Attenti agli spoiler!
A 10 anni, quando lessi per la prima volta I promessi sposi, non avevo mai sentito il termine flash-back (per non parlare di quello tecnico analessi) e quindi appresi il concetto semplicemente leggendo: si verificava quando entrava nella narrazione un personaggio nuovo che l’autore cercava di delineare raccontando la sua vita antecedente. E quindi succede per don Abbondio, per fra Cristoforo, per Gertrude, per l’innominato e per il cardinal Borromeo. Il narratore onnisciente ci fa capire chi sia ciascuno, le sue caratteristiche, le sue vicissitudini.
È un metodo che oggi nella narrativa di intrattenimento le scrittrici non amano perché lo ritengono banale e scontato. È così invalsa la moda di inserire direttamente senza mediazioni episodi del passato, segnalandone la diversità ad esempio con l’uso del corsivo oppure semplicemente cambiando capitolo. Le autrici più volenterose inseriscono una data all’inizio di ogni capitolo per far capire alle lettrici lo sfasamento temporale, ma spesso non si prendono la briga e ritengono più chic lasciare tutta la fatica a chi legge. A volte l’espediente è particolarmente complesso: per esempio oggi, 5 anni fa, 10 anni fa, oggi, fra 1 anno ecc. ecc.
Se lo scopo è raccontarci uno o più antefatti per decifrare il comportamento dei personaggi nel presente, il modo che personalmente preferisco è quando il flashback è uno solo, come faceva Manzoni appunto.
Guardate invece la struttura di La leggenda di Lyon Redmond della Long:
Presente: Prima settimana febbraio cc.1-3.
Flashback Cinque anni prima c. 4 Il giorno dopo cc. 5-7.
Presente: Sei settimane prima del matrimonio (cioè inizio aprile) c. 8.
Presente: Cinque settimane prima del matrimonio cc. 9-13.
Presente: Da un mese prima del matrimonio fino ad un matrimonio non celebrato (il cambiamento avviene all’altare) cc. 14-23.
Presente: La domenica successiva al matrimonio mancato con nuovo matrimonio c. 24.
Ora cosa ha comportato questa struttura per me che leggevo? Per sette capitoli mi è stato raccontato un lungo antefatto su un amore stroncato sul nascere cinque anni fa, quando i protagonisti erano piuttosto giovani. Ho sofferto molto a sapere come e qualmente le cose sarebbero andate male, dal momento che nel presente Olivia sta per sposare un altro. E come faranno a trovare il loro lieto fine in una situazione così disperata? Poi il massimo del romanzesco: Olivia va a letto con Lyon, ma (orrore!) si presenta lo stesso all’altare per sposare John, colpo di scena con fuga dalla chiesa e sostituzione dello sposo. Quando si dice il peggiore romanzo d’appendice. Puah! Tutta la mia solidarietà a John.
Non che questo sia il caso peggiore. A volte l’autrice alterna eventi del passato e del presente con effetto pendolo. E ti tiene in sospeso perché non sai cosa è successo e cosa succederà.
Invece pensate alla Bernardinello in Un cowboy sotto l’albero, che è un romanzo sul coming out. Jacob da mesi si è dato all’alcool. Esattamente da sei mesi cioè da quando, cowboy sciupafemmine, una notte è capitato per sbaglio in un locale gay e al buio ha subito un approccio sessuale da parte di uno sconosciuto. Molto piacere ma anche un grave sconvolgimento perché Jacob ha sempre creduto di essere un macho al cento per cento. L’episodio “famigerato” viene raccontato per brevi accenni in modo da renderlo del tutto chiaro solo alla fine, tenendo la lettrice sempre sul chi vive, ma senza farla inutilmente soffrire. Perché qui la cosa più importante sarà la conseguenza, cioè la presa d’atto della propria bisessualità con il necessario superamento della tendenza all’omofobia.
Sempre sul tema del coming out è Non posso dimenticarti, dove si segue ancora più banalmente o, meglio, semplicemente l’andamento cronologico e il problema per Chris sarà piuttosto quello di farsi perdonare da Ash il fatto di averlo pubblicamente rinnegato tanti anni fa.
Dove voglio andare a parare? Ebbene, non ne posso più di queste tecniche “moderne”. Tutti sappiamo bene che all’inizio del Novecento Joyce (e Svevo) e la Woolf hanno inventato il cosiddetto flusso di coscienza. Si tratta però di una tecnica che richiede grande impegno da parte di chi legge e non è adatta alla narrativa di intrattenimento. Perché a questa gli acquirenti richiedono evasione (in varie forme) e relax: non vogliono dover faticare, altrimenti vanno a leggere direttamente i classici del settore. Almeno sono sicuri che varrà la pena di fare tanta fatica.
Ugualmente osserviamo l’attuale ossessione dell’io narrante, che in passato aveva lo scopo di svelarci la VERITÀ, quella oggettiva, garantita dall’autore. Oggi invece serve a semplificare la vita della scrittrice. Capitoli dispari con il punto di vista del partner 1, capitoli pari col punto di vista del partner 2 (il sesso dei due è indifferente); i personaggi non si capiscono per tutto il romanzo e sembrano due deficienti, dal momento che spesso basterebbe una parola per chiarire ogni equivoco e vivere felici e contenti. I primi tempi addirittura si raccontavano gli eventi due volte: una noia mortale, anche se, grazie al cielo, mi pare che questa tendenza stia tramontando. O forse mi illudo.
Ma la mia idea è che un vero sperimentalismo debba rimanere circoscritto alla letteratura c.d. alta.
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