Laura Veroni è nata e vive a Varese.
Ha frequentato il Liceo Classico e si è laureata in Pedagogia.
Insegnante di Lettere, ha un blog, Tutti i colori di Laura, e un sito didattico, La prof Veroni e i suoi alunni.
Ha collaborato con il sito ThrillerNord, per il quale ha pubblicato recensioni.

I suoi gialli:

I Delitti di Varese, Fratelli Frilli Editori 2016
Il ruolo, Autodafé Edizioni 2017
Varese, non aver paura, Fratelli Frilli Editori (Menzione Giallo Garda 4^ edizione) 2017
Il fantasma di Giada, Fratelli Frilli Editori, collana “I Frillini”    2018
Concerto di Morte, Fratelli Frilli Editori 2018
Il passato non muore, Fratelli Frilli Editori 2019
Il mostro del Verbano, Morellini Editore 2021

QUI i suoi libri.

Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? In quanti romanzi compare?
Il P.M. Elena Macchi del tribunale di Varese è il mio protagonista seriale e nasce nel 2016 con “I delitti di Varese”, naturalmente a Varese. Compare in cinque romanzi. Te li elenco nell’ordine di uscita: “I delitti di Varese”, “Varese non aver paura”, “Concerto di morte”, “Il passato non muore”, “La morte ti presenta il conto”.

Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Quando ho scritto il primo, non avevo assolutamente previsto che il mio personaggio sarebbe ritornato in altri romanzi. Per far capire meglio al lettore il motivo, dirò che Elena Macchi, nella prima stesura de “I delitti di Varese”, era un personaggio marginale nella storia. È stata un’intuizione dell’editore, Carlo Frilli, quella di vedere in lei la protagonista. A questo punto, Maria, immagino che tu, da esperta giallista, avrai già capito come andò a finire, ma lo dirò per i nostri lettori: dovetti rimettere mano al libro per dare spazio al personaggio e trasformarlo da marginale in principale. Quando ripresentai la storia a Carlo, mi disse che la Macchi gli piaceva, ma che, per piacere al lettore, avrei dovuto renderla simile a me. Elena non aveva nulla di Laura, all’inizio: single convinta, spavalda, sicura di sé, decisa, dura, scorbutica, arrogante, aggressiva, il P.M. rappresentava il mio opposto. Cercai allora di inserire qualche elemento che la avvicinasse in qualche modo al mio mondo (renderla somigliante nel carattere equivaleva a stravolgere il personaggio che avevo creato e che mi piaceva così com’era; ma avrebbe anche inevitabilmente stravolto le relazioni interne alla vicenda) e inserii la palestra, la Skorpions. La Skorpions era parte di me (lo è stata per ben 32 anni) e la feci divenire parte di Elena. La palestra divenne il luogo in cui Elena Macchi si allenava e scambiava qualche battuta con Franco, l’istruttore, personaggio reale che ritorna in tutti i libri che vedono la Macchi protagonista.

Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni?
Elena Macchi è invecchiata parecchio dal primo libro agli ultimi, soprattutto perché nel primo era una giovane donna all’inizio della carriera, quindi aveva all’incirca trentacinque anni, mentre oggi supera i cinquanta. Negli ultimi episodi, però, ho rallentato l’invecchiamento, altrimenti rischia di andare in pensione.
Le storie sono in sequenza cronologica, anche se uso spesso la tecnica del flashback legata, però, quasi esclusivamente ai “cattivi”. Qualche volta il passato della Macchi è riaffiorato come ricordo, soprattutto relativo all’infanzia del magistrato.
Nei miei romanzi il lettore non potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, poiché non ci sono rifermenti a fatti di attualità o a personaggi collocabili in un tempo preciso. Ho volutamente evitato di dare indicazioni temporali, cosicché chi legge possa immaginare lo svolgimento della vicenda nel periodo che preferisce. In questo modo mi sembra di rendere la storia sempre attuale. Per questo motivo non ho nemmeno fatto riferimento al Covid negli ultimi due libri, scritti proprio nel periodo della pandemia. Fa eccezione il primo della serie, “I delitti di Varese”, unico romanzo ad avere una collocazione precisa: la vicenda si svolge nel 1997. Questo perché “I delitti di Varese” sono nati come bozza proprio a fine anni Novanta. Avevo “buttato giù” una storia che era poi rimasta nel cassetto per lungo tempo. La prima versione era molto diversa da quella che è uscita per la Fratelli Frilli Editori. Ci ho lavorato parecchio, seguendo i suggerimenti di Carlo, ampliando alcune parti, tagliandone altre, dando spazio a personaggi che avevo lasciato al margine e “facendone fuori” altri, eliminandoli proprio dalla storia.

Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
Il mio personaggio si muove sempre in un territorio ben definito. Il suo raggio d’azione spazia nella provincia di Varese, raramente si spinge fuori da questa zona. In due libri troviamo la Macchi a Milano ma solo in un capitolo.
Ho scelto di ambientare le vicende in zone quali Laveno, Gavirate, Castello Cabiaglio, Brinzio, il parco del Campo dei Fiori, Marzio, Castiglione Olona, Vedano Olona, perché io vivo a Varese, conosco questi posti e riesco così a renderli credibili. È inoltre una scelta editoriale della Fratelli Frilli che l’autore scriva delle proprie zone. Il legame personaggio-luoghi è molto forte e credo che la storia perderebbe un po’ del suo valore spostandola altrove.

Il tuo personaggio ti somiglia? Gli hai affibbiato qualche tua abitudine o gusto particolare? Le sue opinioni sul mondo e la vita coincidono con le tue? Ti capita di pensare che tu stai diventando simile a lui? Che si stia impadronendo della tua vita?
Molti lettori che non mi conoscono ritengono che il P.M. Elena Macchi rispecchi quella che sono, ma tengo a precisare che io e il mio personaggio siamo molto diverse. Io non sono Elena Macchi. Tuttavia con il trascorrere del tempo, Elena tende ad assomigliarmi sempre più nei pensieri e nelle emozioni, anche se continuiamo a restare due entità distinte. Le ho affibbiato alcune mie abitudini alimentari e il fatto di non essere una brava cuoca (me lo dicono sempre i miei figli), nonché una certa attenzione all’aspetto fisico (pur essendo anche in questo diverse: lei alta e formosa, io piccola e minuta) e il gusto estetico. Le sue opinioni sul mondo e la vita, specialmente le riflessioni sulla morte, coincidono spesso con le mie. Nel trattare, per esempio, la malattia della madre del magistrato, ho ripensato a quella di mio padre e ho fatto in modo che Elena vivesse il mio stesso dolore, ritrovandomi a portare a galla dentro di me forti emozioni provate tanti anni fa (devo dire che è stato, a tratti, terapeutico). Non sono io che sto diventando simile a lei, ma è lei che, col passare del tempo, sta diventando simile a me. In alcune circostanze, invece, mi piacerebbe che Elena si impadronisse della mia vita, perché vorrei avere la sua forza e il suo coraggio.

Hai mai pensato e/o provato a uccidere il tuo personaggio seriale? Perché? Hai mai pensato e/o provato ad abbandonarlo e a far nascere un altro personaggio? Perché?
Non ho mai pensato né, tantomeno, provato a uccidere il mio P.M. seriale, perché sarebbe la fine di un personaggio che mi piace troppo e al quale sono affezionata. Al momento voglio pensare che Elena Macchi vivrà ancora a lungo. Non ho nemmeno mai pensato o provato ad abbandonarlo per farne nascere un altro, per lo stesso motivo. Elena Macchi è un personaggio molto particolare: o si odia o si ama, non c’è una via di mezzo. Per conoscerla davvero, bisogna leggere i libri in ordine di pubblicazione, poiché è l’unico modo per cogliere la sua evoluzione. Chi si limita al primo vede in lei solo un’arrogante antipatica, chi, invece, prosegue nella lettura scopre una donna dalle mille sfaccettature, un’anima bella che ha molto sofferto e che, poco alla volta, sta imparando a fare pace con il proprio vissuto. Il suo è un percorso di crescita interiore, di presa di coscienza e di perdono.

Programmi pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del tuo personaggio, li decidi tu o è lui (o lei) a prendere le redini e fare ciò che vuole? Se decide lui (o lei), questa inquietante situazione si è presentata in quale romanzo (indica il numero d’ordine)? Se decidi tu, per favore dammi la ricetta!
Sono io a programmare pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del mio personaggio, li decido io, ma a volte ho l’impressione che Elena mi suggerisca dei cambiamenti. In quel caso mi fermo e valuto se darle ascolto oppure procedere come avevo stabilito. Alla fine, comunque, decido sempre io, perché lei è una mia creatura e non vive di vita propria. Sento molti autori dire che spesso i personaggi prendono vita e sono loro a condurre il gioco; li sento affermare che gli eventi evolvono da soli. Io, pur essendo una persona istintiva ed emotiva, e per questo poco razionale, mi trovo a pensarla diversamente, perché reputo di essere sempre e comunque io a condurre le danze. Senza di me, i miei personaggi non sarebbero in grado di fare nulla, non esiterebbero nemmeno. Se la storia cambia direzione è perché la mia voce interiore, le mie emozioni, il mio coinvolgimento nelle vicende che narro e nella vita dei personaggi che creo hanno scelto di deviare dalla strada tracciata.

Chi crea un personaggio seriale popola un mondo di coprotagonisti seriali. Come scegli le “spalle”? Sono soltanto funzionali allo svolgimento dell’azione o li usi per dire qualcosa di più sul protagonista, approfondendo la sua vita privata?
Come in tutti i romanzi seriali, anche nei miei ci sono personaggi coprotagonisti che tornano in ogni libro. Alcuni fanno parte della vita privata del mio magistrato (i genitori, il compagno), altri fanno parte della vita professionale (il commissario capo Auteri e il sostituto commissario Pozzi). Tutti servono per dire qualcosa di più sul personaggio, anche se quelli che contribuiscono a farlo conoscere meglio sono legati alla sfera privata. I collaboratori nella vita lavorativa sono soprattutto funzionali allo svolgimento dell’azione, anche se ci sarà un’evoluzione nel prossimo libro, il sesto, che è già in cantiere.

Dai importanza all’aspetto fisico del protagonista? Alla sua vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi) Ha una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensi che aiuti a dare profondità? In caso negativo, pensi che distolga dall’indagine?
Do molta importanza all’aspetto fisico del personaggio protagonista. Ho descritto la Macchi nel dettaglio soprattutto nel primo romanzo, mentre nei successivi mi sono dilungata meno, per non risultare ripetitiva agli occhi del lettore, tuttavia ho dedicato ugualmente tempo alle descrizioni del suo aspetto fisico, immaginando che magari qualcuno possa leggere i libri senza seguire l’ordine di pubblicazione. Per questo stesso motivo, riprendo sempre in ogni libro la sua storia personale.
Come do importanza all’aspetto fisico, così ne do alla vita interiore del personaggio protagonista, anzi, direi che, dal secondo libro, ho iniziato a dedicare molto più spazio all’interiorità di Elena che è in continua evoluzione, mentre l’aspetto fisico (ruga più, ruga meno) rimane sempre lo stesso.
Quanto alla vita affettiva della Macchi, non si può dire altro se non che è stata un caos nei primi due libri. Elena non voleva legarsi sentimentalmente e si limitava a fare la cacciatrice di uomini, li abbordava nei locali, trascorreva con loro qualche ora di sesso sfrenato e poi li scaricava dando il benservito. Questo finché non è arrivato Lorenzo, l’uomo che ha segnato una svolta nella vita sentimentale del magistrato. Elena Macchi non è solo un P.M., è soprattutto una donna e ha una forte sensualità.
Nei miei libri il sesso è una componente fondamentale che dà profondità al personaggio, lo rende vivo, vero, oserei dire carnale in tutti i sensi. Non credo che dare spazio all’aspetto erotico distolga l’attenzione dall’indagine. Si tratta di due momenti distinti. A volte l’eros spezza volutamente il ritmo, la tensione e crea l’attesa di quello che accadrà dopo.

Se il tuo personaggio potesse parlare cosa direbbe di te?
Se il mio personaggio potesse parlare, mi ringrazierebbe per averla creata così bella, così forte, così indipendente e sicura di sé, mentre credo che non sarebbe molto contenta delle situazioni critiche nelle quali, di quando in quando, la vado a cacciare. Nel complesso, però, mi reputerebbe una buona “genitrice”.

Per concludere: puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
Io ho amato la tua essenza per tutta la vita. La tua essenza, sì, hai compreso bene, perché io ho amato e ancora amo Elena, non la sua bellezza esteriore, ma quello che è nel suo intimo: forte, determinata, appassionata, caparbia, testarda come pochi (non ho mai incontrato una persona più testarda di te), e al contempo così fragile e indifesa…
(da “Concerto di morte”, 2018).