Tally è Brutta. Tally è Perfetta. Tally è Speciale. Nel suo mondo si è Brutti fino all’adolescenza. Brutti… normali, con le imperfezioni e i difetti di tutti. Ma i Brutti sono considerati ordinari, volgari, disgustosi, indecenti. E non desiderano altro che diventare Perfetti. Tally ama le imperfezioni della normalità. Le sorprese dell’amicizia. Gli imprevisti della libertà. Accade al compimento del sedicesimo anno: i ragazzi e le ragazze vengono sottoposti per legge a un’operazione di chirurgia plastica estrema, che corregge ogni minima sbavatura e li rende bellissimi, uguali a tutti i Perfetti. E la loro vita diventa un turbine di feste, vestiti, musica, luci, in cui la testa si perde. Per sempre. Tally sa che non è per sempre. Che c’è un modo di ricordare. Che deve fidarsi di chi la ama. Ci sono anche Perfetti che lo sono più degli altri. Sono loro che diventano Speciali. Lucidi, gelidi, implacabili macchine da guerra. Tally deve sapere chi è.
TITOLO: Beauty-Brutti-Belli-Speciali, la trilogia
AUTORE: Scott Westerfeld.
GENERE: Distopico.
EDITORE: Mondadori, Collana Chrysalude.
PREZZO: euro 8,99 (eBook); euro 18,70 (cartaceo).
RECENSIONE: Amalia Frontali.
Si tratta di una distopia per adolescenti e non per vecchie cariatidi come la sottoscritta, ma, si sa, le distopie hanno il difetto (o il pregio?) di avere qualcosa da dire che va oltre la narrazione e quindi, se sono ben scritte, vale la pena leggerle a ogni età. E questa è ben scritta.
La penna di Westerfeld non tradisce mai. Asciutta, precisa, tagliente dove serve, morbida sui personaggi, delicata con i lettori più giovani, originale, visionaria. Un autore non molto conosciuto in Italia, ma che non hai mai scritto nulla che non valga la pena di essere letto, indipendentemente dal target destinatario.
Veniamo a Beauty: si tratta di una trilogia (Brutti – Perfetti – Speciali), ma non facciamoci ingannare dai titoli. Come in tutto Scott Westerfeld, per capirlo a fondo, bisogna allargare la prospettiva. Cos’è la Bellezza? Nella società, nella concezione umana, nei rapporti interpersonali. Quanto conta? Come si definisce? Cosa rappresenta, nei simboli di cui ci circondiamo?
E se l’avessero tutti?
Da quest’ultima domanda nasce lo spunto distopico. Una società in cui al culmine dell’adolescenza si viene sottoposti a chirurgia obbligatoria che rende “belli”. Ottimizza il metabolismo, raddrizza le ossa, profila il volto, migliora il tono muscolare, elimina nasi grandi, seni piccoli, panzette fastidiose e sederi flosci. Definisce i colori spenti di occhi e capelli, condisce il tutto con qualche richiesta particolare del committente ed è garantita quasi a vita.
Ed ecco la transizione all’età adulta. Da brutti si diventa belli e si inizia un periodo, che va dai 15 anni fino circa ai 20 quando la società ritiene si debba diventare produttivi, fatto di solo divertimento, sesso, feste, follie e bellezza, senza invidiare nessuno, senza essere migliore o peggiore degli altri.
La nostra protagonista è a poche settimane dall’operazione. Non vede l’ora di lasciare il collegio (le famiglie di bellissimi adulti tengono i bambini finché sono “carini”; appena diventano brutti, verso i dieci anni, li deportano in collegio), tornare dal ragazzo che le piace, dalle amiche pochi mesi più grandi, di crescere e diventare “perfetta”. E continua a chiedersi come sia mai possibile che loro non siamo mai tornati a trovarla. Nemmeno suo fratello è tornato. Perché?
Sola in collegio, perché è una degli ultimi del suo anno, incontra una persona, un’altra ragazza come lei, che ha idee diverse, che non vuole essere operata, che le fa notare mille piccole incongruenze che meriterebbero risposte.
Se volete riflettere sul valore della perfezione e dell’imperfezione, sul significato dell’aspetto fisico, sul valore sociale della diversità, Beauty-Brutti è un romanzo semplice e geniale che non lascia insoddisfatti. E i due seguiti rimangono al livello del primo e portano avanti una riflessione generale che muta prospettiva ad ogni romanzo. Non illudetevi che in fondo ci siano delle risposte. Westerfeld non vuole ingannare nessuno e quindi pone solo domande.
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