È una scena che abbiamo visto spesso al cinema e nelle serie TV: la madre apre la porta della camera della figlia e la trova vuota, il letto intatto. Si teme subito il peggio. Si chiede agli amici, ai vicini, poi si chiama la polizia. La sedicenne Lydia Lee viene ritrovata morta, annegata nel lago vicino a casa: è stata uccisa? E da chi? Oppure si è trattato di un incidente? Perché è uscita di notte? Tutte domande che continuano a tenere il lettore con il fiato sospeso, come in un romanzo giallo. Ma presto altre domande si insinuano nella sua mente, molto meno esplicite ma altrettanto inquietanti. Quello che rende eccezionale questa storia, e ne spiega l’enorme successo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, è il talento dell’esordiente Celeste Ng nel «dire» e «non dire», nello svelare senza inutile enfasi le radici profonde di una tragedia famigliare solo in apparenza ordinaria.


Titolo: Quello che non ti ho mai detto.
Autrice: Celeste Ng.
Genere: Narrativa contemporanea.
Editore: Bollati Boringhieri.
Prezzo: euro 7,99 (eBook); euro 10,20 (copertina flessibile).
Copia acquistata.

La recensione di Amalia Frontali.

Un capolavoro degli ultimi anni è il romanzo di Celeste Ng “Quello che non ti ho mai detto”. Sembra incredibile possa essere un romanzo d’esordio, sia per la perfezione stilistica sia, soprattutto, per la maturità narrativa.
Travestito da giallo – il pretesto è la morte di una ragazza in circostanze non ben chiarite – questo libro parla di sentimenti, di dinamiche familiari, di catene (di sensi di colpa, di omissioni, di pudore) che indossiamo talvolta perfino consapevolmente. Parla di maschere. E parla di silenzi. O più esattamente fa parlare il silenzio. Non ho mai visto il silenzio messo su pagina con tanta (crudele) esattezza: il peso del silenzio, il significato del silenzio, il valore del silenzio, il dramma del silenzio. Il silenzio come incapacità di comunicare, di sentire, di dare un senso alle cose e ai sentimenti. Il silenzio per l’affetto non espresso, non compreso, non trasmesso.
E si chiude con un finale meravigliosamente semplice, che riesce a trovare, fin dentro al senso di tragedia complessivo, un filo di speranza.
Un capolavoro secondo me, al punto che non oso leggere il secondo romanzo di Celeste Ng per paura di una grande delusione.