Genova è una città dal fascino particolare. Affacciata sul mare, arrampicata sul monte, regala paesaggi e persone indimenticabili. Antonio Mariani, il Commissario creato dalla fertile penna di Maria Masella (Fratelli Frilli Editori) ci fa da cicerone e guida. A modo suo.
Sto ciondolando con fare indifferente poco lontano dalla Questura; spero di intercettarlo. Ieri sembrava scomparso. Qualche indagine l’avrà portato fuori Genova.
Per passare il tempo riguardo per la decima volta le vetrine del negozio di fronte. E lo vedo, riflesso nel vetro. Dall’incidente di quest’inverno si è ripreso bene, il passo continua a essere sciolto.
Mi avvicino.
“Di nuovo?” Toglie dalla tasca un pacchetto. “Finite, devo comprarle.”
“Smettere?”
Invece di rispondere a tono chiede cosa voglio ancora.
“Te l’ho detto. Non conoscono Genova…”
Mi interrompe. “Piuttosto difficile da conoscere. Potrebbero venire e stare qui qualche annetto.” Un’occhiata. “La Petri qualche volta ancora si perde.” Una pausa. “Che non è tanto il perdersi quanto il non capire. Qui da sempre è arrivata gente da fuori, l’abbiamo assorbita, modellata. E abbiamo preso da tutti, quello che andava. È difficile raccontare Genova.”
“Ma alle mie amiche basta qualcosa di più semplice. Come tu vedi Genova.”
“Ancora peggio. A volte neppure la guardo e riconosco certe zone dagli odori e dai suoni.”
“Allora qualcosa di più semplice. Andiamo dove hai avuto indagini.”
Mi guarda come fossi scema. “Ti sembra poco.”
“Ma non tutte, qualcuna.”
“A piedi?”
Annuisco.
Abbiamo camminato in silenzio, camminato troppo per i miei gusti. Non gli ho chiesto dove mi sta portando, lo scoprirò. È mezz’ora che cammino e sono stanca, si scenderà? Da De Ferrari (piazza, quella con la fontana che sembra un catino), prende vico Casana, bello ripido e in discesa.
E capisco dove mi sta portando.
Soziglia che si fregia del nome di piazza ma è un budello appena appena più largo. Mi indica Romanengo. Le scatole di cioccolatini fasciate di carta blu e con lo spaghetto bianco… La firma dell’assassino. (Morte a domicilio)
“Continui a portarmi nei posti delle tue prime indagini…”
Ma parlo al vento, perché si è infilato da un tabaccaio.
Esce ed è già più sereno. “Se vuoi ti porto in un altro posto.”
E così mi faccio la risalita. E poi Galleria Mazzini che è in salita ed è parallela a via Roma. Diciamo un doppione. Passiamo davanti a un bar con dehors, ma oggi è chiuso.
Me lo indica. “Donelli. Con Cavanna ci vediamo qui, quando è aperto.” Mi guarda. “Lo prendi un caffè?”
“Certo.”
“Mangini?”
Per poco non cado. Non l’avrei mai creduto uomo da Mangini, il bar più “storico” di Genova. Specchi e dorature, signore bene a prendere il tè e la cioccolata. “Sicuro?”
“Mi piace il posto fuori, con vista su Corvetto (piazza) e la Galleria Bixio.”
E in quel momento gli squilla il cellulare. Ascolta e poi dice che deve andare.
Non avevo fatto i conti con la curiosità di un questurino: mi ha telefonato per chiedere informazioni su queste misteriose amiche non genovesi che volevano sapere qualcosa di più sulla Genova che percorre durante le sue indagini.
Per fortuna una di voi mi aveva scritto di essere stata a Genova: Porto Antico (per l’Acquario), via del campo e piazza Alimonda.
“Ha incrociato le mie vie.”
Gli ho chiesto di essere più preciso.
“Acquario? L’ultimo ‘appuntamento’ Mannini me l’ha dato su uno dei battelli che partendo dal Porto Antico, davanti alla libreria, una di quelle frequentate da Fran, fanno il giro del porto.”
“In via del campo non sei mai stato.”
“Ma a due passi, c’è l’Annunziata…” Si interrompe e sento il clic dell’accendino. “Lì mi ha aspettato Bareto…“ E per un attimo sento una specie di raschio nella sua voce. “Sì, Bareto con i krapfen; indagavamo su quel morto senza nome… Indagine che mi aveva portato a Malaga.”
Sì, quel caso in cui si era visto allo specchio.
“Se ha percorso via del campo, è passata sotto Porta dei Vacca lasciandosi alle spalle via Prè che comincia alla Commenda.”
“È la zona dove sei stato ferito?”
“Sì, ma dove è stata poi la tua amica?”
“Piazza Alimonda.”
“Brutti ricordi per noi genovesi, ancora peggiori per i questurini come me. Lì sono andato, fingendomi un manifestante, perché una donna era morta di morte violenta…”
“Ed era sembrato un incidente.”
“Ma anni dopo…”
Mi interrompe. “Alcune volte l’uomo riesce a far tacere il questurino. Quella anziana donna con il cane Rolfo…”
La comunicazione si è interrotta.
Provo a richiamare e risponde la Petri. “Ha il questore sull’altra linea.”
È meglio evitare di disturbarlo, immagino il suo umore.
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