Il titolo è l’ultimo dei miei problemi. Mi basta rileggere quello che ho terminato di scrivere e, PAF! Eccolo lì che mi chiama, vestito da frase-chiave della storia, facendo capolino da un paragrafetto tranquillo che magari avevo scritto senza dargli eccessiva importanza. Una metafora, un modo di dire ricorrente nella trama, un soprannome. Almeno per adesso, almeno: che ne so che magari dal prossimo romanzo non sarà più così, e allora lo chiederò a voi. (Dario Villasanta)
Continua la nostra carrellata di pareri ed esperienze che autori e autrici hanno descritto chiacchierando su Facebook. Oggi tocca a Federica D’Ascani e Federica Soprani.
FEDERICA D’ASCANI
«Era una notte buia e tempestosa e tutti si guardavano con sospetto alla ricerca di qualcuno che potesse rispondere alla descrizione del testimone…»
Bene, ho scritto la prima frase… devo trovare un titolo!
Ma no, ma che cerchi il titolo viene dopo!
No no, devo cercare un titolo altrimenti mi blocco.
Ma è impossibile! Il titolo viene da solo . No e poi ancora no. Se non trovo un nome per questo “coso” io non scrivo oltre. Sarebbe come partorire un ragazzino e sceglierne un nome all’età di 4 anni perché… devo vedere come crescerà. No: titolo e subito! Poi magari lo cambio, ma intanto ne ho bisogno. E tu… Tu fatti i cacchi tuoi!
Bene, questo è ciò che mi sono sempre sentita dire già dal primo romanzo e non scherzo. Eh, la gente che ne ha sempre una per tutti mica va in vacanza per non rompere le pelotas a te. Ho sempre fatto di testa mia, soprattutto perché ormai, come Nadal, ho le mie fisse senza le quali non posso proprio andare avanti. Scritto il primo paragrafo (al massimo) inizio a cercare una citazione o una poesia che si possa intonare al senso che voglio trasmettere con l’opera, poi via di titolo. E inizio a fare milioni di congetture, giocando con le parole. Se proprio non riesco a trovare qualcosa di decente, individuo una canzone e inizio a frammentarla estrapolandone una frase e iniziando a giocare con quella. Insomma, cercare il titolo per la propria opera non è per nulla facile. Trovarlo per gli altri, invece, lo è molto di più, almeno per me. Comincio a sparare fino a che non ne azzecco uno.
Ma sono sempre andati bene i miei titoli?
Sì, tranne per “L’istinto di una donna“, che inizialmente era Duplice Istinto.
Oddio, pure “Splendido come il sole di Tulum” sarebbe dovuto essere differente, ma in mancanza di alternative utili questo è rimasto.
Sarà stato un bene? Be’, almeno so di averci messo tutto l’impegno possibile a trovarlo!
FEDERICA SOPRANI
I titoli… bell’argomento. Per me cambia molto di situazione in situazione. Di solito non scopro il titolo fino alla fine, ma mi è capitato di svegliarmi la mattina con un titolo in testa e di decidere di scriverci un racconto sopra.
Per quanto riguarda le cose che ho pubblicato, “Corella, l’ombra del Borgia” è stato frutto di una riflessione profonda sul testo stesso. Inizialmente avrei voluto intitolare il romanzo semplicemente “Corella” (il mio protagonosta si chiama Michele Corella…), ma le mie editrici mi fecero notare che nessuno avrebbe capito di che cosa parlasse il libro. Non avevano tutti i torti: io con Micheletto ci convivo da vent’anni, ma le persone sane di mente tendono a ignorare chi egli fosse.
Così ho deciso di includere il nome ‘Borgia’ nel titolo, che sicuramente avrebbe richiamato folle (…) di appassionati. L’ombra nasce dal fatto che Michele, in quanto sicario al servizio di Cesare Borgia, raccoglieva su di sé la summa dei suoi peccati e delle sue colpe, macchiandosi in prima persona dei crimini da lui voluti, facendosi strumento della sua rabbia, della sua lungimiranza, della sua crudeltà.
Per quanto riguarda “Victorian Solstice“, il solstizio è il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima o minima. L’epoca vittoriana mi ha sempre affascinata per le sue contraddizioni, le sue ombre spaventose alle quali fanno da contraltare luci sfavillanti. Un periodo di massima opulenza e ricchezza anche morale e intellettuale e, al contempo, l’inizio della fine dell’innocenza in Europa. I titoli dei singoli racconti, poi, sono sempre mirati.
– La Società degli Spiriti (fu un’istituzione esoterica nata a Londra in seno alla Golden Dawn nel 1887).
– La Lega dei Gentiluomini Rossi (omaggio a Sherlock Holmes e alla sua ‘La Lega dei Capelli Rossi’ e ad Alan Moore con la sua sua Lega dei gentiluomini straordinari).
– I Figli del Pozzo di Carne (in questo caso leggete il racconto, se ne avete il coraggio…).
– I Fantasmi dei Natali passati (chiaramente un omaggio a Dickens e ai suoi fantasmi di Natale. Il racconto, che chiude la prima ‘stagione’ di VS è ambientato, appunto, a Natale).
E qui mi fermo, perché diventa una cosa lunga.
Aggiungerò solo che, in molti casi, finisco con l’associare le cose che scrivo con il nomignolo che i lettori danno loro. Per esempio il mio romanzo inedito ‘Rosenblutchen’ rimane per me e per chi lo ha letto ‘La rosa scarlatta del Reich’…
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