Capitolo 4

Gyllahesh lasciò andare il ragazzo e lo guardò afflosciarsi sulla sedia. Il viso, di una delicatezza inaspettata, era contratto, come se cercasse di non piangere. E ne aveva ben donde, dopo aver sentito la notizia. Lui aveva sperato di riuscire a parlare prima dell’arrivo del drappello di guerriere, ma così non era stato. Represse un sospiro, e il desiderio di circondare le spalle del giovane per consolarlo.
Fu la donna a farlo, avvicinandosi al ragazzo e sfiorandogli una spalla con la mano.
«Cosa ti ho insegnato, Nabir? Mai far vedere le debolezze.»
«Hanno accusato mia madre di essere una traditrice, sijia. Mia madre! È la persona più buona che conosca. Non può essere vero, è uno sbaglio.»
Gyllahesh scosse la testa. «Non lo è. Mi è stato riferito da fonte sicura. Sitra ha cercato di uccidere la figlia della Custode dei Confini, e poi si è data alla fuga.»
Occhi verdi come smeraldo si alzarono, ma non lo guardavano direttamente. Fissarono un punto oltre la sua spalla destra, ma era indubbio che l’attenzione di Nabir fosse concentrata su di lui. Gyllahesh deglutì, notando solo in quel momento che il giovane uomo non vedeva. Gli occhi erano limpidi, dello stesso colore delle pietre preziose, ma non potevano vedere la luce. O lui.
«Ti è stata riferita una cosa sbagliata,» sbottò il ragazzo. Il suo tono tagliente sembrava non ammettere repliche, e lui cercò sul volto della donna lì accanto un aiuto. Scrutandola in viso, comprese che lei invece gli credeva.
«Nabir, le guardie non avrebbero fatto mezza giornata di viaggio solo per una passeggiata. Deve essere successo qualcosa a Omira. Se Sitra ha fatto quello di cui è accusata-»
«Come puoi pensare queste cose di lei?» esclamò Nabir.
Gyllahesh fece per rispondere, ma la donna sospirò e scosse la testa.
«Il rispetto, Nabir.»
La testa di capelli biondi si abbassò di colpo. «Perdonami, sijia. Non volevo.»
Lei sorrise con tristezza e gli accarezzò i riccioli. «Capisco il tuo tormento, lo condivido e, credimi, sono incredula quanto te. Dobbiamo cercare di capire, prima di giungere ad altre conclusioni.»
Il ragazzo annuì, sollevando appena la testa, ma non aggiunse altro.
«Lascia che parli con il nostro ospite, poi andrò al villaggio per sapere se hanno fatto domande specifiche. Dovrò anche mettere in ordine.»
Gyllahesh la vide gettare un’occhiata alla porta dell’altra stanza: dovevano aver perquisito tutto, e anche danneggiato qualcosa. Il volto della donna si contrasse per un momento, prima che la fermezza tornasse a distenderle i lineamenti. Lei lo guardò e gli fece cenno di uscire. Gyllahesh ubbidì, subito seguito nel tiepido calore del pomeriggio.
Appena fuori dalla porta, si girò a fronteggiarla.
«Sapete che è la verità,» mormorò.
«Certo. L’ho capito non appena sono arrivate. Non si sarebbero sobbarcate il viaggio, altrimenti.» Lei alzò gli occhi scuri a fissarlo. «Dimmi quello che sai, e comincia da come hai conosciuto Sitra.»
Quella era una donna intelligente. Gyllahesh raccontò di come sua figlia gli avesse salvato la vita, della parvenza di amicizia che si era instaurata, del suo aiuto nel fornirle degli incarichi al di fuori dell’esercito per racimolare del denaro.
«Se le è successo qualcosa, diventerà un problema,» commentò Selia. «Viviamo in modo frugale, ma non so se riuscirò a mantenere Nabir con quello che ho.» Raddrizzò le spalle, guardandolo. «Chi lo ha detto a te?»
Per un istante, l’imbarazzo gli impedì di parlare. Stava riflettendo sulle difficoltà che la donna e il nipote avrebbero incontrato da lì in poi. Si stava avvicinando la stagione fredda.
«So cosa sei, Gyllahesh. Non occorre che tu mi dica niente. Voglio solo sapere come ne sei venuto a conoscenza.»
«Non mi vergogno della mia arte,» rimarcò lui.
«E fai bene. Sei decisamente un degno rappresentante.» Lei sorrise. «Fuori della mia portata, purtroppo, e anche di quella di Sitra, suppongo.»
«È così. Tra noi c’era solo questa conoscenza più profonda, ma niente di più.» Gyllahesh scrollò le spalle. «Ieri pomeriggio, una delle ufficiali delle Jaimirie mi ha messo a parte della notizia.»
«Le Jaimirie? Sono colpita.»
Lui ignorò il tono ironico, e proseguì. «Sembrava molto soddisfatta della cosa, credo soprattutto per quanto riguarda la Custode. Ma non so altro, né chi abbia ordito l’attentato, né perché abbiano scelto proprio Sitra.»
Selia distolse il viso, puntando lo sguardo sul bosco poco distante. «Non è difficile capirlo, e immagino che tu ci sia già arrivato, malgrado faccia finta di no. Vivremo anche al di fuori di tutto, ma gli intrighi della capitale arrivano fin qui. Ho sentito parlare delle mercanti, so quanto astio corra tra le fazioni, laggiù a Omira. La Custode e suo marito sono odiati e temuti. Sitra si è trovata nel mezzo. Mi aveva raccontato che addestrava la figlia di Rainna. Chi meglio di lei poteva essere il mezzo per colpirla nel profondo?»
«Non può essere solo questo,» obiettò Gyllahesh. Gettò un’occhiata alla porta. «Chiunque sia stato avrebbe potuto essere a conoscenza della presenza di un figlio.»
«Quelle luride vipere,» ringhiò Selia, sorprendendolo. «Le avranno promesso un lauto compenso se avesse portato a termine il piano.»
«Credo sia andata così,» le concesse.
Lei annuì. «Mia figlia è leale, Nabir ha ragione. A volte però una buona occasione può rivelarsi fatale.»
«Cosa credete le sia successo?» Gyllahesh non avrebbe voluto, ma la domanda li sfiorava da quando era giunto il drappello.
Selia scrollò le spalle. «Nella migliore delle ipotesi? L’avranno già uccisa. Chiunque sia stato, doveva liberarsi di una testimone. Non poteva cadere nelle mani della Custode.» Lei ricambiò il suo sguardo turbato. «Ti sorprende che lo dica?»
«No. A dir la verità no. Altrimenti sarebbe già arrivata.»
La donna annuì. «Rientriamo. Nabir vorrà sapere di cosa abbiamo parlato, anche se temo che lo sappia già. Il suo udito è molto fine.»
Gyllahesh gettò una breve occhiata alla porta. Non voleva apparire morboso, ma desiderava sapere qualcosa di quel bellissimo ragazzo. Appena l’aveva visto, aveva creduto di aver di fronte una fanciulla, benché sapesse già cosa avrebbe trovato. Quello che non si aspettava, era un viso delicato incorniciato da riccioli biondi. Si schiarì la voce. «È nato cieco?»
Selia scosse la testa. «Non è cieco. Non ancora. Vede solo ombre. La sua vista è peggiorata nel corso degli anni. Mi chiedo come farà quando non ci sarò più.»
Gyllahesh sbatté le palpebre. Non si aspettava un’ammissione del genere. Un fumoso progetto prese forma nella sua mente, qualcosa che aveva bisogno di una buona riflessione. Qualcosa che però gli sembrava quanto mai giusto. Ne avrebbe parlato a Selia e a Nabir. Forse il ragazzo non sarebbe stato d’accordo, ma la madre di Sitra sì. Era vantaggioso per entrambi.

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