Manuela Minelli è giornalista e scrittrice. Ha pubblicato “C’è odore di cuore” (Giraldi Editore); “Epistolario erotico tra due internauti sconosciuti” (Giovane Holden Editore); “I mestieri delle Gatte-Gattosìe e Miciastroche” (La Vita Felice Editore); “Femmine che mai vorreste come amiche” (La Vita Felice Editore), con la prefazione di Cinzia Tani e dal quale sono stati tratti lo spettacolo teatrale sull’anoressia, “La tentazione di essere vento”, il videoclip “Rugantino e le alghe” e la sceneggiatura per un corto cinematografico, “Sono una suora non sono una santa”; “Contro-Versi, poesie Prét-à-portér” (Progetto Cultura Editore); “C’è (ancora) odore di cuore” (Rapsodia Edizioni). Ha vinto diversi premi letterari, tra cui il Premio Voci Città di Abano Terme per la Cultura al Femminile e molti dei suoi racconti sono stati inseriti in antologie letterarie.
Ha scritto per il teatro musical e un paio di commedie, una di queste andrà in scena a primavera prossima.
È direttore responsabile di Hto.tv web, scrive per il quotidiano AlgaNews e per un’agenzia di stampa.
Ha ideato e dirige il portale di servizi editoriali Elisir Letterario – Scrittori& Scritture .
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Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Bentrovate e grazie moltissimo per l’ospitalità! Allora … iniziamo con le risposte!
Scrivo generalmente storie che raccontano di Donne, e la maiuscola non è casuale. In genere sono Donne, ma anche cani o piante femmine perché … bah… a dire la verità non so il perché, diciamo che quando comincio a scrivere una storia non so bene dove andrà a parare, ma le mie protagoniste sono sempre femminili e in genere sono Donne o bambine che ne passano di tutti i colori; apparentemente sembrano perdenti e vinte dalla vita, ma poi si rialzano alla grande. Prendo spunto, forse inconsciamente, un po’ dalla mia storia personale, un bel po’ dalle storie che mi capita di ascoltare da amiche, conoscenti, amiche di amiche e dalla cronaca di tutti i giorni.

Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Scrivo al computer, con calma, a casa. Ma mi capita spesso di appuntare qualcosa con carta e penna su un taccuino che porto sempre con me (deformazione professionale, da quando lavoravo per un quotidiano) oppure sull’iPhone, e questo può capitare in macchina ferma nel traffico (a Roma capita spesso!), al semaforo, in treno o in metro, moltissimo in viaggio. Tutti i miei viaggi, lunghi o corti che siano, sono tutti reportage, non riesco a non appuntare impressioni, sensazioni, colori, peripezie, commozioni e struggimenti, credo che un giorno ne farò un libro.

C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Certamente! E quel momento è la sera, quando la casa dorme, il traffico di fuori smette di rumoreggiare, tutt’al più mi fa compagnia il rumore della lavastoviglie in sottofondo e il sottile russare di una delle mie gatte. Più volte mi è capitato di alzare gli occhi dal video, accorgermi di uno strano chiarore fuori, sentire pure cinguettare degli uccellini e realizzare che sì… si era fatta l’alba, così senza accorgermene, immersa com’ero nella storia.

Quando scrive, si diverte oppure soffre?
In genere mi diverto un sacco. Ma ci sono storie che mi prendono tanto e che mi fanno piangere. È il caso di un romanzo che ho iniziato ben quattordici anni fa, la storia di una ragazzina sopravvissuta alla guerra dei Balcani. Una storia tremenda la sua e quando mi sono dovuta documentare e ho letto  e visto video di donne sopravvissute a quell’orrore, non sono più riuscita ad andare avanti, mi sono bloccata. Ogni tanto la riprendo in mano con l’intento di terminarla, è come un dovere morale che sento di avere. Allora aggiungo o tolgo dettagli, sistemo la punteggiatura, ma non riesco a proseguire e anche questo è motivo di sofferenza.

Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
In qualsiasi storia che ho scritto, e ne ho scritte ormai davvero parecchie, ho sempre navigato a vista. Anche se spesso mi riprometto di creare uno storyboard, di cominciare a lavorare su schemi prefissati. E invece poi non ci riesco, i protagonisti, man mano che prendono forma, mi prendono anche la mano e, a un certo punto, viaggiano per conto loro. È come se vivessero di vita propria e fanno un po’ quello che vogliono loro, io divento solo il mezzo per dare voce e azione.

Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Purtroppo sono più che incostante. Posso scrivere per dieci ore di fila e poi per un anno non scrivere neppure una riga. E anche per questo problema ho tanti buoni propositi, tipo alzarsi al mattino, lavarsi, fare colazione, portare a spasso la cagna, quindi accendere il computer e iniziare a scrivere, proprio come fosse un lavoro. Poi pranzare e, dopo il caffè, riprendere a lavorare. Se scrivessi  anche solo due pagine al giorno, dico due, che non sono nulla per una grafomane come me, a quest’ora avrei non solo terminato il romanzone fermo da quattordici anni, ma anche scritto altri due o tre tomi della consistenza di “Guerra e Pace”.

Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Amo sempre quello che scrivo. Perché non riesco a non correggere via via che scrivo. Certo, prima della pubblicazione, ci rimetto le mani per la revisione finale almeno dieci volte, però non sono quella che accartoccia il foglio con tre righe scritte, gettandolo nel cestino. Conservo tutto, anche stralci di appunti, credo che un giorno potrebbero tornare utili.

Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Una volta pubblicati non sono più miei e, in genere, non li rileggo quasi mai. Ma questa estate, dopo un estenuante, quanto meravigliosamente catartico percorso di… diciamo… crescita spirituale, mi sono riletta tutti i miei libri, dal primo all’ultimo, compresi quelli di poesie. Mi sono spaventata perché ho riconosciuto con vivida chiarezza moltissimo di me. Via via che leggevo, capivo il perché di quelle cose scritte lì, nero su bianco, e ho anche pianto parecchio per questo. E quindi sì, evidentemente c’è molto di me nei miei libri. Ma credo ci sia molto dell’ autore anche in un saggio o in una favola per bambini.

Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è un lettore assiduo? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Sì, leggo parecchio. Non solo per piacere, ma anche per lavoro, perché scrivo molte recensioni e presento autori e libri. La cosa folle, ma credo che noi onnivori di libri la facciamo un po’ tutti, è che continuo ad acquistare libri, pur avendone almeno una quarantina ancora da leggere. Credo di leggere più di trenta libri l’anno.

Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Non solo ho partecipato a concorsi, ma ne ho anche vinti diversi. Ora sono diventata molto venale, lo confesso. Partecipo soltanto a quelli dove si vincono premi in denaro.
A mio avviso partecipare a concorsi aiuta a migliorarsi e a confrontarsi con altri.

A cosa sta lavorando ultimamente?
Sto mandando in giro per le case editrici un libro di favole illustrate e sto lavorando molto con “Elisir Letterario”, il mio portale che offre servizi letterari per autori e libri e che ha organizzato anche una scuola di scrittura creativa che partirà a fine gennaio e di cui, ovviamente, vi terrò informati.
A primavera andrà finalmente in scena la mia – lasciatemelo dire – divertentissima commedia “Dio li fa ma… non si applica”, la storia di una non più fanciulla che, stanca di essere single e con tutte le difficoltà di trovare l’anima gemella, decide di iscriversi ad uno di questi siti per cuori solitari, incappando in una serie di disastrose tipologie maschili che, grazie anche alla bravura dell’attrice, faranno sbellicare dalle risate il pubblico. In scena ci sarà anche un famoso musicista che accompagnerà i patetici incontri con il miglior repertorio degli intramontabili brani di jazz e blues.
Con la scrittura vera e propria ho sempre come obiettivo di terminare l’opera incompiuta che ha sullo sfondo la guerra in Bosnia – Erzegovina, ogni anno spero sia la volta buona. E poi c’è un libro sul mio viaggio in India, a metà tra la guida e il reportage, ma siccome dovrà contenere un sacco di fotografie perché non puoi raccontare l’India senza mostrare i colori, i sorrisi e gli occhi della gente, e realizzare un libro fotografico costa parecchio, è difficilissimo trovare un editore disposto ad investire. Avevo pensato di cercare uno sponsor, ma anche questo è complicato. E poi chissà che questo nuovo anno non mi faccia incontrare qualche personaggio interessante da poter raccontare.