Essenzialmente ho iniziato a scrivere… perché a casa non mi facevano mai parlare.
Oggi tocca a Marilena Tealdi rispondere alla domanda “quando hai cominciato a scrivere?”
Questo breve passaggio da un’intervista che mi hanno fatto un paio di anni fa lo spiega meglio.
“È accaduto da bambina. Farmi nascere per ultima in una famiglia piena di persone innamorate del suono della loro voce non è stata una gran trovata da parte dei miei genitori. A nessuno pareva interessare cosa avessi da dire e se provavo ad aprire bocca mi sovrastavano coi loro discorsi, come se non esistessi. Ero arrivata al punto che quelle rare volte in cui mi concedevano di parlare balbettavo o mitragliavo frasi a raffica per l’ansia da “Oddio, adesso mi spengono”. Avevo capito che solo nei mondi creati dalla scrittura avrei potuto liberarmi del ruolo da ascoltatrice muta che mi avevano appiccicato addosso, così già in età prescolare scalpitavo per andare a scuola.
Realizzato il mio sogno imparai a leggere e a scrivere in un batter d’occhio. Ero così felice di poter sbobinare tutte le parole che si agitavano nella mia testa che in seconda elementare intrapresi la stesura di un romanzo di fantascienza per bambini. Non l’ho mai completato, tuttavia conservo ancora i fogli scritti a mano.
Il confronto col mondo editoriale è arrivato quasi quarant’anni dopo, nell’autunno del 2011, una sera per caso. Mi ero imbattuta nel forum della “Writers Magazine Italia”, mentre erano in corso le selezioni per l’antologia “365 Racconti sulla Fine del Mondo”, di Delos Books. Non avevo mai seguito corsi di scrittura né spedito niente a un editore, avevo solo un grande amore per la fantascienza e un’agenda piene di idee annotate negli anni con la promessa di svilupparle, un giorno, chissà quando. Quella sera mi sono detta “Perché no?” Al secondo tentativo ho superato la selezione.”
Perché scrivo? Non soltanto perché è terapeutico, ma anche per condividere.
“Per me, è anche il mezzo attraverso il quale esprimo i sentimenti che provo per l’universo. Me ne sono innamorata quando ero bambina. Vedevo le stelle sorridermi e quel telo nero così pieno di misteri… Poiché era impossibile raggiungerlo fisicamente, decisi che avrei studiato fisica. Il mio obiettivo era diventare ricercatore negli Stati Uniti. Volevo carpire i suoi segreti e rivelarli sia pubblicandoli sulle riviste scientifiche, per stimolare l’emisfero sinistro del cervello, quello razionale, sia tramite romanzi, per i profani, che puoi avvicinare alla scienza solo parlando al loro emisfero destro, quello deputato alle emozioni. La vita mi ha portato a fare altri lavori, ma le storie sono rimaste, insieme alla voglia di raccontarle.”
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