In Italia ogni giorno in media sono 48 le persone che muoiono a causa dell’alcol, oltre 17.000 ogni anno. Le conseguenze negative del consumo di alcol sulla salute sono molteplici. Nella Classificazione Internazionale delle Malattie più di 30 categorie riguardano patologie provocate dal consumo di alcol, ma sono oltre 200 quelle riconducibili in parte ad esso che, nell’insieme, implementano la mortalità causata dall’alcol, tra cui dodici tipi di cancro.
I danni alcol-correlati non colpiscono soli i consumatori, ma spesso anche le famiglie e la comunità in generale per il frantumarsi delle relazioni personali e di lavoro, per i comportamenti criminali (come per esempio vandalismo e violenza), la perdita di produttività e l’aumento dei costi a carico dell’assistenza sanitaria.
L’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) elabora e analizza ogni anno i dati nazionali con attività di monitoraggio (come richiesto dal ministero della Salute), in relazione al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2017. Il numero di consumatori fuori pasto, di consumatori a rischio e di consumatori che bevono per ubriacarsi non mostra battute di arresto, anzi si consolida, come conseguenza dell’insufficienza di programmi e azioni di prevenzione istituzionali.
L’alcol è tra le sostanze psicoattive più usate in Europa e il suo consumo è considerato il quinto fattore di rischio di malattia. Ogni giorno sono circa 800 le persone che in Europa muoiono per cause attribuibili al consumo di alcol; di queste, una percentuale molto elevata ha un’età compresa tra 20 e 24 anni, pari a circa 1 decesso su 4. In base ai dati si evidenzia infatti che l’alcol è responsabile di circa il 6% di tutti i decessi registrati nell’UE, per un totale di più di 300 mila persone, in gran parte per cancro nel 29% dei casi, cirrosi epatica nel 20%, malattie cardiovascolari per il 19% e lesioni per il 18%. Nel mondo sono circa 2 miliardi e 300mila le persone che consumano bevande alcoliche. Ogni individuo di età maggiore ai 15 anni consuma ogni anno circa 6 litri e mezzo di alcol. Globalmente è il 43% della popolazione mondiale ad assumere alcol. In tutto il mondo il 27% dei ragazzi fra i 15 e i 19 anni beve alcol: in Europa il 44%, in America il 38% e in Asia il 38%. In Europa vi è il 21% del consumo mondiale di alcol, il consumo medio è il doppio della media mondiale. Le persone in Italia che consumano bevande alcoliche lontano dai pasti sono il 40,5% degli uomini e il 20,4% delle donne, pari a quasi 16 milioni di soggetti sopra gli 11 anni, un dato in aumento rispetto alle stime precedenti. I valori massimi riguardano gli uomini fra 18 e 44 anni e le giovani donne fra i 18 e i 24 anni. L’analisi del trend dei consumatori di vino o alcolici fuori pasto evidenzia che per entrambi i generi è implementato il numero di consumatori rispetto a 10 anni fa e per il genere femminile si conferma un aumento costante. Più di 5 milioni di persone sopra gli 11 anni (il 14,2% degli uomini e il 6,1% delle donne) hanno dichiarato di eccedere abitualmente nel consumo di bevande alcoliche. La percentuale è elevata per entrambi i sessi, riguarda sia gli adolescenti di 16-17 anni che gli ultra 65enni. I consumatori che hanno dichiarato di essersi ubriacati almeno una volta negli ultimi 12 mesi, che hanno cioè consumato 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione, è pari a 11,7% tra gli uomini e 3,6% tra le donne di età superiore a 11 anni, con un aumento tra le donne. In generale la proporzione di bevitori maschi è superiore a quella femminile. I consumatori a rischio in Italia, cioè il 23,4% degli uomini e l’8,9% delle donne, sono 8 milioni e 700 mila, di cui maschi 6 milioni e 200 mila, in aumento le femmine con 2 milioni e 500 mila.
L’analisi dei dati a disposizione suddivisi per età mostra che la fascia di popolazione più a rischio per entrambi i generi è quella fra i 16 e i 17 anni, 48,3%, maschi e 40,7% femmine, seguita dagli anziani ultra 65enni. Circa 1.700.000 giovani (di cui 800.000 minorenni) e 2.700.000 ultra sessantacinquenni sono individui da considerare a rischio per patologie e problematiche alcol-correlate. Essi rappresentano quei target di popolazione sensibile per i quali la Commissione Europea raccomanda azioni d’intervento volte a sensibilizzare le persone sulla non conformità dei loro consumi rispetto alle raccomandazioni di sanità pubblica. In Italia sono circa 65.000 i pazienti alcoldipendenti in carico ai servizi, cioè il 10% circa della popolazione, quindi poco meno di 600.000 persone che devono seguire un programma di disintossicazione, soggetti che non sono identificati nei settori di assistenza primaria e non sono intercettati dalle strutture territoriali di riferimento del Servizio Sanitario Nazionale. Una situazione peggiorata a causa della recrudescenza di tutte le dipendenze nel corso del lockdown imposto dall’epidemia da COVID-19 e che mette in evidenza la mancanza di prontezza e preparazione del sistema delle reti curanti, che pertanto hanno bisogno di riorganizzazione sia per funzionalità che per competenza.
I dati dimostrano che l’alcol è ancora uno tra i più temibili fattori di pericolo e di malattia in Italia. Si registra un aumento di consumatori a rischio, dato che richiede risposte immediate di tutela della salute pubblica, di interventi di prevenzione più significativi. L’abitudine di bere in Italia, oggi veicolata anche dalle politiche di marketing messe in atto da alcuni settori della produzione, deve essere ridimensionata, contenuta e controllata a livello centrale e governativo ai fini del mantenimento dei livelli di salute e sicurezza della popolazione. Il costo sociale e sanitario di spesa si aggira sui 25 miliardi di euro l’anno secondo l’OMS ed è in crescita. Per bloccare e contrastare l’aumento del consumo pro capite e dunque quello dei consumatori a rischio, servono opere di progettazione e di prevenzione più mirate, volte a supportare e garantire il raggiungimento degli obiettivi da conseguire rispetto all’agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in cui l’Italia deve esprimere il massimo impegno, se vorrà vedere realizzati nei prossimi anni gli obiettivi di salute e di benessere condivisi. Tali problematiche verranno discusse nel tavolo tecnico permanente approvato dal Ministro della Salute e della Conferenza Nazionale Alcol programmata per il 2021, ci sarà dunque un confronto volto alla progettazione di programmi di prevenzione nelle scuole e in generale tra i giovani, tenendo presente che il problema della guida in stato di ubriachezza è la prima causa di morte tra i giovani in Italia, in Europa e nel mondo. Bisogna riorganizzazione il sistema delle reti curanti per le quali l’Osservatorio Nazionale Alcol e la Società Italiana di Alcologia, hanno già proposto le linee guida come punto di riferimento per rendere fruibile e accessibile l’offerta multidisciplinare e multiprofessionale di strutture di prevenzione, di diagnosi, di cura e riabilitazione. Esse devono rimodulare la progettualità prestazionale per intercettare i consumatori alcoldipendenti che necessitano di trattamento. Infatti alle aziende sanitarie giunge meno del 10 % degli oltre 700.000 individui ai quali nessun intervento è offerto. La prevenzione va rafforzata per contrastare stili e modelli di consumo. L’OMS ha appena affermato nell’ultimo report che “L’alcol è una delle principali cause del peggioramento della salute, disabilità e morte prematura in Europa, che è al primo posto nel mondo in termini di consumo di alcol. L’impatto dell’alcol si registra principalmente sulle persone in età lavorativa e produttiva ed è un fattore che impedisce lo sviluppo economico rappresentando un ulteriore onere finanziario per la società con conseguenze per i sistemi sanitari e la giustizia penale che spesso superano i benefici delle entrate fiscali sui prodotti alcolici”.
Il 7 agosto 2017 è stato firmato il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle politiche antidroga, volto a rafforzare la collaborazione per mettere in campo opere di prevenzione dell’uso di droghe e alcol in età scolare con azioni mirate rivolte agli studenti, ai genitori e ai docenti mediante programmi di informazione che tengano conto degli attuali dati scientifici. Sono in programma progetti educativi orientati ad una sana crescita psico-sociale. In particolare, si intende informare gli studenti sui danni per la salute legati al consumo di alcol e droga, soprattutto in giovane età. Al corpo docente, a partire dalla scuola dell’infanzia, è rivolta una formazione mirata, svolta a cura di soggetti qualificati e scientificamente accreditati a livello nazionale. I genitori sono destinatari di campagne di informazione e incontri volti a individuare i disturbi comportamentali relativi ai fenomeni di dipendenza. Il Protocollo prevede anche la divulgazione nelle scuole di materiale informativo. La scuola è il luogo privilegiato per la formazione dei futuri cittadini responsabili, dove bambini e ragazzi imparano la collaborazione e sviluppano la sensibilità verso i valori etici e umani. Gli insegnanti sono importanti per la formazione dei giovani, affiancano le famiglie per osservare e monitorare atteggiamenti, comportamenti e stili di vita. Infatti il Protocollo indica la necessità di un lavoro sinergico a livello territoriale per ottenere un’inversione di tendenza nei dati statistici che oggi risultano allarmanti. In estrema sintesi, molto si dovrà fare per costruire una nuova cultura della prevenzione, per ridurre l’esposizione della popolazione all’alcol che è la più diffusa sostanza tossica, cancerogena, calorica, anti-nutriente, psicoattiva e induttiva di dipendenza e di rischi completamente evitabili a fronte di una rinnovata cultura di prevenzione universale basata sulla corretta interpretazione del bere e di investimenti per l’identificazione precoce del rischio dovuto all’alcol.
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Nelle interviste che Chiara Vergani riporta in questo libro, tutti possono rendersi conto di come le persone bipolari siano impegnate nella ricerca perenne di come poter convivere con la patologia, di come siano sempre alla disperata ricerca dello specialista giusto per loro, della terapia e del dosaggio adatto per farli respirare un attimo, per arrivare a sera con meno ansia. L’autrice ha chiesto chi di loro preferisse essere intervistato o scrivere una relazione libera per raccontarsi. Leggendo si entra nel loro mondo, nella loro sofferenza, nel vissuto doloroso che caratterizza le loro vite. Esistenze in equilibrio talmente precario, che un piccolo avvenimento le può innalzare o annientare. La scrittrice rivela il suo animo di studiosa della mente umana, si spinge oltre i confini, va a indagare con rispetto e accoglienza il dolore di chi conduce una vita in bilico.
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