Tre redattori editoriali, dopo aver frequentato a lungo autori che si dilettano di scienze occulte, società segrete e complotti cosmici, decidono di inventare, con avventata leggerezza, un Piano. Ma qualcuno li prende sul serio. Affabulatorio, incalzante e coltissimo, è questo un romanzo che spazia furiosamente nel tempo, dove fanno la loro comparsa una sterminata serie di personaggi, di miti, di leggende, dai Templari ai Rosacroce, dai Miti Celtici ai Culti dell’antico Egitto, dal Santo Graal ai Vangeli Apocrifi, da Napoleone a Hitler, a Cagliostro.
Titolo: Il pendolo di Foucault.
Autore: Umberto Eco.
Genere: fantastico.
Editore: La Nave di Teseo.
Prezzo: euro 15,20 (rilegato).
Per acquistarlo: fate click QUI.
A cavallo tra gli anni ‘70 e la fine degli anni ’80, un gruppo di intellettuali italiani comincia a ripensare, per puro divertimento, la storia del mondo inventando il cosiddetto Piano. Questo gioco intellettuale, però, gli si rivolge presto contro.
Il mastodontico libro di Umberto Eco, secondo per ordine di pubblicazione, si presenta allora come un mix narrativo in cui grandi e decisivi eventi del passato si alternano -e a volte si (con)fondono- con i più comuni eventi di vita di tutti i giorni dei protagonisti. A tal proposito, l’azione narrativa è quasi ridotta ai minimi termini e il plot si ritrova a essere volutamente sconnesso e incastrato in maniera non proprio convenzionale, non per questo il libro si rivela stancante, noioso o deludente. Esso, infatti, si dipana su più piani temporali che proseguono a diverse velocità e alterna ambientazioni e atmosfere, con un conseguente effetto positivo sul dinamismo dell’opera.
La scrittura, poi, è sempre di un livello eccezionale e il lessico non è banale. Non si contano i richiami, storici, filosofici, religiosi, gnostici, esoterici, classici, rinascimentali, moderni, post-moderni e contemporanei ai quali fa da collante la solita geniale vena ironica del buon Eco che, mai come in questo libro, sconfina nell’auto critica enciclopedica e nella meta-critica letteraria.
Questo marasma di informazioni, del resto, non è semplice sfoggio di erudizione da parte dell’autore quanto piuttosto l’insieme di un “tutto” volutamente esasperato e, soprattutto, solo accennato, indice della possibilità che l’utilizzo fazioso, approssimativo e spesso scorretto delle informazioni storiche/scientifiche/geografiche/religiose (e via dicendo…) possa indurre ad affermare tutto e il contrario di tutto. E la qual cosa, può addirittura portare a suggestionarsi a tal punto da convincersene per davvero fino a perdere la capacità di giudizio. Da ciò, è quantomai ovvio che il Pendolo di Foucault rappresenti una delle forme più raffinate e meta-letterarie di critica alla degenerazione del pensiero complottista, da cui, secondo l’autore, nemmeno gli eruditi possono considerarsi immuni, qualora non prendano le dovute precauzioni.
Dopotutto, è esattamente ciò che l’autore fa accadere impietosamente nel romanzo: i protagonisti passando dall’essere prima attratti, poi affascinati, e infine letteralmente fagocitati dal loro Piano, finiscono totalmente trascinati dal delirio narrativo delle loro stesse esistenze.
Non è un caso che Umberto Eco si sia occupato della deriva ermeneutica negli anni ’80 e che nelle sue lezioni di Interpretazione e sovrainterpretazione del 1992 lui muova una critica alla cultura occultista la quale si regge totalmente sulla tendenza alla forzatura e alla ricerca di rapporti nascosti e analogie dialettiche tra concetti ed eventi totalmente sconnessi tra loro (la base, tra l’altro, dell’attuale pensiero complottista e dei meccanismi comunicativi con i quali vengono veicolare le moderne fake news).
Chiude un finale capolavoro dove l’umanizzazione e la relativizzazione del Pendolo (e con esso di tutte le teorie ingigantite a sproposito) riporta il tutto sul livello dell’umano errare.
Per me dunque, Il Pendolo di Foucault, al netto della sua non immediatezza, resta un romanzo meraviglioso, universale e profetico. È un libro che, visti i tempi, meriterebbe di essere studiato a scuola, in quanto metafora della perdita dello spirito critico e del lume della ragione, in un contesto ahimè attuale di disumanizzazione della comunicazione.
“Di due cose che non stiano insieme, crederle tutte e due, e con l’idea che da qualche parte ve ne sia una terza, occulta, che le unisce, questa è la credulità”.
Da leggere, rileggere, studiare e farne assolutamente tesoro.
Di Alessandro Giannotta vi ricordiamo LA COLTRE.
Al di là del Ponte, appare Nebula, intrisa di nero inchiostro e popolata da semantica. Galleggia e si staglia nel bianco eburneo della Coltre, e si preserva nell’Empasse del contrasto. Così è, imperscrutabilmente oscura tanto più è magnificamente chiara, e impeccabilmente limpida, laddove è definita e nera.
Per chi ci vive e la visita, Nebula è anche un luogo confortante, a patto che non diventi mai interessante. Il tempo, del resto, ha valore di disturbo, e come tale non deve assolutamente accadere. Niente deve rompere l’Empasse.
I suoi cittadini si sentono tutelati e felici. Adorano l’indiscussa universalità delle leggi, e dei loro invalicabili confini.
Per raggiungerla, quindi, bisogna predisporsi a saltare. Cambiare piano, allinearsi.
Solo così si può entrare a far parte di Nebula.
Per acquistare il romanzo, fate click QUI.
Copertina: rielaborazione Canva (foto inviata da Alessandro Giannotta e cover del romanzo recensito).
Commenti recenti