Roberto Graniglia nasce a Taranto nel 1978 e si trasferisce a Firenze nel 1996 per iscriversi alla facoltà di Ingegneria Ambientale.
Insegna Matematica e Fisica nelle Scuole Secondarie di Secondo grado in parallelo con l’attività di ingegnere, libero professionista e Consulente Tecnico per il Tribunale di Firenze.
Nel frattempo, porta avanti la sua passione per il thriller e l’horror, scrivendo diversi racconti e partecipando a numerosi concorsi letterari.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo “Il lungo Samhain” e ne crea con Giovanni Lombardo Radice una sceneggiatura cinematografica e teatrale depositate presso la SIAE, attualmente in fase di sviluppo per la rappresentazione.
Dal 2014 al 2020 pubblica “Il pupazzo di Dylan”, “La casa diroccata”, “Il cuore di Marta”, “Nel mio sangue” e “L’oscuro incantatore” oltre a una raccolta di racconti brevi dal titolo “Cinque passi nell’incubo”.
1. Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Scrivo thriller, virando di tanto in tanto verso l’horror e il mistero. Ho sempre amato il genere, fin da piccolo. Non riuscirei a scrivere racconti di altro tipo.
2. Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Scrivo tutto sul mio fedele computer, ma a volte – quando arriva l’ispirazione giusta – prendo appunti con carta e penna dove capita e poi riporto tutto sul file al quale sto lavorando.
3. C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Non c’è un momento preciso in cui scrivo. Di solito comunque lo faccio nei periodi di ferie e scrivo per tutta la giornata. Mi è capitato di scrivere anche di notte: per La casa diroccata (un racconto che parla di incubi e paralisi del sonno) spesso sognavo tutte le scene e mi svegliavo di soprassalto per andare a scrivere qualche capitolo. Quando arriva l’ispirazione bisogna sfruttarla, anche se sei nel bel mezzo della notte.
4. Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Mi diverto tanto, ma a volte soffro con i miei protagonisti. Per me scrivere è un momento di creatività e liberazione, ma allo stesso tempo può risultare faticoso perché mi capita di immedesimarmi nelle situazioni che sto descrivendo e in genere nei miei racconti i personaggi non se la passano tanto bene…
5. Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Dipende dal racconto. Per quasi tutti i miei romanzi inizio a scrivere avendo già in mente una buona ossatura di base e durante la scrittura aggiungo solo qualche particolare in più rispetto all’idea che avevo in partenza. Per altri invece, soprattutto per i racconti brevi, può succedere di navigare a vista e il risultato a volte è sorprendente.
6. Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Aspetto il vento giusto e – quando lo trovo – isso le vele e parto, scrivendo possibilmente tutti i giorni finché non finisco il libro. Non mi piace lasciare i racconti a metà e tornarci su dopo tanto tempo: è troppo complesso riprendere il filo e rientrare nella trama.
7. Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Sì, mi piace molto quello che creo, anche se noto che a volte il racconto ha bisogno di diverse riletture e qualche modifica per soddisfarmi del tutto. Alla fine amo profondamente quello che metto su carta, ma soprattutto amo (e mi godo) il lungo e tortuoso percorso che mi porta fino alla stesura finale del mio romanzo.
8. Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Sempre. Li rileggo diverse volte e periodicamente, anche dopo molto tempo dalla loro pubblicazione.
9. C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
Un autore inserisce sempre qualcosa di autobiografico nei suoi racconti. Chi dice il contrario sta mentendo! Ognuno dei miei libri ha dentro qualcosa di me, anche solo un piccolo pezzetto, una parte di me o un’esperienza personale che ho provato a descrivere, insieme a tutte le emozioni che avevo addosso mentre raccontavo quelle storie.
10. Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è un lettore assiduo? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Sì, mi piace molto leggere, anche se il tempo ultimamente non mi permettere di farlo come vorrei. In genere leggo una ventina di libri ogni anno, ma il numero può variare anche in funzione della grandezza dei romanzi che leggo.
A volte mi capita di leggere per necessita: per scrivere i miei libri mi documento molto, ad esempio per spiegare in modo minuzioso come si svolge un’indagine o per rappresentare al meglio la psicologia dei miei personaggi. Altrettanto spesso studio anche la storia dei luoghi e delle città che descrivo nei miei racconti. Ritengo sia fondamentale leggere tanto se vuoi scrivere in certo modo e far sì che la storia risulti credibile.
11. Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Sì, ho partecipato a diversi concorsi. Qualcuno di questi richiede racconti brevi, altre volte invece la partecipazione prevede di scrivere romanzi veri e propri. L’anno scorso sono arrivato in finale al concorso letterario “Castel Nero Crime Festival 2020”. È stata una bella emozione che non provavo da tempo.
Partecipare ai concorsi è sempre affascinante perché significa mettersi in gioco e a volte c’è da scrivere un racconto di sana pianta, incentrato su un tema specifico. È come una nuova sfida. Ogni concorso è un’esperienza nuova e mi ha permesso di crescere come scrittore e di farmi notare.
12. A cosa sta lavorando ultimamente?
Sto lavorando al seguito del mio ultimo romanzo (L’oscuro incantatore) e sto scrivendo un nuovo racconto col quale vorrei partecipare a un concorso letterario incentrato sul mistero.
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