Ci vuole una premessa. Che cosa è l’editing? Lo abbiamo chiesto a Maria Masella (Serie del Commissario Mariani, Serie di Maritano e Ardini, più innumerevoli romance storici e contemporanei).
L’EDITING è come il sale in cucina. Essenziale (pure nei dolci) ma da maneggiare con cura.
Se è poco, i vari sapori sono insipidi, ma se è in eccesso, annulla tutto: i piatti in cui è stato messo troppo sale si assomigliano, sono tutti uguali.
Non conta soltanto la quantità, ma anche la modalità in cui viene aggiunto. Lo sappiamo vero che nella carne si mette alla fine? E con le verdure saltate, subito se vuoi che diano il liquido; nel fritto l’attimo prima di servire.
C’è un editing che è assoluta COMPETENZA DELL’AUTORE, fatto in itinere o alla fine, ma è una valutazione sugli obiettivi: quelli raggiunti e quali no . Fase terribile perché quello che abbiamo scritto è sempre meraviglioso o orrendo. Il pericolo è trasformare la nostra bozza in un PRODOTTO IDENTICO AGLI ALTRI.
C’è un editing che è assoluta COMPETENZA DI UN ESPERTO ESTRANEO ALLA FASE DI SCRITTURA. Non funzionano l’amico o l’amica a cui abbiamo parlato del romanzo. In questa fase il romanzo deve essere letto da chi non ne sa nulla, quindi… niente pregiudizi.
C’è l’editing a quattro mani in cui l’esterno evidenzia eventuali buchi neri nella storia e l’autore provvede. Ho detto “buchi” in senso lato. A volte l’esterno propone anche uno spostamento di pezzi (sono una spostata spostante).
Di nuovo a quattro mani, la CORREZIONE DI BOZZE che non è editing, ma a volte gli errori di battitura pregiudicano la leggibilità.
Mi piace il lavoro di editing. Avessi tempo, lo farei volentieri anche da esterna su testi non miei. Ora lo so che state ridendo: il vizio di fare l’acida prof non l’ho persa!
Fin qui, la prof Masella. Poi, si sono affastellati i pareri di autrici e lettrici (gli uomini, come al solito, sono latitanti nel gruppo. Qualcuno si fa vedere solo per la pubblicità). Ne riporto alcuni.
Molto tagliente l’intervento di Fernanda Romani (Serie di Endora): Per quanto riguarda il mainstream non sono in grado di giudicare poiché non ne leggo molto. Spostando il discorso sulla narrativa di genere, considero l’editing prezioso e spesso carente, ma pensando al genere che scrivo, il fantasy, ricordo quando lessi un articolo dove si analizzava quanto era accaduto nel mondo dell’editoria dopo il successo di Licia Troisi. L’opinione diffusa era che quel successo avesse bloccato la creatività del fantasy italiano. Le case editrici chiedevano soltanto romanzi “alla Troisi”, accettando anche testi acerbi e di scarsa qualità, che poi venivano sistemati dall’editor. Dall’altra parte, decine di aspiranti scrittori furono ben felici di dar loro quanto cercavano, adattandosi allo standard richiesto; chi tentava altre strade veniva rifiutato. Tutto questo per dire che la colpa non è mai da una parte sola. Sono state le case editrici a diffondere il mito del “tanto poi ci pensa l’editor”, ma parecchi autori con quel mito ci hanno marciato alla grande e ancora lo inseguono. Gli editori devono incassare e cercano il prodotto in grado di vendere, gli autori vogliono pubblicare e si piegano al mercato. Il risultato è un appiattimento generale. Se è accaduto nel campo del fantasy, può benissimo accadere anche in altri ambiti. Ma, secondo me, questo snatura il compito dell’editor, che è quello di migliorare il testo, non di farne la fotocopia di altri mille. Poi, naturalmente, bisogna portare il pane in tavola.
Sara Benatti (traduttrice) parla da lettrice: Troppo editing? Non lo so. Forse troppo poco?
Da lettrice, vedo case editrici anche blasonate far uscire libri che francamente avrebbero bisogno di più lavoro. E non è una novità, lo hanno sempre fatto, si vede anche nella roba vecchia.
Allo stesso tempo, ho la netta impressione che non ci sia alcun bisogno di editing e di politiche editoriali per standardizzare diciamo l’80 per cento abbondante della produzione, dato che la reazione standard degli scrittori esordienti o aspiranti o emergenti è vedere una cosa che piace e/o ha successo e precipitarsi en masse a rifarla (con la stessa logica con cui gli editori cercheranno di rivendere loro infinite fotocopie).
E sempre allo stesso tempo, credo che il panorama della roba scritta male sia equamente diviso tra “tanto poi ci pensa l’editor” e “non avrà nessun bisogno di editing, è perfetto”.
Laura Costantini (autrice della Serie Diario Vittoriano e di numerosi romanzi in coppia con Loredana Falcone): Troppo editing? Sì, ne sono convinta. E per averlo detto mi sono fatti parecchi nemici. Ritengo che non ci si possa ritenere scrittori se, nel turbine della creazione, si butta giù alla “come viene viene”, senza osservare le regole basilari della grammatica e della sintassi, “tanto poi ci pensa l’editor”. Perché il lavoro dell’editor non è quello della maestrina dalla penna rossa. E ancora: dire che nessun manoscritto possa considerarsi valido senza che prima ci sia passato un editor a dargli un senso è una sesquipedale corbelleria. Per aver risposto a questa affermazione con un “dipende dai manoscritti”, sono stata iscritta nel libro nero di gente che ritiene di “contare” molto nel mondo dell’editoria. Sono sopravvissuta benissimo.
L’editing è importante. L’editor deve essere un grandissimo professionista e devo rispettare l’anima del manoscritto che ha in mano. Non succede spesso, purtroppo, e ne consegue che l’editing viene “piegato” alle logiche di mercato cercando di semplificare, banalizzare, conformare. Ebbene, ritengo che “semplice”, “banale” e “conforme” siano aggettivi che accostati a “scrittura” diano la misura del disvalore di un romanzo.
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