Eccole qui. Sapeste che fatica metterle intorno a questo tavolo! Dite che si vedono le catene? Cavoli, pensavo di averle nascoste con quei volants tanto carini.
Bando agli indugi. Ho posto dieci domande a queste scrittrici (le altre sono riuscite a scappare):
Mariangela Camocardi
Laura Gay
Viviana Giorgi
Simona Liubicich
“Rosa” e “romance” sono sinonimi per te?
Il “romance” deve seguire determinate regole per dirsi tale?
Se hai risposto “sì” alla domanda n. 2, quali sono queste regole, a tuo avviso?
In dieci righe, fai la storia del “romance”, da quando questo genere è stato codificato fino ai giorni nostri. Puoi usare tutti gli esempi che vuoi.
Sei d’accordo con la frase “Il romance è il genere che più si presta alle contaminazioni”? Puoi argomentare la tua risposta?
Romantic suspense, rosa crime, romance erotico, romance storico, commedia romantica contemporanea… uno di questi sotto-generi vi appartiene? E che cosa ti ha spinto a sceglierlo?
Maschi alpha e fanciulle timorose… oppure no? Sono cambiati i protagonisti del “romance”, rispetto agli inizi? E che tipo di protagonista (maschile e femminile) è più nelle tue corde?
Sesso sì, o sesso no, nel “romance”? E perché?
Se hai risposto “sesso sì” nel “romance”, come lo descrivi?
Hai mai trasgredito alle “regole” del romance? E se sì, in quale libro?
Rosa e romance sono sinonimi per te?
Mariangela: Direi piuttosto che hanno lo stesso legame di sangue, differendo però nella fisionomia, se non altro per il contesto storico che quasi sempre distingue i due filoni. Come ripeto spesso, il romance è un genere dalla infinite anime, e non è scontato che la storia sia necessariamente rosa.
Laura: Non esattamente. Il termine “rosa” è più generico, a mio parere, e include un tipo di letteratura al femminile che non sempre appartiene anche al genere “romance”.
Viviana: Sì, assolutamente. Tanto che ho creato un neologismo, rosance.
Simona: Assolutamente no. Il rosa viene posto al di sotto del genere “romance” ed è chiaramente inserito in una vasta serie di, chiamiamoli, sottogeneri che ormai hanno raggiunto una massiccia “mutazione” per soddisfare tutte le richieste del mercato letterario.
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Il “romance” deve seguire determinate regole per dirsi tale?
Mariangela: Certo, ci sono cliché che vanno rispettati. Un esempio? Quando consegnai il manoscritto in Mondadori del mio Appuntamento al buio, Luciana leoni, l’editor che mi seguiva all’epoca, volle sapere, avendo il romanzo una chiara connotazione noir, se la storia d’amore c’era.
Laura: Sì, certamente. Ciascun genere letterario segue delle regole e il romance ha le sue.
Viviana: Obbligatorio. Ma non è un mio punto di vista, è una legge riconosciuta da tutte le scrittrici di romance: la Romance Writer of America (RWA) definisce romance novel un romanzo la cui trama abbia al centro una storia sentimentale che abbia un lieto fine (un finale ottimistico, non per forza i fiori d’arancio). Quindi, bisogna stare attenti a non confondere il romance con: narrativa sentimentale in genere (Nicholas Sparks); women’s fiction (Danielle Steel) e chick lit (Kinsella).
Simona: No, un romance non deve seguire particolari regole. È la traduzione dall’inglese di “romanzo”, e ciò non significa che debba seguire un filo rigido, ma al contrario, è libero di assecondare la fantasia.
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Se hai risposto “sì” alla domanda precedente, quali sono queste regole, a tuo avviso?
Mariangela: Devono esserci tutti le caratteristiche chiave del romance: i protagonisti, i loro antagonisti, il conflitto e, immancabile, il lieto fine delle suddette vicende.
Laura: Il romance deve avere come tema principale l’amore e il lieto fine assicurato. Questi sono i punti cardine di questo genere. Poi aggiungerei che, in un romance che si rispetti, il protagonista maschile deve riuscire a conquistare la lettrice con il proprio fascino, ammaliarla, farla innamorare. Insomma, deve avere sex-appeal da vendere. Il che non significa che debba essere per forza un maschio alfa, ma semplicemente colpire l’immaginario femminile. Il romance deve far sognare, c’è poco da dire.
Viviana: Come dicevo prima: storia d’amore centrale e lieto fine. Da qui non si scappa. Inoltre, un romance deve dare, a chi lo legge, un messaggio ottimistico, che faccia “star bene” , che faccia sorridere dentro e fuori (ciò che personalmente definisco romance terapia) anche quando tratta temi drammatici. Insomma, deve essere un po’ come il cioccolato. Aggiungo anche che:
a) nel romance eroe ed eroina possono essere anche due figli di buona donna, ma devono prima della fine redimersi (non è ammissibile un protagonista cattivo che rimanga cattivo). Non ci possono essere tradimenti fastidiosi (tradire la migliore amica con il marito di lei, a meno che l’amica non si riveli in qualche modo spregevole e il tradimento non assuma connotati di salvataggio).
b) ci deve essere sempre un conflitto che allontani i due protagonisti prima di risolversi e quindi prima dell’happy ending. Se ci sono dei subplot, invece, NON devono seguire per forza queste regole, anzi, a mio avviso sarebbe meglio il contrario.
c) Inoltre, è ovvio che anche un romance debba ubbidire a delle regole di qualità generali, che valgono per qualsiasi genere: psicologia dei protagonisti, comportamento coerente, coprotagonisti e comprimari interessanti, un background, non solo geografico, che arricchisca la storia, un’idea che faccia da filo conduttore, che può non avere niente a che fare con la storia d’amore ma che sia connessa ai protagonisti. Insomma, se il romance è solo lui e lei, e poi lei e lui, che noia che barba che noia!
d) Lo stile dell’autore. In mezzo a una tale massa di titoli, la voce di chi scrive è fondamentale.
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In dieci righe, fai la storia del “romance”, da quando questo genere è stato codificato fino ai giorni nostri. Puoi usare tutti gli esempi che vuoi.
Mariangela: Direi che Pamela, o la virtù ricompensata (titolo originale Pamela, or The virtue Rewarded ) potrebbe essere uno dei primi esempi. È un romanzo scritto da Samuel Richardson nel 1740 e da questo libro è stato poi tratto Elisa di Rivombrosa che tanto successo ha riscosso. Poi le opere di Jane Austen, e Cime Tempestose di Emily Brontë, anche se non ha il classico finale “e vissero felici e contenti.” Tra le autrici italiane un posto d’onore spetta a Carolina Invernizio con una bella produzione letteraria: Rina o L’angelo delle Alpi, pubblicato dall’editore fiorentino Salani, Pia de’ Tolomei per l’editore Barbini, La fidanzata del bersagliere. I suoi romanzi con le loro trame intricate dai colori forti e le loro improbabili – o quantomeno non sempre verosimili – storie di amore e odio, si collocano nella tradizione del romanzo d’appendice o feuilleton in cui si trovano tutte le tematiche consuete del genere e la tipica contrapposizione netta fra eroi positivi e personaggi infami. Una menzione al merito anche a Manzoni con il suo capolavoro I Promessi sposi.
Laura: Molti fanno risalire la storia del romance a Jane Austen, in quanto questa autrice, vissuta ai primi dell’Ottocento, affronta sempre tematiche legate all’amore e i suoi protagonisti maschili tuttora fanno sospirare milioni di lettrici – si pensi all’intramontabile Darcy – con il loro fascino. Tuttavia è all’inizio del Novecento che questo genere si diffonde, in Francia con i romanzi di Delly e in Inghilterra con quelli di Barbara Cartland, per poi raggiungere l’apice del successo tra gli anni ’80 e ’90, grazie ad autrici come Kathleen E. Woodiwiss, Johanna Lindsey e Judith McNaught, giusto per citarne alcune. Negli ultimi anni il romance si è arricchito di vari sottogeneri – prima si divideva solo in storico e contemporaneo – arrivando a comprendere il Paranormal, il New Adult, l’erotico, il chick-lit, il time-travel e il romantic suspense.
Viviana: Secondo me il romance come lo intendiamo oggi è assolutamente di derivazione anglosassone, e in particolare è quello che nasce negli anni ’70 con la Woodwiss, per la precisione con Il fiore e la fiamma. Il regency o lo storico di derivazione britannica, come quello di Georgette Heyer (il suo primo regency, Regency Buck, è del ’35), di Catherine Cookson o della stessa Cartland, rimangono molto lontani, come stile e background storico, da quelli americani di allora (che, dal punto di vista storico erano tutto fuorché accurati), anche se poi a quelli le americane si sarebbero ispirate. Dalla penna della Woodwiss è letteralmente esploso un genere nuovo, l’historical romance (a volte definito bodice ripper, cioè del corpetto strappato), che superava la narrativa sentimentale e negli anni si differenziava in decine di sottogeneri (ma di questo parleremo dopo). Con il romance nasceva per la prima volta una narrativa di massa– e sottolineo questa parola, di massa – dedicata alle donne (così come principalmente agli uomini si rivolgeva la narrativa di massa western, poliziesca, bellica, pornografica ecc.) che portava milioni di donne a leggere e quindi a comprare paperback, alimentando un mercato nuovo estramente florido su cui le CE si buttarono a pesce (Harlequin sbarca negli USA proprio all’inizio degli anni ‘70). Un’esplosione analoga, guidata dal romance, si è avuta con l’avvento del digitale.
Negli anni ’70 cominciano a scrivere autrici ancor oggi attive e acclamate, come Anne Stuart e Jude Devereux. La Balogh, la Roberts e la Chase seguono all’inizio degli anni ’80. Il motivo di questo successo? Alcuni hanno suggerito molto semplicemente che sia stata la più esplicita presenza di erotismo e di sesso nelle storie raccontate, così come si evince senza difficoltà dalle copertine (le famose bodice ripper cover, quelle con i corpetti strappati e l’onnipresenza di Fabio).
Forse le donne degli anni ’70, che avevano vissuto in un modo o nell’altro la nascita del femminismo, erano stanche di storie romantiche in cui il sesso, se entrava, era solo di sguincio.
Ora mi si potrà dire che ci sono prodromi del romance già nella letteratura medievale, per non dire in quella inglese (da Pamela di Samuel Richardson fino alla Austen o a Mary Shelley). Ovvio che gli scrittori o i cantori (compreso Omero) abbiano sempre raccontato l’amore, ma che c’entra col romance come lo intendiamo oggi? (La Austen, secondo me, è più un’icona del genere, che non un’autrice del genere.) O qualcuno potrebbe citare le fiabe come antenate del romance. Certo di Cenerentole o di Belle è piena la narrativa romance, ma le fiabe raccontano altro, happy ending a parte, sono spesso delle storie più d’orrore che d’amore e il principe, se c’è, spesso arriva solo nell’ultimo capitolo. Bietolone!
Il romance italiano, per decenni tenuto in un ghetto, ora sta vivendo un fase esplosiva grazie al digitale, non certo per le CE che, dopo una full immersion un po’ disordinata nella commedia romantica e nell’erotico, per il romance vero non hanno più spazio (debite eccezioni a parte). Cercano women’s fiction, più che altro.
Simona: Mi piace poter iniziare a parlare della storia del romanzo dal periodo dell’800, con un genere letterario che tiene sotto di sé diversi sottogeneri. La prima distinzione da fare, è quella tra la tradizione del novel e quella del romance. Non addentrandoci in un discorso troppo complicato, possiamo asserire che il novel è il conosciuto romanzo realistico, invece il romance è il romanzo che narra storie di fantasia e che assumono diverse forme. Il romanzo ottocentesco prevalse con il novel, poiché all’inizio dell’Ottocento acquistò importanza e si fece conoscere come romanzo realistico, che narrava di fatti reali in linea con il tempo.
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Sei d’accordo con la frase “Il romance è il genere che più si presta alle contaminazioni”? Puoi argomentare la tua risposta?
Mariangela: Va ribadito ancora una volta che parecchi generi di narrativa considerati più “nobili” non sputano sopra una bella storia d’amore. Negli ultimi anni si è visto il romance perfino nelle storie di vampiri, vedi la saga Twilight e il successo planetario che ha avuto. Serve aggiungere altro?
Laura: Sì, sono d’accordo. Può esistere una storia d’amore in qualsiasi tipo di romanzo, dal thriller a quello fantascientifico o al romanzo umoristico. L’amore fa parte del nostro vissuto. Sempre. Quindi, è difficile etichettarlo o limitarlo esclusivamente a un solo genere letterario.
Viviana: Se la storia d’amore rimane il punto focale della vicenda narrata, intorno ad essa si possono muovere damine del ‘700, navy seals in missione, cowboys alle prese con una mandria o vampiri assetati di sangue, il concetto non cambia. Non c’è situazione, periodo storico o mondo – fantastico o reale che sia – dove una storia d’amore non possa aver luogo (io, ad esempio, mi sono innamorata del romance leggendo Suzanne Brockmann e i suoi Troubleshooters, non leggendo Regency). Il sottogenere diventa uno strumento in mano all’autore per affrontare il romance da un punto di vista che lo ispira di più o che magari gli pare più originale. Ma attenzione! Se si scrive, ad esempio, un romantic suspense, la storia suspense non deve prevaricare quella d’amore. Se no si scrive un poliziesco o un thriller con storia d’amore annessa. L’autore, insomma, deve riuscire a onorare entrambi i generi (suspense e romance), ma lasciare la predominanza al romance .
Simona: Il romance si presta molto bene alle contaminazioni. Non seguendo la regola del “lieto fine”, può comprendere un sottobosco di generi dei più disparati e delle trame più particolari, dall’intelaiatura semplice sino alla più complessa, intricata, di qualunque genere. Non ha, insomma, corde che lo tengono legato. Esso è libero di esprimersi come vuole e narrare di ogni argomento, soddisfacendo i palati più esigenti.
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Romantic suspense, rosa crime, romance erotico, romance storico, commedia romantica contemporanea… uno di questi sotto-generi vi appartiene? E che cosa ti ha spinto a sceglierlo?
Mariangela: Ho scritto romanzi per ogni voce sopra elencata. Mi piace variare, con una predilezione assoluta per lo storico.
Laura: Ah, io amo il romance in tutte le sue forme. Dallo storico – il mio primo amore – all’erotico, il time-travel, il romantic suspense, e non disdegno neppure la commedia romantica o il New Adult. Tra questi, tuttavia, il genere che mi è più congeniale è l’erotico. Mi piacciono le storie un po’ piccanti. Cosa mi ha spinto a sceglierlo? Be’, ci sono arrivata un po’ per caso, quando sul blog “La mia biblioteca romantica” è stata indetta la rassegna “Rosso fuoco” e io vi ho partecipato con un racconto entrato nella rosa dei finalisti. Mi sono resa conto che scrivere erotico mi piaceva. Inoltre, questo è un genere che mi può permettere di spaziare: l’erotismo si può esprimere anche in uno storico o un suspense o un New Adult. Per l’erotico vale la stessa regola del romance: non vi sono limiti. Non a caso, il racconto con cui partecipai alla rassegna era un western.
Viviana: I generi hanno scelto me, non io loro. Scrivo commedie romantiche contemporanee e storici, ma vorrei tanto scrivere thriller, che è il mio genere preferito, come lettrice. Ma non ne sono capace. Non so, io credo di avere una buona vis comica e un discreto senso dell’ironia. Quando scrivo emergono quasi da soli, a volte devo cercare di tenerli a bada perché anche la battuta di troppo diventa inutile o pesante.
Simona: Lo storico, indubbiamente. Non è stata una scelta, mi sono sempre interessata alla storia ed è stato un bersaglio facile scegliere di scrivere storico. Personalmente, nasco come autrice di storici erotici, ma devo ammettere che, ultimamente, sono attratta di più dallo storico “rosa”, quello senza troppi coinvolgimenti sessuali. Il romanzo d’amore puro, quello dove il sentimento sorpassa la mera fisicità tra i due protagonisti. Periodo preferito? Vittoriano e primi 900.
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Maschi alpha e fanciulle timorose… oppure no? Sono cambiati i protagonisti del “romance”, rispetto agli inizi? E che tipo di protagonista (maschile e femminile) è più nelle tue corde?
Mariangela: Credo che un eroe sia un eroe e che si adatti da sé alle mode maschili del momento. Per quello che mi riguarda, amo protagoniste forti emotivamente, soprattutto indipendenti, e uomini alla loro altezza. Devo poter stimare i personaggi che interpretano le mie storie, essere in sintonia con loro e condividerne le scelte esistenziali.
Laura: L’immaginario collettivo cambia nel corso degli anni, quindi è giusto che si evolvano anche le tipologie dei personaggi. Perciò, la mia risposta è sì, i protagonisti sono cambiati. O meglio, c’è più varietà. Esistono ancora i maschi alpha, ma non solo quelli. Anche l’eroe tormentato può avere il suo fascino. O l’uomo crudele che si redime per amore, così come il libertino, l’intellettuale, ecc. E non è detto che l’eroina debba per forza essere una fanciulla timorosa e fragile, che deve essere salvata. Nei romantic suspense spesso troviamo protagoniste poliziotte, coraggiose e determinate, talvolta anche più degli uomini. Per quel che mi riguarda, anche qui mi piace spaziare. La mia eroina può essere una ragazza timida e insicura oppure una mangiauomini, spregiudicata ed estroversa, o ancora un’imbranata da paura. Uno dei motivi per cui amo questo lavoro è che tramite la scrittura posso vivere cento vite diverse, e cerco di non farmi mancare nulla in tal senso. 😉
Viviana: Eccome se sono cambiati! La lei è meno damsell in distress, e lui è meno alfa, meno tagliato con l’accetta, insomma. Le mie sono protagoniste intelligenti, smart, ironiche e assolutamente imperfette che amano la loro indipendenza e la difendono a ogni costo, se lo ritengono giusto. Possono anche accettare dei piccoli compromessi, ma non rinnegano ciò in cui credono neppure per amore. E i miei eroi… sì, sono fighi pazzeschi, ma sono anche fragili. La loro alfaggine è più uno schermo che la loro natura. Amano le donne intelligenti e non si sentono affatto sminuiti se la loro amata è più smart di loro, anzi ne sono orgogliosi. Se devi sognare, fallo alla grande! è il mio motto. Quindi: meglio sognare con Henry Cavill che con Woody Allen, o sbaglio?
Simona: I tempi si sono evoluti e con loro la scrittura, anche del romanzo rosa, che non è più in stile “Liala” (splendida autrice di qualche anno fa). Oggi, si tende a marcare di più la soggettività dei personaggi, a renderli più simili ad attori che girano una scena sul set. Si coinvolge il lettore, catapultandolo dentro al libro insieme ai protagonisti, evoluti come il genere letterario. La donna, in modo particolare, spesso risulta più forte, più dominatrice e restia alla remissività. Una figura più “maschile” nel suo genere, ma che rispecchia la nostra società, anche quando si scrive uno storico. In fin dei conti, non saranno state tutte sottomesse, in passato, non credete anche voi? Si capisce, dalle mie risposte, che amo molto definire il personaggio femminile nei miei romanzi, che non viene mai descritto debole.
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Sesso sì, o sesso no, nel “romance”? E perché?
Mariangela: Le scene d’amore per me sono fondamentali e mi sono veramente sbizzarrita con tutte le coppie che hanno consumato ardenti amplessi nei miei romanzi. Sesso, erotismo, passione, come nella vita, rendono una storia decisamente più coinvolgente. Però ho letto romanzi dove i protagonisti si scambiavano solo baci e qualche carezza audace, e nonostante questo l’erotismo trasudava dalle pagine.
Laura: Secondo me il sesso è a discrezione dell’autrice. Del resto, ci sono lettrici che amano le scene “hot” nel romance, e altre che le rifuggono. Per quanto mi riguarda, il sesso ci deve essere. Be’, scrivo erotici. Però ci sono romanzi che ho amato tantissimo in cui la scena più piccante era quella di un bacio. Vale a dire: non ci sono regole.
Viviana: Come lettrice il sesso per me non è fondamentale, ma come scrittrice lo metto sempre perché in una storia d’amore il sesso ha la sua parte. Non scrivo erotici, ma neppure romanzi per ragazzine. I miei protagonisti sono uomini e donne adulte, quindi è normale che “lo facciano”. Ma ancora più del mostrare il sesso, per me è importante far percepire al lettore il desiderio, la tensione erotica che continua a crescere fra i due protagonisti, ogni pagina un po’ di più. Uno sguardo, una carezza, un sospiro possono risultare più sensuali della descrizione di un rapporto completo. Di solito non metto più di due o tre scene di sesso, precedute da una o due fallimentari.
Simona: Tutto dipende dal genere. Un romanzo può essere hot o meno, mai però pornografico, non sarebbe più un romanzo d’amore. Il troppo sesso (se materialmente esplicito), secondo me rovina quell’atmosfera di dolcezza che una storia d’amore deve trasmettere. Per questo, sostengo che bisogna essere capaci di descrivere una scena di sesso, perché si rischia di rovinare l’intera trama se si commettono errori grossolani. Ricordiamoci sempre che il limite che separa erotismo da pornografia, è sottile come una velina.
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Se hai risposto “sesso sì” nel “romance”, come lo descrivi?
Mariangela: Sono molto realista: non scrivo pisello o dardo infuocato, per intenderci. La lei ha una vagina e lui un pene, mi baso sull’anatomia e basta .
Laura: In modo esplicito, ma mai volgare. Mi piace chiamare le cose col loro nome, senza nomignoli strani, ma cerco di puntare soprattutto sulle sensazioni, piuttosto che sulla descrizione delle parti anatomiche. E poi, secondo me, ciò che conta veramente è la tensione erotica che si crea tra i protagonisti, non tanto l’atto sessuale in sé, che deve esserci, ma deve risultare subordinato a quest’ultima.
Viviana: In modo esplicito, anche se non uso termini volgari e non descrivo le parti anatomiche e il loro stato chimico-fisico, e anche se il mio sesso non sarà mai “famolo strano”, non troppo, almeno. Insomma, chi legge le mie scene di sesso capisce benissimo cosa stanno combinando quei due (e possono combinarne più di Bertoldo!), ma cerco di trovare degli alleggerimenti ironici, per non dire comici, perché il sesso gioioso, secondo me, è meglio del sesso preso troppo sul serio. E anche se i miei due eroi non sono impegnati in una sveltina, ma incominciano dall’antipasto e arrivano al dessert, cerco io di velocizzare la scena: tutto compreso al massimo un paio di pagine, se voglio esagerare tre. A proposito di tre: se dovessi descrivere una scena a tre sarebbe da morire dal ridere.
Simona: Come dicevo sopra, esplicito, ma mai volgare. Ci sto molto attenta e non mi dilungo mai troppo nella scena. Non amo i romanzi dove il momento intimo tra i due protagonisti viene narrato a lungo, descrivendo ogni “posizione”; mi rovina tutto il libro.
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Hai mai trasgredito alle “regole” del romance? E se sì, in quale libro? Puoi allegare uno o più estratti.
Mariangela: In genere rispetto i cliché, ma di recente mi hanno rimproverato di aver trasgredito le regole per Un sogno all’improvviso: i due protagonisti fanno l’amore nella foresteria di un convento e inoltre non sono sposati.
Laura: Sì, l’ho fatto. In “Prigioniera del tempo” la storia d’amore non ha un lieto fine, ma è una scelta dovuta al fatto che il libro ha un suo sequel, in cui tutti i pezzi del puzzle troveranno la giusta collocazione. Ma non voglio fare spoiler perché è ancora viva in me l’intenzione di riprendere in mano questi due romanzi e ripubblicarli, ancora non so se come self o con una casa editrice alle spalle.
Viviana: Ho trasgredito una volta, quando ho pubblicato un prequel non autoconclusivo- La traversata, specificando bene nella sinossi che: a) si trattava di un prequel; b) che la storia non si concludeva. A ripensarci, forse non l’ho specificato poi così bene, perché non sono state poche le lettrici che non hanno recepito il messaggio. Mi è spiaciuto sinceramente, perché, nonostante tutto e il fatto che evidentemente non avevano letto la sinossi, mi è sembrato di tradirle.
Simona: Direi di no. Cerco di attenermi alle regole più che posso, anche se le mie donne sono sempre un po’ sopra le righe.
Un ringraziamento vivissimo a tutte le partecipanti alla tavola rotonda. Qui ci sono le chiavi per togliere le catene dalla caviglia.
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Potete trovare i romanzi delle nostre autrici qui:
Post molto interessante per i diversi punti di vista delle intervistate, quattro autrici autorevoli, schiette e con le idee chiare. Per ciò che mi riguarda, sia come autrice sia come lettrice, sono sempre più attratta dalla contaminazione – non me ne vogliate, ragazze, ma via quelle catene… 🙂 Complimenti a Babette per l’esauriente Tavola rotonda.
Grazie, Terri.
Cara Terri, avrai allora letto le mie risposte. Io sono la pecora nera… quella che va un po’ controcorrente, quella che ci mette regole “sue” e che non sempre viene apprezzata. Ma tant’è…
È vero, sono favorevole alla contaminazione, anche se non troppo perché il rosa deve restare comunque rosa, il lieto fine assicurato. “Violentarlo” lievemente durante la stesura, a me non dispiace… 😉
Simo
Carinissime e padrone del genere!
Grazie Babette per aver organizzato e ospitato questa tavola rotonda. Sono onorata di avervi preso parte.
Riprendendo il discorso iniziato più sopra, contaminare va benissimo, naturalmente.
Ma, dal mio punto di vista, io credo che più che contaminare cercherò sempre di rivisitare il genere mettendogli qualcosa di mio e solo mio. Mi piacerebbe che un giorno, leggendo un brano anonimo, le lettrici riuscissero a riconoscermi dallo stile e anche dalla trama.
Ambiziosa, più che presuntuosa, vi assicuro.
Ancora grazie Babette, grazie alle colleghe che hanno animato la discussione e grazie anche a chi ha letto il post e a chi lo leggerà.
Un abbraccio dalla Viviana,
Grazie a te, Viv. Ricambio l’abbraccio.
A me le contaminazioni nel romance non dispiacciono affatto. Purché ovviamente ci sia il lieto fine, che così tanto amo. Lo trovo rassicurante. Per il resto sono aperta alle sperimentazioni e ad aprire nuove strade. Perché no?
Adoro le contaminazioni!