Parlare di sensibilizzazione ai giorni nostri dovrebbe risultare banale. Dovrebbe esserlo, con tutto quello che viviamo da una vita, no? Sono state istituite centinaia di giornate mondiali su questo o quello per sensibilizzare sui vari aspetti che compongono il nostro vivere quotidiano, addirittura, e questo per portare a conoscenza della massa le varie problematiche che sfiorano il nostro incedere su questa Terra. Dalla guerra alla donna, passando per l’importanza del viver sano, del rispetto per l’ambiente, per la cultura e per le attitudini personali: ogni giorno si ha un motivo per riflettere.
Riflettere.
Su cosa? Sul fatto che esistono realtà diverse, modi di vivere differenti, discrepanze tra popoli e generi, tra normodotati e diversamente abili. Riflettere. Una bella parola… Ma dopo la riflessione?
Oggi è la giornata mondiale per l’autismo, evento in cui tutto il mondo dovrebbe fermarsi a riflettere, comprendere, conoscere al fine di migliorare e migliorarsi, aiutare e tendere la mano al prossimo. Un prossimo diverso, che fa ancora paura, che non si riesce a capire, con il quale spesso sembra impossibile interagire. E il mondo cosa fa? Inveisce. Inveisce contro gli spot, contro un film, contro un’idea per rendere umano ciò che per la società ancora non lo è.
Quest’anno la Rai ha ideato uno spot pubblicitario per portare nelle case degli italiani la realtà di questa patologia che ancora risulta oscura a tanti, anche se si fa finta che non sia più così. Lo spot ritrae un bambino in una bolla, isolato dal resto del mondo, che non riesce a comunicare con gli altri e neanche con i propri genitori. Continua con una donna, presumibilmente la mamma, che tenta di aprire un varco e non ci riesce, che disegna allora un cuore con un colore che il bimbo possiede nella sua bolla e che infine si unisce al figlio, finalmente conscia di potersi interfacciare con lui aggirando l’ostacolo dell’incomunicabilità.
A seguito della messa in onda di questo breve filmato, molto simile al cortometraggio francese “Mon Petit frere de la lune”, si è scatenato l’inferno. Genitori indiavolati, mamme lese nel proprio orgoglio di genitrici, autistici adulti pronti a dare battaglia. Perché? Perché il sotto testo del cartone animato, invece di sensibilizzare, porta a un messaggio fuorviante della patologia e delle diverse implicazioni a essa correlate. Potrei stare una vita a parlarvi di Freud, della teoria della mamma frigorifero, della visione semplicistica dell’autismo come mancanza d’amore e via discorrendo, ma non lo farò: dovrete andare a cercare tutto questo per conto vostro. Per conoscere e capire.
In ogni caso tutto ciò che è accaduto in merito allo sport è giusto e sacrosanto, ma…
Ma. C’è un ma, come sempre, e deriva dalla mia consapevolezza e dal mio osservare dall’esterno le situazioni.
Come dicono sempre, la D’Ascani parte dalle calende greche, per arrivare al nocciolo della questione, ma ci arriva. Tenterò di farlo nel più breve tempo possibile, però… Seguitemi!
Ero a Zibello, lo scorso settembre, per un festival letterario, e nel pubblico c’era un ragazzo che si aggirava tra i vari partecipanti munito di macchinetta fotografica, sguardo determinato e flash spianato. Fotografava la qualunque, pronto a immortalare qualsiasi dettaglio catturasse la sua attenzione, per questo o quel motivo.
Isteria totale. C’è stata gente indignata, spaventata, sconcertata, contrariata. A guardarlo bene si vedeva che il ragazzo aveva dei problemi, ma non importava: era diverso, si comportava in una maniera differente dal normale e tanto bastava per renderlo “indigesto” e inopportuno. Cazzo, ma proprio qua? Ma i genitori non ci sono? Ma nessuno lo tiene a bada?
Quel ragazzo era autistico e, ogni volta che veniva scansato da questo o quello, in maniera garbata o meno educata, rimaneva per alcuni secondi in silenzio, riarmava la sua pazienza e tac: un’altra foto.
La gente non lo capiva, lo evitava: era diverso. Eppure lui si avvicinava ugualmente a tutti, tentava un approccio, un modo per dialogare, seppure in maniera diversa dal comune.
Io in tutto ciò ho osservato, ho scattato le sue foto (si era innamorato di mia sorella, mica di me 😀 sempre il terzo incomodo mi tocca fare!) e ho capito.
Cosa?
1 – Che la gente ancora non ha capito nulla riguardo all’umanità, all’integrazione, alla comprensione, al rispetto.
2 – Che c’è ancora tantissima ignoranza in giro e che la sensibilizzazione, nonostante ci troviamo nel 2016, è ancora necessaria e stramaledettamente importante per inculcare nella teste delle persone cosa significhi essere diverso – diverso da chi?
3 – Che lo spot Rai è fuorviante, ma al momento temo sia l’unica maniera che le istituzioni hanno per tentare di far capire alla gente comune che è possibile dialogare con una persona con la sindrome di Asperger, basta semplicemente capire e assecondare. E non essere se stessi, se questo significa essere uno stronzo.
4 – Che le persone “diverse” hanno talmente tanta umanità dentro che se ne fottono se il normodotato è invece un cretino incapace di conoscere, capire, amare.
5 – Che le giornate mondiali servono ed è inutile inveire contro questo o quello – il famoso Keep calm and arriviamo a domani, che oggi ci si annoia.
6 – Che per raggiungere il proprio scopo spesso bisogna scendere a patti con l’idiozia altrui ed è quindi necessario adottare un linguaggio fruibile non per le persone con problemi, ma per quelle che in teoria non dovrebbero averne.
Il diverso non è il bambino autistico, il bambino cerebroleso, il bambino con sindrome di Down o quello affetto dalla malattia rarissima per la quale non esiste neanche una cura.
Il diverso è colui che fa sentire diverso il prossimo.
Buona giornata mondiale dell’autismo.
Non servono commenti, l’articolo dice tutto, basta leggerlo. Complimenti di cuore.
Simona@
Grazie, tesoro
Federica ti distingui sempre! Questo bellissimo articolo fa riflettere, è vero, mettendo a nudo il difetto più grande dell’umanità: l’indifferenza. Dimostra anche che bella persona tu sia. Sono le persone come te che fanno la differenza. Grazie.
ho l’autismo in famiglia e conosco bene determinate problematiche. Grazie per questo articolo.
🙂