Nei primi anni del Novecento a Pietraia, un paesino abbarbicato su un costone di roccia, arriva a dorso di mulo una giovane donna: il suo nome è Maddalena.
Dopo un’iniziale diffidenza, la nuova Mammana diventa ben presto punto di riferimento indispensabile per tutte le donne del paese.
Un giorno Maddalena sparisce inaspettatamente, lasciando tutti gli abitanti in preda allo sgomento e a un profondo senso di abbandono.
Maddalena, che tutti in paese ormai chiamavano La Mammana, aveva fatto nascere quasi tutti i bambini da quando la precedente levatrice era venuta a mancare.
Era entrata in tutte le case, ed era a conoscenza delle storie intime di tutte le donne che si affidavano a lei quasi come a una Santa.
Un romanzo delicato che affronta la questione femminile riportando alla memoria antiche usanze e consuetudini, tipiche della società patriarcale di inizio Novecento, che governavano la vita di tutti nei piccoli paesini rurali d’Italia.
Maddalena è l’archetipo della donna moderna, libera di scegliere per sé, noncurante del giudizio altrui, a differenza di tutte le donne che si trova ad aiutare.

Titolo: Le donne di Maddalena.
Autrice: Giuseppina Mormandi.
Genere: Romanzo storico.
Editore: Blitos.
Prezzo: euro 3,90 (eBook); euro 16,90 (copertina flessibile).
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In un paese dell’entroterra meridionale, abbarbicato su una collina, arriva una bella ragazza che conduce un asino su cui ci sono i suoi pochi averi e una sedia consumata dall’uso ma pulitissima.
Siamo nella seconda decade del Novecento, la giovane si chiama Maddalena e la sedia la qualifica come levatrice o Mammana come si diceva di coloro che aiutavano le partorienti e in genere tutte le donne che avevano vergogna, o timore, o il divieto di consultare un medico.

Maddalena, bella, alta, solare, con una lunga treccia di capelli neri attorno al capo e un paio di piccoli orecchini d’oro a forma di ape con una M stilizzata sovrapposta, diventa subito il sogno impossibile del farmacista,  don Alessandro,  il nuovo argomento della pettegola del paese e l’ imbarazzo malevolo del parroco, don Luigi,  che non ha alcuna dimestichezza con l’altro sesso. Ma anche la confidente, l’amica, la salvezza per la parte femminile che la chiama non solo per i parti, numerosi, ma anche per qualunque altro problema. Ed è così che spesso la si vede, a dorso del suo asinello, recarsi giù dalla montagna con una cesta ben coperta sotto cui cela un involto da lasciare sulla ruota del convento della monache che sta nella piana sotto il paese.
Non sempre la cose vanno come devono e quando capita il peggio, Maddalena che ha appreso il mestiere dalla nonna e dalla mamma, si rammarica di non aver potuto studiare di più per poter aiutare al meglio, sia da sola che accanto al medico don Lorenzo.

La giovane, quando guarda i bimbi che ha fatto nascere e l’amore negli occhi di qualche coppia, sente qualcosa  nel cuore, come un vuoto, a cui però  non pensa più di tanto perché il lavoro è molto impegnativo.

A un certo punto, senza avvisare nessuno -almeno apparentemente-, la Mammana scompare e lascia tutti in sospeso: i paesani non sanno cosa pensare e le ipotesi si confondono l’una con l’altra, sino a quando la giovane ritorna e tutto torna  a posto con una doppia sorpresa nel finale della storia.

Questo romanzo è un omaggio a tutte le donne che nel passato e anche nel presente, dal momento che certe tradizioni sono ancora in vita, hanno sofferto e soffrono per la loro condizione.
L’autrice ci parla delle vedove bianche che aspettano, senza mai perdere quel filo di speranza, che i loro uomini o si rifacciano vivi o le  mandino a chiamare là dove sono emigrati in cerca di fortuna. Spesso sono donne che invecchiano in una attesa inutile. E anche di quelle che, rendendosi conto di non poter sfamare altri figli o di non essere in grado di tenerli, le chiedono di rimediare perché la loro vita è già grama e la povertà o il disonore aumenterebbero il carico sulle loro spalle.
Ci sono stati momenti durante la lettura in cui mi sono commossa, sia perché le tragedie non sono mancate, sia perché la speranza veniva meno man mano che il tempo passava.

Il romanzo abbraccia poco più di un decennio, ma è sufficiente a mostrare quanto sia stata dura la vita delle donne, sia per la povertà aumentata dopo la Grande Guerra, sia per l’epidemia di spagnola, ma anche per il ruolo di inferiorità in cui erano relegate, vuoi per la tradizione tutta al maschile, che per la mancanza di cultura.
Bella la copertina che, pur non essendo fedelissima, mette in luce la solitudine Maddalena e delle sue compagne e mi fa piacere che il libro sia stato premiato a un concorso letterario che promuove la parità di genere.
La narrazione, in terza persona, ha un po’ lo stile della cronaca, ma non quella asettica che si limita a dare la notizia e poi va oltre. Qui la scrittrice è riuscita a far entrare i sentimenti, le considerazioni e le ambiguità di certi personaggi. Leggendo queste pagine si ha l’impressione di vedere una  pellicola in bianco/nero, non perché in queste donne non ci sia il colore, semplicemente perché pian piano viene  meno la loro capacità di sognare e il grigiore invade mente e  cuore.
Vita e natura si uniscono in un dialogo muto che racconta un mondo di speranze e sofferenze. In un racconto dolce/amaro che, se da un lato commuove, dall’altro suscita ammirazione perché, nonostante tutto, queste donne hanno combattuto sino alla fine sapendo che avrebbero perso, ma con quella tenue speranza in un angolo del cuore non si sono mai fatte disarmare.