Achille Maccapani (Rho, 1964, ma ligure di adozione) ha pubblicato saggi di storia locale, manuali di diritto della pubblica amministrazione e i romanzi Taci, e suona la chitarra – Milano rock Ottanta (Fratelli Frilli Editori, 2005 – XXII Premio Città di Cava de’ Tirreni), Delitto all’Aquila nera (Zona, 2007), Confessioni di un evirato cantore (Fratelli Frilli Editori, 2009 – fiorino d’argento del Premio Firenze) e Bacchetta in levare (Marco Valerio, 2010). Con Il venditore di bibite (Fratelli Frilli Editori, 2018), seguito da Destini in fumo (Fratelli Frilli Editori, 2019), è iniziata la serie delle indagini dell’ufficiale dei carabinieri Roberto Martielli e del magistrato Viviana Croce.
Gli ultimi romanzi, sempre per Frilli, sono Ventimiglia riviera dei fuochi: una nuova indagine per il capitano Martielli (2020) e Delitto al Festival di Sanremo: la prima indagine del commissario Francesco Orengo (2021). È in dirittura d’arrivo per Fratelli Frilli Editori il seguito di “Delitto al Festival di Sanremo”: tornerà il commissario Francesco Orengo, diviso tra il suo borgo di Casté e il centro cittadino di Sanremo, con una nuova indagine.
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Domanda 1) La scheda anagrafica
Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? (titolo del primo romanzo e anno di pubblicazione)
In quanti romanzi compare?
La mia coppia di personaggi seriali, composta dal capitano dei carabinieri Roberto Martielli e dal sostituto procuratore Viviana Croce, nasce con il romanzo “Il venditore di bibite” (Fratelli Frilli Editori, marzo 2018). Questo è il primo episodio di un ciclo, proseguito con “Destini in fumo” (Fratelli Frilli Editori, luglio 2019) e “Ventimiglia riviera dei fuochi” (Fratelli Frilli Editori, giugno 2020).
Esiste inoltre un secondo ciclo seriale: quello del commissario di polizia Francesco Orengo. L’ho iniziato con il romanzo “Delitto al Festival di Sanremo” (Fratelli Frilli Editori 2021). Il secondo episodio della serie uscirà, sempre per Fratelli Frilli Editori, verso la fine di febbraio 2022.
Domanda 2) La volontà dell’autore
Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Al termine della prima stesura de “Il venditore di bibite”, sviluppatasi tra febbraio e giugno 2013 mi sono accorto che il materiale narrativo, composto da fatti, intrecci, dinamiche, e così via, era realmente elevato. E quasi subito mi sono reso conto che “la porta aperta” doveva esserci, eccome. Prima dovevo tuttavia revisionare il primo romanzo della serie, e un aiuto significativo nei rudimenti e nei percorsi da intraprendere mi è stato dato da quattro persone: l’editore Marco Frilli, che mi ha spronato a lavorare sodo (ricordo ancora adesso una lunga camminata tra gli stand di una fiera di Genova, nel dicembre 2013, condivisa con Marco, sempre prodigo di consigli e indicazioni che ancora adesso ricordo), Carlo A. Martigli che ha fornito una serie di indicazioni fondamentali, Armando d’Amaro, che mi fornisce l’analisi finale e necessaria ai fini dell’approvazione dei vari romanzi, e soprattutto l’editor Stefania Crepaldi, con la quale ho condiviso – nel corso di tutti questi anni – il personale percorso formativo, anche sviluppando le tecniche di lavoro utili per non cadere in contraddizione tra un episodio e l’altro. Prima di tutto, voglio infatti menzionare l’annotazione dei caratteri dei principali personaggi in apposite schede caratteristiche. E poi tengo sempre ben presente la consapevolezza del fattore cronologico delle narrazioni, evitando quindi la staticità dei contesti, rispetto alle indagini, tenendo conto della necessità di “rispettare” il lettore.
Il primo romanzo di questa serie è uscito molti anni dopo, a seguito di una serie di revisioni, riscritture, tagli dolorosi, ripensamenti. Ma tutto questo lavoro preparatorio è stato per me fondamentale, in quanto – al momento della sua pubblicazione – ero già impegnato nella stesura e revisione dei successivi romanzi del ciclo “Martielli Croce”, tuttora inediti, che si sviluppano nella fase temporale che segue la conclusione di “Ventimiglia riviera dei fuochi”: cioè dopo l’avvenuta promozione del capitano Martielli al grado successivo di maggiore dei carabinieri. Dal quarto romanzo in poi, il capitano Martielli si trasforma dunque nel “maggiore Martielli”.
Domanda 3) Il personaggio e il tempo
Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni? Se non “invecchia”, come gestisci i legami, se ci sono, fra le varie vicende?
Da subito ho fatto una precisa scelta: quella di far sviluppare i romanzi seguendo un criterio cronologico. Gli elementi relativi al passato dei protagonisti principali sono riservati a precisi flashback, e sono contenuti negli episodi successivi del ciclo “Martielli Croce”. Mi sono posto, personalmente, dalla parte del lettore, affinché potesse seguire, libro dopo libro, l’evoluzione caratteriale, affettiva, personale di Roberto e Viviana, sia rispetto alle indagini sviluppate, sia in ordine alle dinamiche che affrontano insieme. Per essere chiaro, quando inizia “Destini in fumo”, ci sono dei salti temporali antecedenti, ma l’indagine è successiva a quella trattata ne “Il venditore di bibite”. E ciò avviene pure in “Ventimiglia riviera dei fuochi”, dove i nodi sviluppati nei precedenti romanzi si ricollegano al finale di questa trilogia criminale del ponente ligure di confine. Per questa ragione, nel secondo e nel terzo romanzo (accogliendo il suggerimento di Armando d’Amaro) ho inserito le note a pié di pagina – come nella saggistica – con i rinvii ai precedenti romanzi, nonché ai rispettivi racconti pubblicati nelle antologie edite da Fratelli Frilli Editori in ricordo dell’editore Marco Frilli, in quanto gli stessi si ponevano come veri e propri prequel dei successivi romanzi. Tutto questo serviva, insomma, per creare un universo narrativo coerente e complessivo a favore del lettore.
Il lavoro di gestione dei rapporti tra le vicende e i caratteri dei personaggi è stato complesso, ma l’ho sviluppato in via preventiva con le succitate schede, con una scaletta dettagliata, le revisioni, e un metodo che ho assimilato grazie alle indicazioni preziose dell’editor Stefania Crepaldi, che mi ha forgiato in modo determinante per sviluppare una tecnica di narrazione, ora applicata in modo sempre più sciolto nei successivi romanzi.
Domanda 4) Il personaggio e i luoghi
Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
I luoghi sono fondamentali, rappresentano una parte fondamentale del vissuto dei miei personaggi seriali. E ne fanno parte. Li conosco, ci vivo o ci ho vissuto. Ed è proprio da ciò che sento dentro di me e percepisco che di conseguenza scaturisce il mondo narrativo di queste storie. C’è voluto del tempo per accettare di sviluppare questi romanzi nel territorio in cui vivo, e paradossalmente mi sono sbloccato proprio dopo essermi trasferito a Rapallo, dove ho vissuto tre anni lontano dall’estremo ponente. Durante quella fase lavorativa (dove abitavo durante la settimana) ho maturato un vero e proprio mutamento personale, riuscendo quindi ad ambientare quelle storie nei luoghi del ponente ligure di confine. Proprio perché sono storie di confine, di un territorio vicino alla frontiera, dove basta poco, una manciata di chilometri, per ritrovarsi dall’altra parte del mondo, in Francia, che si tratti di Costa Azzurra o dell’entroterra collinare di luoghi come Gorbio o Sospel, molte di quelle dinamiche sono così irripetibili o diverse, e non credo possano trovare agevolmente un’analoga dislocazione. Come non credo che questo confine sia analogo, ad esempio, a quello di Bardonecchia o di Como, perché forse, a causa dell’aria del mare, dell’ambiente circostante, qui è tutto diverso, non assomiglia a nessun’altra parte della Liguria. Me ne accorgo, quando mi allontano per lavoro, e mi reco, ad esempio, in Valle Armea o in Valle Argentina, e sento che le atmosfere e soprattutto i vissuti sono radicalmente differenti. Considera che sono tornato a vivere in modo più continuativo nel ponente ligure di confine solo dal 2019, nella consapevolezza del fatto che gli anni vissuti nel Tigullio mi hanno trasformato, e questo è confluito nei romanzi scritti dal 2013 in poi (anche se i frutti editoriali, per varie ragioni, sono maturati solo a partire dal 2018).
Domanda 5) autore e personaggio
(piccoli stimoli) Il tuo personaggio ti somiglia? Gli hai affibbiato qualche tua abitudine o gusto particolare? Le sue opinioni sul mondo e la vita coincidono con le tue? Ti capita di pensare che tu stai diventando simile a lui? Che si stia impadronendo della tua vita?
Se ci riferiamo a Roberto e Viviana, non credo proprio. Vi sono alcuni aspetti del capitano Martielli che forse mi assomigliano, ma l’ho notato durante la stesura dei successivi episodi della serie, forse anche perché gli sviluppi delle indagini vanno ad intersecarsi con uno sviluppo (evolutivo o involutivo, non saprei; di sicuro un cambiamento) del mio territorio. Ma posso dire che ho cercato di tenere distaccato lo sviluppo evolutivo dei miei personaggi con il mio vissuto personale e lavorativo.
I miei romanzi, pur prendendo spunto dal reale, da alcuni articoli di cronaca, sono prodotti di finzione, proprio perché dal reale, anche dallo spunto di poche righe di giornale, si sviluppano, si evolvono, prendono altre strade, e non necessariamente in modo similare rispetto al punto di partenza. Anzi, la lettura degli atti giudiziari di varie operazioni investigative, soprattutto delle trascrizioni delle intercettazioni (telefoniche o ambientali), è stata utile e sintomatica per entrare nella “ratio” dei personaggi indagati o tenuti sotto osservazione. Però col passare del tempo le dinamiche criminali si sono fatte più articolate, al punto tale da permettermi di sviluppare sempre di più di sana pianta vere e proprie trame e sviluppi caratteriali. Tutte queste esperienze accumulate mi aiutano non poco nello sviluppo di queste storie, con una sempre più forte componente di fantasia: mi basta anche un articolo di giornale, una scintilla, un racconto di amici, e da qui tutto può scatenarsi. Tornando alla tua domanda, non ho attribuito mie abitudini o gusti a Roberto e Viviana: vivono di luce propria e autonomia, di questo sono certo.
Paradossalmente mi sto invece divertendo ad abbinare alcuni gusti musicali personali all’altro personaggio seriale: il commissario di polizia Francesco Orengo. Pensa che, in origine, nelle schede preparatorie prevedevo che Orengo fosse un ascoltatore seriale di musica classica: invece, sin dal primo episodio della serie, “Delitto al Festival di Sanremo”, questo sbirro di entroterra è un consumatore seriale di musica rock, in autoradio, durante i lunghi viaggi di andata e ritorno dal borgo di entroterra di Castel Vittorio al commissariato di Sanremo.
Che i personaggi seriali si stiano impadronendo della mia vita, non direi proprio. Di sicuro, posso ammetterlo, quando riprendo a viaggiare con loro, affrontando una nuova storia, mi trovo comunque coinvolto nelle loro vicende, nei guai, nelle evoluzioni, ben sapendo però che quelle sono vite parallele, e che non devo trovarmi travolto dai loro vissuti fittizi. Però lo ammetto, quando mi metto a scrivere di sera, e vedo le scene svilupparsi pagina dopo pagina, mi emoziono e sono felice nel veder crescere le trame giorno dopo giorno.
Domanda 6) gli autori sono assassini e adulteri
(piccoli stimoli) Hai mai pensato e/o provato a uccidere il tuo personaggio seriale? Perché? Hai mai pensato e/o provato ad abbandonarlo e a far nascere un altro personaggio? Perché? Se porti avanti due serie con personaggi seriali, come ti senti passando da uno all’altro?
Il mio caso è radicalmente diverso. Quando ho iniziato a lavorare alla serie del commissario Orengo, avevo già terminato quella del ciclo “Martielli Croce” (con una serie di ulteriori romanzi, tuttora inediti). E dunque ero consapevole di aver già fisiologicamente esaurito un determinato tipo di percorso con questi personaggi seriali. Paradossalmente, ora, trovo una forte empatia con Orengo e il suo mondo, perché lo scenario non è più assorbito dal solo concetto di confine che contraddistingue i romanzi del ciclo “Martielli Croce”, e non si tratta più di romanzi noir di inchiesta; tutto questo perché sono passato al giallo tradizionale, pur mantenendo una certa venatura di impegno civile e sociale, come risulta anche nei successivi episodi della serie (il secondo uscirà per Fratelli Frilli Editori a fine febbraio 2022), che però sono radicati nel territorio di Sanremo, della Valle Armea, e pian piano in tutto l’estremo ponente ligure. Il concetto di confine, dunque, è presente anche nel ciclo Orengo, ma è visto in una logica più ampia e complessa.
Domanda 7) l’autore scompare
Programmi pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del tuo personaggio li decidi tu o è lui (o lei) a prendere le redini e fare ciò che vuole? Se decide lui (o lei), questa inquietante situazione si è presentata in quale romanzo (indica il numero d’ordine)? Se decidi tu, per favore dammi la ricetta!
Ogni autore ha un proprio metodo e lo sviluppa autonomamente. Nel mio caso, dovevo necessariamente pianificare i dettagli e le cornici. Altrimenti i personaggi mi sarebbero sfuggiti dalle mani, come in un film di animazione, dove il fumettista vede i suoi eroi scappare qua e là.
Ecco perché il metodo della progettazione narrativa, che ho assimilato grazie ai numerosi consigli e ai corsi formativi di Stefania Crepaldi, è stato per me fondamentale. Certo, lascio uno spazio operativo ai miei personaggi, a mano a mano che l’azione si sviluppa. Ma il tutto rimane dentro la cornice della scaletta (o scalettona, come dicono altri autori). Se non avessi la scaletta, con lo sviluppo delle scene, gli incroci, gli effetti a zig-zag con i cambi inquadratura, impazzirei. Attualmente lavoro dividendomi tra ben sei sedi operative, molte delle quali distanti tra loro, e trascorro diverso tempo in auto. Così, quando scrivo, e apro il file di word (anche in una trattoria di montagna o in un Autogrill), so già da dove ripartire. Non lascio mai trascorrere più di un giorno di pausa dalle ultime pagine scritte, e così mi rimane l’impatto del flusso di scrittura di un romanzo. Così riesco ad arrivare al termine della prima stesura nel giro di due mesi, al massimo due mesi e mezzo. Poi la prima revisione mi aiuta a togliere le incoerenze. E inizia il lungo cammino di rifinitura, prima di arrivare all’avvicinarsi delle scadenze.
Come faccio a darti la ricetta? A parte gli scherzi, ognuno matura una propria linea di lavoro sulle storie da raccontare. Personalmente la preparazione preventiva, con la scaletta, le schede dei personaggi, e un confronto preliminare con una figura esterna è assolutamente fondamentale. È come se mi preparassi per percorrere un nuovo viaggio con gli amici, in questo caso i personaggi seriali. E so già che, alla partenza, la mappa, la playlist con le musiche, i luoghi, i fatti che si svilupperanno, sono già tracciati. Devo solo godermi il viaggio, senza mai fermarmi, senza mai tornare sulle pagine scritte (lo faccio solo una volta arrivato alla fine), giorno dopo giorno, anche solo tre pagine al giorno, ma sempre mantenendo il ritmo continuo.
Domanda 8) tutto il mondo conosciuto
Chi crea un personaggio seriale popola un mondo di coprotagonisti seriali. Come scegli le “spalle”? Sono soltanto funzionali allo svolgimento dell’azione o li usi per dire qualcosa di più sul protagonista, approfondendo la sua vita privata?
Tutto questo rientra nella fase preparatoria. Attorno ai protagonisti principali ci sono alcuni comprimari che rimangono fissi, e che caratterizzo per quanto possa servire. Poi cambiano gli antagonisti, di volta in volta. E faccio evolvere, appunto, la vita privata dei protagonisti. Ma questo si sviluppa di episodio in episodio, seguendo un percorso che si pianifica a mano a mano. Attualmente cerco di evitare di prevedere troppi personaggi collaterali. Ne bastano alcuni fondamentali, utili da sviluppare attorno al protagonista. E poi da questa struttura il tutto si sviluppa a mano a mano che le storie si evolvono.
Domanda 9) checkup del personaggio
Date importanza all’aspetto fisico del protagonista? Alla sua vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi) Ha una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensate che aiuti a dare profondità? In caso negativo, pensate che distolga dall’indagine?
La risposta è affermativa, e credo possa valere sia per il ciclo “Martielli Croce” sia per la serie “Orengo”. Sono persone umane, vivono di emozioni, aspirazioni, desideri di raggiungere risultati investigativi. E sicuramente questi aspetti danno loro profondità, soprattutto per come si intersecano con le indagini.
Domanda 10) coppia
Se il tuo protagonista è una coppia, perché hai effettuato questa scelta? Uno dei due è dominante in tutti i romanzi o si alternano?
Per quanto riguarda il ciclo “Martielli Croce”, mi interessava sviluppare la dinamica di una coppia nella vita e nel lavoro investigativo, ma con differenti ruoli (il carabiniere-investigatore, da una parte, e la donna magistrato, dall’altra). Non c’è un aspetto di dominio, bensì di parità tra i due soggetti.
Relativamente invece alla serie “Orengo”, il caso è diverso: il protagonista è lui, Francesco, con i suoi pregi e difetti, i suoi dubbi, i conflitti del passato, un mondo da cui posso pian piano attingere per i vari episodi, e dove il rapporto con la sua compagna, la bella e giovane Martina, si sviluppa, man mano che le storie si dipaneranno, una dopo l’altra.
Mi domandi il perché. A ripensarci bene, l’idea di una coppia di investigatori è maturata proprio durante la fase preparatoria della trilogia criminale, e da qui i personaggi di Roberto e Viviana si sono sviluppati in un modo naturale.
Con Orengo, invece, ho optato per la figura del protagonista centrale. E con il suo universo di personaggi che lo accompagnano, con i rispettivi ruoli, nel bene e nel male, compreso l’antagonista perenne della situazione (che, paradossalmente, mi fa più pensare a Voldemort, il nemico storico di Harry Potter), vale a dire il questore di Imperia Maurizio Di Leva.
Domanda 11) la parola al personaggio
Se il tuo personaggio potesse parlare cosa direbbe di te?
Se fosse Martielli, credo direbbe questo: “Mi tratti come una specie di don Chisciotte della giustizia, e forse non hai torto. Il problema è che ancora mi ostino a credere che possa trionfare davvero la giustizia, e non solo nella finzione narrativa.”
Invece penso che Orengo si esprimerebbe in questo modo: “Mi hai fatto tornare nel ponente, nell’entroterra, nei miei luoghi di infanzia, dopo anni di esilio voluto, proprio come te, e ora mi stai aiutando, passo dopo passo, a ricostruire le radici di un vissuto tanto lontano. E questo viaggio sembra proprio non finire. Ne abbiamo tanta di quella strada da percorrere insieme, non trovi?”
Per concludere:
Puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
Scelgo volutamente il dialogo conclusivo del romanzo “Il venditore di bibite” (Fratelli Frilli Editori, marzo 2018), perché proprio da questo libro è avvenuto li mio vero debutto nel noir (dopo un silenzio di pubblicazioni durato parecchi anni, dal 2010 al 2018). E soprattutto l’inizio della mia ripartenza come autore, di questo lungo viaggio di storie nere, di confine, di frontiera, di un ponente inquieto.
«Anche questa indagine è andata», commenta Martielli. «Quello che si doveva fare si è fatto. Chissà. Mi hanno mandato qui, in questa terra di Liguria, a indagare, a scoprire i mafiosi, a cercare le infiltrazioni tra mafia e politica. Come carabiniere, è mio dovere impegnarmi con tutta l’energia possibile. Ma siamo sicuri che tutte queste prove mancanti ci arriveranno? Che tutta questa fatica sia stata utile, e giudicata come tale, tra una manciata di anni?»
«In che senso?» domanda Capone.
«E me lo domandi?» replica il capitano. «Adesso tutto va nel solco della nostra verità, guarda le pagine dei giornali, le televisioni. Ma col tempo diranno il tutto e il contrario di tutto. Eppure i risultati delle nostre indagini saranno tanto forti da resistere ai processi che ne conseguiranno. Quella di indagare era la missione che i miei superiori mi hanno dato. E che continuerò a svolgere fino in fondo. Anzi, sai cosa ti dico? Ora io e Viviana ci prendiamo una vacanza, scappiamo alle isole Canarie. Ho tanto da recuperare con lei, è da troppi mesi che ci vediamo solo i fine settimana, sempre con le ore contate.»
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