Una ricerca appena pubblicata conferma che i ragazzi usano molto i social. Lo studio ha riguardato circa 2300 preadolescenti e ha avuto lo scopo di comprendere quale sia l’approccio ai social network e quali siano le conseguenze. Rispetto ad app come Whatsapp e Telegram, ne usufruisce circa il 90/95 %. In Italia l’uso dei social è consentito solo dai 14 anni o in certi casi dai 16, ma in realtà i limiti vengono superati facilmente e anche i più piccoli entrano e interagiscono. Un problema a mio avviso importante è che i genitori non controllano i figli nell’utilizzo dei social.

Sono emerse due modalità di approccio ai social: una è di matrice passiva, ovvero con la visualizzazione di foto, video e di storie generalmente di amici e parenti, ma anche di influencer, che possono veicolare i pensieri dei ragazzini; l’altra è di matrice attiva e si esplica mediante la condivisione di foto, video, storie. E qui si entra nelle problematiche della sicurezza e della privacy.

Riguardo a quest’ultima istanza, i giovanissimi sono poco consapevoli e informati rispetto alle conseguenze relative alla condivisione di foto e video personali. I dati della ricerca rivelano che i social influenzano in modo determinante i comportamenti, ergendosi a modelli esistenziali. Per le nuove generazioni non vi è molta distinzione fra vita reale e virtuale, in quanto considerano tutto lo scibile umano in un medesimo paradigma. Tale concettualizzazione è ambivalente perché offre aspetti sia positivi che negativi. Da una parte vi è la possibilità di rapportarsi con persone in ogni parte della Terra, dall’altra ci sono pericoli davvero seri.

Circa il 30/40 % dei giovani intervistati per l’indagine desidererebbe esistere nella vita reale così come vivono in quella virtuale, cioè il digitale dovrebbe essere il reale. Ciò dà origine a tutta una serie di problemi quali: ansia, ricerca della perfezione, non accettazione del proprio aspetto fisico. In questo modo i preadolescenti e gli adolescenti sono immersi in una società priva di valori e principi reali e concreti. Allora la problematica investe tutti: genitori, adulti di riferimento, insegnanti, educatori, animatori. Dobbiamo ripensare insieme le basi di una comunità davvero educante in cui essere in grado di fungere da guide e di comprendere i bisogni dei ragazzi che vivono in tale dimensione iperreale. A scuola sarebbe opportuno aggiornare i contenute e creare dei modelli culturali, sociali ed educativi contemporanei in risposta ai bisogni e proporre soluzioni alle nuove generazioni.

È da poco uscito il romanzo “Io sono Darty”, in cui Chiara Vergani racconta la sua vita con il gatto di casa. Seguite il link QUI per leggerne la presentazione.