Ho “incontrato” per la prima volta Raistan Van Hoeck, il protagonista della mia saga RVH, nel lontano 2009, quando ha deciso di svelarsi tramite il racconto che ho poi chiamato “L’ospite inatteso” e che rappresenta il vero inizio di tutta la vicenda narrata nei quattro libri.
Mi ha subito travolto con la nitidezza delle immagini che mi inviava e a cui non ero più abituata, visto che non scrivevo da molti anni.
Se vi sembra folle il mio parlare di lui come se fosse un’entità reale, solo da qualche altra parte, vi capisco, ma mi sono sentita spesso come un tramite tra il suo mondo e il nostro.
Impossibile contrastarlo.
Impossibile farsi rivelare informazioni che non sia ancora disposto a condividere.
Scrivere di Raistan è facile per la prepotenza del flusso di pensiero che ti trasmette, ma è una continua altalena emotiva, perché questa è una delle sue caratteristiche principali.
E’ esplosioni di rabbia, che ti lasciano nervoso per tutta la giornata;
è umorismo crudele, che ti regala sarcasmo e cinismo – più di quelli che hai già, insomma;
è disperata solitudine e desiderio di accettazione, che ti fanno piangere;
è inaspettata tenerezza, che ti fa battere più forte il cuore e ti fa sorridere;
è desiderio estremo di vita, ancora più incredibile perché proviene da un non-morto quale lui è;
è il mio fuoco interiore, anche se la sua pelle è fredda.
Forse non amerò mai più un altro personaggio con la stessa intensità con cui amo lui.
Mi ha mostrato di nuovo la strada verso il Regno della Fantasia, che avevo smarrito. Non gliene sarò mai abbastanza grata.

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