Nata in una famiglia di origini siciliane, Sandy è cresciuta a Galveston, sulla costa del Golfo del Texas, dove c’è ancora una piccola comunità di trezzotti, quasi tutti pescatori. Dopo aver passato l’infanzia e l’adolescenza con la sabbia tra le dita e i capelli costantemente crespi, ora vive nel mezzo del nulla in Virginia, in un posto con un’umidità minima o moderata (per dei ricci perfetti e non crespi), colline ondeggianti e boschi coltivati.

Le sue figlie ormai sono cresciute, quindi Sandy fa la vita dell’empty-nester in una vecchia fattoria ristrutturata piena di animali che non si lamentano dei suoi strani orari, e spera così di poter scrivere ancora di più.

Scrive la saga familiare “Le cronache dei Caversham”, che è stata tradotta in varie lingue e che ormai ammonta a una decina di titoli, che coprono due generazioni della famiglia di nobili inglesi del XIX secolo. I suoi libri sono ambientati in Inghilterra, ma anche in Italia, Scozia, Marocco e Stati Uniti, e parlano di onore, famiglia e amore.

Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?

Scrivo romance storici ambientati nel  XIX secolo, non solo in Inghilterra ma anche in molte altre nazioni. Da sempre leggo romance, e il mio sottogenere preferito è sempre stato il romance storico. Agli inizi, ho scritto alcune storie contemporanee perché non pensavo di conoscere abbastanza la storia da rendere credibile una trama ambientata nel passato, ma anche mentre scrivevo quei romanzi, il mio cuore mi spingeva a scrivere quello che amavo di più leggere.

Come scrive? Penna e carta, moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, ipad, iphone?
Su un portatile, nel mio ufficio, in genere con la musica di sottofondo.

C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
A tarda notte, quando in casa c’è silenzio e posso concentrarmi. Durante il giorno ho troppe distrazioni: vivo in una fattoria, e devo prendermi cura di parecchi animali.

Quando scrive, si diverte oppure soffre?
ENTRAMBI! Amo ciò che faccio e non posso immaginare di occuparmi di altro. Detto questo, mi piace scrivere alcune scene, ma altre mi fanno male. Per esempio, mi piaceva molto Spenser Watkins, ma sapevo di doverlo far morire, in modo che Lucky e Mary-Michael (in “La signora di Lucky”) potessero avere un futuro insieme. All’inizio doveva essere un personaggio malvagio, ma più andavo avanti con la storia più mi piaceva, e non ho potuto farlo diventare un cattivo.

Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Pianifico tutti i miei libri, ma le trame continuano a cambiare da sole, come vi dicevo prima per Spenser Watkins. Quando faccio un cambiamento come QUELLO, è talmente grande che cambia anche il seguito, e di lì in poi devo andare a orecchio per tutto quello specifico filo nella trama del libro finito.

Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Quando scrivo, lo faccio tutti i giorni. Quando edito, lo devo fare tutti i giorni. Per qualche motivo che non capisco, non riesco a dividere la mia attenzione e fare entrambe le cose in una stessa giornata: o l’una, o l’altra.

Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?

Per la maggior parte sì, anche se ho scritto qualcosa, quando ero giovane, che a posteriori non era buono come avrei potuto farlo oggi. Forse un giorno tornerò sui miei passi e modificherò o espanderò quelle storie.

Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
No, a meno che non debba tornare indietro a controllare che nome ho dato al figlio di una coppia, o come ho gestito una particolare situazione, per poter essere coerente nel manoscritto su cui sto lavorando. Sì, vengo catturata dalla lettura del mio stesso lavoro, perché trovo di continuo difetti e imperfezioni, ed è per questo che evito.

C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
No, ho una vita noiosa. Cerco di scrivere di personaggi più interessanti di me! Anche se pratico l’equitazione naturale, e nei miei libri trovate molti riferimenti ai cavalli; una volta montavo tutti i giorni, ma non lo faccio più. i due cavalli che mi restano sono vecchi, si sono meritati la pensione, e non ne sto cercando altri.

Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è un lettore assiduo? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Amo i romance storici, e quest’anno ne ho letti una quindicina. So che non sono molti, ma negli ultimi tempi leggo più di cronaca e politica, oltre che di ricerca storica.

Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Mi è capitato in passato, e viste un paio di esperienze che ho fatto sono stata molti anni senza partecipare a niente. Poi, all’inizio di quest’anno, ho partecipato a un concorso e ho vinto in una categoria in cui pensavo di non avere nessuna chance: “L’amore predestinato” ha vinto il premio “Holt medallion” come miglior libro di un autore della Virginia!

A cosa sta lavorando ultimamente?
Al momento sto scrivendo “To waltz with a dark lord”, che dovrebbe uscire in Italia l’anno prossimo. L’eroe del libro è il primogenito del duca e della duchessa di Caversham. Il marchese Glencairn (Marcus) è un uomo segnato dalla vita e arrabbiato, che deve superare il suo odio del mondo per poter assumere la sua posizione nella società. C’è una sola donna che può aiutarlo a combattere i suoi demoni, ed è la sorella del suo nemico, una giovane promessa a un altro.

Grazie, a presto!

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