Roberto Negro, nato ad Asti il 13.10.1960 e residente a Perinaldo (IM), è un criminologo che ha prestato servizio per trent’anni nella Polizia di Stato con la qualifica di Sostituto Commissario. Nelle sua carriera ha avuto incarichi di polizia giudiziaria anche presso le sedi diplomatiche italiane di Istanbul (Turchia), Karachi (Pakistan) e Colombo (Sri Lanka).
Successivamente è stato il Responsabile della Sicurezza e della Tutela del Patrimonio Aziendale del Casinò di Sanremo.
Attualmente è titolare dell’enoteca DiVino e… di Perinaldo.
Ha collaborato con A.I.FO. (Amici Raoul Follereau – ONG aiuti umanitari) in Brasile – Ceres (Goias) nel progetto Pro – Han per la cura e il recupero dei malati di lebbra.
Con Frilli Editori sono stati pubblicati:
– 2005 Il tesoro di Perinaldo
– 2006 Omicidio ai Balzi Rossi
– 2007 Bagiue le streghe di Triora
– 2008 I fuochi fatui
– 2008 Sinfonia per un delitto
– 2010 Bocca di rosa
– 2011 Rien ne va plus
– 2012 Oltre la giustizia
– 2013 Anime alla deriva
– 2016 Il mistero del cadavere senza nome
– 2018 La solitudine di Adamo
– 2022 Il male dentro (in uscita)
QUI i suoi libri.
Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? In quanti romanzi compare?
Il commissario Scichilone nasce nel 2005. È il dirigente del commissariato di Ventimiglia ed esordisce con l’indagine “IL TESORO DI PERINALDO”. Compare in 11 romanzi compresa l’ultima indagine che uscirà a breve.
Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Quando ho inventato il mio personaggio, avevo già in mente di scrivere altre indagini in cui lui sarebbe stato il protagonista. In effetti i romanzi sono legati uno all’altro da un ordine cronologico: una sorta di fiction su carta.
Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni? Se non “invecchia”, come gestisci i legami, se ci sono, fra le varie vicende?
Il commissario Scichilone invecchia con me. Ogni indagine si può facilmente collocare nel tempo. Ho scelto un tempo preciso: sono un criminologo che ha lavorato nella Polizia di Stato come Sostituto Commissario per tutta la mia vita. Dopo la mia carriera ho continuato a dare vita a una parte di me, inventando appunto il commissario Scichilone.
Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
Il commissario Scichilone è il dirigente del commissariato di Ventimiglia (IM) ove ho prestato servizio dal 1982 al 2005. È ispirato a un Dirigente che lo ha gestito per diversi anni, che oltre ad essere stato il mio capo è stato anche un amico. Il territorio in cui opera è quello del Ponente Ligure. Il legame personaggio/territorio è imprescindibile: Scichilone esiste perché l’uomo a cui mi sono ispirato è esistito in questo territorio. Lì ho investigato, lì sono cresciuto come uomo e come poliziotto.
Gli hai affibbiato qualche tua abitudine o gusto particolare? Le sue opinioni sul mondo e la vita coincidono con le tue? Ti capita di pensare che tu stai diventando simile a lui? Che si stia impadronendo della tua vita?
Il commissario, essendo ispirato a un mio Dirigente, ha molte caratteristiche caratteriali di quell’uomo. A queste ho aggiunto alcune sfumature di me: il gusto della buona tavola, del buon vino, la passione per il rum Pampero Anniversario e le belle donne, la perenne ricerca di emozioni. A lui faccio dire le cose che avrei voluto dire in determinate circostanze. In ciò che scrivo su di lui mi riconosco, a volte mi confondo e non so più se il personaggio di fantasia sono io o è lui.
Hai mai pensato e/o provato a uccidere il tuo personaggio seriale? Perché? Hai mai pensato e/o provato ad abbandonarlo e a far nascere un altro personaggio? Perché? Se porti avanti due serie con personaggi seriali, come ti senti passando da uno all’altro?
Il commissario Scichilone ha passato, nel corso delle varie indagini, fasi diverse, alcune distaccate, devastanti, autolesioniste. La mia vita è passata attraverso le stesse fasi. È come entrare in una lavatrice, sperando di uscirne più pulito. Invece i limiti, le paure, le insicurezze restano tutte lì. Non ho mai pensato di ucciderlo, lui vive con me.
Programmi pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del tuo personaggio li decidi tu o è lui (o lei) a prendere le redini e fare ciò che vuole? Se decide lui (o lei), questa inquietante situazione si è presentata in quale romanzo (indica il numero d’ordine)? Se decidi tu, per favore dammi la ricetta!
Io e lui, la stessa strada. Alcune delle vicende narrate nei miei romanzi sono vere, esperienze della mia professione. Altre le ho inventate e forse avrei voluto viverle. Nessuna ricetta, seguo la mia fantasia e lei mi trascina senza che me ne renda conto. Parola d’ordine: lasciarsi andare come nelle emozioni.
Chi crea un personaggio seriale popola un mondo di coprotagonisti seriali. Come scegli le “spalle”? Sono soltanto funzionali allo svolgimento dell’azione o li usi per dire qualcosa di più sul protagonista, approfondendo la sua vita privata?
Le “spalle” sono necessarie per rendere il personaggio e la storia completa. Quelli fondamentali si ripetono i tutti i romanzi, così come sono esistiti nella mia vita. Essi conoscono molto bene il commissario Scichilone: lo amano, gli stanno vicino nei momenti più cupi, gioiscono con lui, vivono con lui.
Date importanza all’aspetto fisico del protagonista? Alla sua vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi) Ha una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensate che aiuti a dare profondità? In caso negativo, pensate che distolga dall’indagine?
Il commissario Scichilone è un antidivo per eccellenza: non bello, pelato, basso con collo da lottatore. Caratterialmente riservato, sentimentalmente confuso, finisce con il confondere l’amore con il sesso. Per tali caratteristiche è amato dai miei lettori che si ritrovano in alcune situazioni emotive che lui vive. Un investigatore come il mio vive a tutto tondo, donandosi alla vicenda soprattutto come uomo ancor prima che come poliziotto.
Se il tuo personaggio potesse parlare cosa direbbe di te?
“Ti piacerebbe prendere il mio posto, vero? Nonostante il mio appartamento sia vuoto come la mia vita, nonostante quel rompicoglioni del questore, nonostante il telefono che squilla alle due del mattino e non è una bella figa che mi chiama, ma quel fottuto cornuto dell’ispettore Capurro che mi annuncia un maledetto omicidio a Ventimiglia Alta, nonostante il divano dell’ufficio in cui dormo quando non ne posso più, nonostante il mercato del venerdì ed il traffico che soffoca la città, nonostante le sigarette che fumo per distrarmi un po’, nonostante Maria Assunta che mi ha lasciato solo come un fesso, nonostante tutto…ed invece tu sei lì che batti con due dita su una asettica tastiera, cercando di inseguire un sogno, di intrappolare un’idea, di raccontare qualcosa di me… di te!”
Puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
“Per Scichilone l’approccio a un caso aveva il sapore della sfida in cui la sola cosa certa che conosceva, era l’epilogo. Per risalire al responsabile doveva calarsi nella parte, cercando di ragionare nello stesso modo.
Doveva concentrarsi sulla scena del crimine, analizzando ogni dettaglio. La doveva “ascoltare” perché essa aveva in sé tutti gli elementi utili per risolvere il caso, compresa la firma del responsabile.” ( da LA SOLITUDINE DI ADAMO – Ed. Frilli 2018)
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