Prodotta da James Cameron e David Ellison, è la sesta pellicola del franchise di Terminator e sequel diretto di Terminator 2 – Il giorno del giudizio, ignorando i capitoli successivi.

Titolo originale: Terminator: Dark Fate
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d’America, Cina
Anno: 2019
Durata: 128 min
Genere: azione, fantascienza, avventura
Regia: Tim Miller
Soggetto: James Cameron, Charles Eglee, Josh Friedman, David S. Goyer, Justin Rhodes
Sceneggiatura: David S. Goyer, Justin Rhodes, Billy Ray
Produttore: James Cameron, David Ellison
Produttore esecutivo: Edward Cheng, Bonnie Curtis, Dana Goldberg, Don Granger, John J. Kelly, Julie Lynn
Casa di produzione; 20th Century Fox, Skydance Media, Paramount Pictures, Tencent Pictures, Lightstorm Entertainment
Distribuzione in italiano: 20th Century Fox
Fotografia: Ken Seng
Montaggio: Julian Clarke
Effetti speciali: Neil Corbould
Musiche: Junkie XL
Scenografia: Sonja Klaus
Costumi: Ngila Dickson
Interpreti e personaggi:
Linda Hamilton: Sarah Connor
Arnold Schwarzenegger: T-800 / Carl
Mackenzie Davis: Grace
Natalia Reyes: Daniella “Dani” Ramos
Diego Boneta: Diego Ramos
Gabriel Luna: Rev 9 / Gabriel
Fraser James: magg. Dean
Tristán Ulloa: Felipe Gandal
Steven Cree: Rigby
Tom Hopper: William Hadrell
Lorna Brown: ag. Brenner

Terminonni alla riscossa! Incredibilmente mi è piaciuto. Ero andato timorossissimo, dopo Genesys ero giustificato. Poi dal trailer si vedevano addirittura tre protagoniste femminili, insomma temevo un gran pasticcio con l’abituale sovrabbondanza di ruoli femminili tanto per tornare a ripetere che la rivendicazione di “genere” diventa la ragion d’essere delle cose. Invece… l’ho capito dopo i primi dieci minuti che il reboot della serie funzionava. Un primo fremito l’ho avuto nella sequenza shock (no spoiler) d’inizio. Si potrà discutere la digitalizzazione ma chi non vorrebbe rivedere Arnold giovane? Ma non è solo questo. La situazione s’inquadra con poche battute e poi la storia procede, veloce, ben filmata (malissimo doppiata in italiano ma tant’è…) e non si ferma neanche un minuto sino a quando Nonna Linda arriva con mitragliatore alla mano, occhiali scuri e fisico asciutto inguainato di pelle. Quando dice “Torno presto (I’ll be back)”, c’è quasi un’ovazione in sala. Lo so che lo schema narrativo resta quello del film originale con qualche variante che rischia l’anello di Moebius e, sicuramente, ci sono incongruenze tipiche dei film con il paradosso temporale. Che importa? Niente spiegoni da arrampicarsi sui vetri, psicologie sbuzzate con l’ascia, uomini contro macchine, “riprendiamoci il nostro mondo”, insomma tutta la mitologia che ha fatto di Terminator un punto imprescindibile nella cultura popolare dagli anni ’80 a oggi. Poi entra in scena Arnold e non con un ruolino, ma una bella parte. Mi spiace per Dwayne Johnson, ma proprio non c’è storia. Con la barba bianca il Terminonno è una colonna. E resiste anche alla tentazione di rimettere gli occhiali scuri e fare la faccetta che ci propinava nell’ultimo film. È un personaggio dolente, con un forte contrasto con Sarah Connor e vedrete perché. L’unico vero eroe, se permettete. È vero, alcune sequenze nella seconda parte sono veramente un po’ tirate, ma generalmente l’action funziona. Siamo in tempi di cinecomics, diamine, e poi è fantascienza (mi perdonino i puristi), va bene così. Visionaria ed efficace la violenza ci mostra anche qualche bella sequenza di guerra nel futuro. Ovvio che il diktat delle grandi produzioni si faccia sentire, ma tutto funziona stranamente bene in virtù di una buona regia (Tim Miller di Deadpool) e un ritmo indiscutibile. Il Terminator cattivo ha caratteristiche ispaniche e ci sta, ma è il meno convincente di tutti. Sembra Kylo Ren… però è una macchina e va bene uguale. Una parola sulla sovrabbondanza di ruoli femminili. Funzionano benissimo perché… in realtà sono donne che si comportano da uomini (Grunt! N.D.R.). Il punto di vista femminile, il sentimentalismo e il buonismo non sono di casa. A parte Linda che è una roccia, Dani e Grace sono ben caratterizzate, ma avrebbero potuto essere di qualsiasi sesso e sarebbe stato lo stesso. Il concetto è kick-ass the machine. Mi viene il sospetto che sia una discriminazione al contrario. Se vogliamo, il loro comportamento non ha niente di femminile. Solo umano. E va bene così. E, alla fine, serve per esaltare Arnold/Terminator al quale, senza discussioni, vogliamo tutti bene. Bentornato Terminonno!