Lizzie Forbes fa la cameriera nel saloon di Temperance, una cittadina del West uguale a tante altre, e non sta cercando un marito, né un fidanzato. Si tiene alla larga dagli uomini; tutto quello che vuole è andarsene, lontano.
Drew Madigan fa parte di un gruppo di individui che, un giorno, arriva a Temperance. Il loro capo, Tony, dice che sta cercando un terreno da comprare o, forse, un ranch.
É così che Lizzie e Drew si incontrano; una ragazza che non vuole avere a che fare con gli uomini e un uomo al quale è stato proibito di frequentare donne che non siano prostitute. Tony è stato molto chiaro: le relazioni rovinano gli affari, e i loro affari sono molto pericolosi.
L’amore, a volte, segue strade contorte e non ascolta ordini né divieti, ma quando i due protagonisti si troveranno a dovere prendere decisioni drammatiche, pur di costruirsi una vita assieme, dovranno essere pronti a tutto.
Tony è un assassino e la sua caccia sarà spietata.

Titolo: La fine della caccia: Drew e Lizzie.
Autrice: Fernanda Romani.
Genere: Romance western.
Editore: Self-Publishing.
Prezzo: euro 0,99 (pagine 46).
Copertina: Lia Winchester.

Il racconto breve che sta all’origine di questo romance fu il mio primo racconto e anche la mia prima pubblicazione, apparsa in un sito di appassionati del Far West. L’aspetto romantico della storia era appena accennato e quando decisi di svilupparlo la mia attenzione si rivolse soprattutto al personaggio di Lizzie. Non perché pensassi che Drew fosse meno importante ma, semplicemente perché lui lo conoscevo già, visto che era il protagonista di tutta quella parte d’azione dalla quale era partita la storia. Conoscevo i suoi sentimenti, il suo rapporto con l’uomo che era stato per lui come un fratello e poi era diventato il suo peggiore nemico. Nel racconto originario, Lizzie appariva soltanto alla fine e il suo personaggio si delineava in poche battute. Una ragazza forte, decisa, ma… come era diventata così?

La prima scena in cui Lizzie appare è stato un  inizio anche per me.

Avevo già buttato giù qualche appunto su come doveva essere, ma, per come sono fatta io, scalette e descrizioni preventive sono utili solo in minima parte. Io ho bisogno di sentirmi in empatia con il personaggio, di guardare con i suoi occhi, sentirne il respiro e percepirne le emozioni. Soltanto dopo aver guardato Drew con gli occhi di Lizzie, in quella afosa mattinata estiva, ho capito chi era questa ragazza e quanto fosse difficile la sua strada.

Lizzie usò la manica del vestito per asciugarsi le gocce di sudore che incombevano sulle sopracciglia e continuò a spazzare il pavimento del saloon, spingendo la polvere fuori dalla porta aperta. Dal marciapiede venne un’imprecazione che le fece alzare gli occhi. La figura corpulenta del fabbro si affacciò nel vano illuminato dal sole, già cocente, di quell’estate appena iniziata.
− Un giorno butterai la tua spazzatura addosso alla persona sbagliata, − sentenziò l’uomo con un’occhiata ostile.
− Chiedo scusa, − rispose lei, abbassando lo sguardo.
Si spostò per lasciarlo passare e assunse la sua solita espressione indifferente mentre lui si dirigeva al bancone per bersi il whisky mattutino. Lizzie si diede della stupida: aveva dimenticato per un istante la sua regola d’oro.
Mai farsi notare da un uomo.
Gli uomini portavano guai e lei non sarebbe riuscita a difendersi per sempre. (…)
Salutò la signora Eddington, diretta ad aprire l’emporio, e le chiese notizie sulla salute della sorella.
La risposta dell’anziana donna si interruppe per scrutare lungo la strada, alle spalle di Lizzie.
Nel girarsi, lei colse altri visi interessati a quanto stava accadendo.
In apparenza, nulla di importante. Solo sei uomini a cavallo che avanzavano, tranquilli, guardandosi attorno.
Gente mai vista. Di certo, tutti i presenti si stavano chiedendo chi fossero.
In testa cavalcava un uomo biondo, sulla trentina, e le fu sufficiente scrutarne il viso squadrato e gli occhi chiari per sapere che era pericoloso. Il suo corpo sudato reagì con un brivido e lei spostò lo sguardo su chi gli stava a fianco.
Non era un santo, su questo non aveva dubbi. Ma almeno si poteva posargli gli occhi addosso senza averne paura, anche se non aveva certo un aspetto attraente. Sotto il cappello scuro spuntavano lunghe ciocche altrettanto scure e appiccicate dal sudore, la barba di parecchi giorni non gli donava un aspetto rassicurante e la polvere di cui era ricoperto lo spolverino non avrebbe incoraggiato nessuno ad avvicinarsi, prima che se ne fosse liberato.
Però…
Se si ripulisse un po’ non sarebbe male.
Quel pensiero guizzò dentro la sua testa, inaspettato e inquietante. Lo scacciò subito.
Non voleva quel tipo d’uomo, chiunque fosse. Non aveva mai voluto nessuno degli abitanti di Temperance.
Lei voleva andarsene.
Lontano.