì, soli soletti, che ancora si chiedono cosa succederà dal terzo all’ottavo. A un certo punto torno indietro e studio come riempire le lacune.
Può succedere che io abbia in mente come finirà una certa situazione. Ok, bella scena, mi piace. La scrivo. Mi soddisfa. Allora, vado a ritroso e scrivo tutti gli eventi che hanno aperto quella situazione e hanno portato i personaggi a risolverla.
Naturalmente, questo non-metodo può creare delle incongruenze: gente che prima era vestita in un modo e poi in un altro; qualcuno che era morto e d’un tratto non lo è più; altri sono andati via, eppure stanno lì. Insomma, occorre fare degli aggiustamenti.
Una volta coperti tutti i buchi, arriva il fatidico momento dell’assemblaggio. Io non scrivo in un file unico, scrivo a segmenti, ognuno in un file diverso: quindi non esiste una divisione in capitoli. Quelli li costruisco durante l’assemblaggio.
Io ve lo dico.
Non seguite il mio esempio.
È un delirio.
Ma io riesco a scrivere solo così.
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Copertina: creata con Canva. Immagini inviate da Fernanda Romani.
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