Una guida spericolata per genitori senza patente. Un viaggio tragicomico all’interno della galassia chiamata famiglia. Un uomo e una donna che scoppiano di gioia all’idea di diventare genitori.
Questo libro racconta le tappe di un viaggio speciale, quello di due persone che decidono di mettere al mondo dei figli, seguendo strade per le quali più che prendere la patente, occorre imparare a riconoscere i segnali.
Perché essere mamma e papà non è solo il mestiere più antico del mondo ma anche il meno noto e il più diffuso. Molte realtà diverse ma tutte accomunate da una sola certezza: nessuno mai ti prepara a ciò che devi affrontare, non esiste alcun corso, né laurea, né patente, solo esperienza diretta sul campo.
Un buffo tuffo con risvolti comici e tragici, ma con l’Amore a fare da leva assoluta su cui si impernia sempre, in qualche modo, quella meravigliosa avventura che si chiama: famiglia.
Titolo: Guida astronomica per genitori alienati.
Autori: Giorgia Golfetto & Massimo Della Penna.
Genere: Narrativa italiana.
Editore: Self-Publishing.
Prezzo: euro 1,99 (eBook); euro 6,99 (cartaceo).
Un “dietro le quinte” un po’ particolare…
La versione di Giorgia:
Quando Avvo mi fece la “proposta” (nulla a che vedere con Redford, eh) ne fui lusingata ed entusiasta (sicuramente più di Demi Moore!).
Unire, però, due menti diverse, due stili e due metodologie non sarebbe stato facile, già lo sapevo.
E invece è stato naturale come mangiare la panna montata direttamente dalla bomboletta.
Nonostante gli orari e la mentalità opposti: nord e sud, abbiamo fuso le quattro mani che sono diventate due.
A rileggerlo fatico a riconoscerne la proprietà intellettuale.
D’altronde siamo una mamma e un papà e una coppia, ma solo sulla carta che leggerete.
La versione di Massimo:
Quando feci la “proposta” alla Demi Moore di Amazon (!), costei non disse certo “sono lusingata” bensì “Entro quando? Scrivi prima tu? Un capitolo a testa? E il titolo?”.
Capii subito che unire una grande mente a un gran demente, non sarebbe stato facile. Poi, invece, in un modo naturale che aveva dell’innaturale, siamo andati avanti senza mai obiettare nulla anche quando l’altro riscriveva un nostro capitolo.
Alla fine io e la Toffanin di Amazon non abbiamo fatto un libro a 4 mani, ma un libro insieme. Quello che forse dovrebbero fare le coppie vere: fare le cose insieme. Insieme davvero.
La versione concordata:
L’idea per un libro a quattro mani è venuta a Massimo. Mi ha contattata e mi ha chiesto se me la sentivo di provare a scrivere un libro insieme, dove però non ci fossero linee di demarcazione tra i nostri rispettivi ruoli. Di difficoltà, a dire il vero, ne abbiamo incontrate poche, la verità è che quando uno di noi due era in affanno, gli è bastato lasciare andare avanti l’altro. Non abbiamo mai avuto un dissenso, benché ci siamo fatti “le pulci” a vicenda, tagliando, riformulando, aggiungendo e storpiando anche le cose scritte dall’altro. Anche se le voci narranti sono due nel libro, una di donna e una di uomo, non è affatto detto che Massimo abbia scritto i pezzi della voce maschile o io di quella femminile. Ogni singola riga è stata scritta davvero a quattro mani, perché per ogni capitolo scritto l’altro interveniva a più riprese durante la stesura.
Il libro vuole planare leggero su quel mare di piombo che a volte sembra essere la vita del genitore, per cui ci siamo impegnati a far ridere quanto più possibile il lettore ideale che dovrebbe essere uno di noi: un genitore ancora nel tunnel! Che poi, da quel tunnel, forse non si esce mai ed è bello così. Non abbiamo grosse pretese, tranne quella di strappare un sorriso e una riflessione sul mestiere più duro del mondo, quello di padri e madri.
Un assaggio…
Genitori si diventa molto presto, direi nel backstage di quella grande recita che è la vita. Quando sul palcoscenico si affacciano i figli. Recita che, per molti aspetti, ha tutta l’aria (e il profumo, soprattutto il profumo) di una tragedia. A prescindere dalle moderne teorie a favore dell’utero in affitto, in comodato o in locazione commerciale transitoria, ignorando bellamente secoli di speculazione filosofica e giuridica su quale sia il vero punto iniziale della vita, io dico che genitori si diventa nel momento in cui si decide di diventarlo. Ben prima di comprare il test di gravidanza. Nel preciso istante in cui ti guardi con tua moglie/marito/compagno o, per evitare discriminazioni di gender, nel momento in cui futuro-genitore-uno guarda negli occhi futuro-genitore-due e dice “facciamolo”, si diventa genitori. Il che, sostanzialmente, significa diventare paranoici, ossessivi, compulsivi, schizofrenici e piagnoni (in poche parole, si diventa donna) [Se mio marito inizia così con le parentesi, prevedo il divorzio prima della fine del libro; come avrete intuito, è un libro scritto a quattro mani e un cervello e mezzo, il mezzo è il suo!]. Succede questo. Tu decidi di metterlo al mondo, questo marmocchio che in tanti ti chiedono di fare da ogni parte del globo parentale, neanche il governo avesse promesso due milioni di euro a chiunque sia parente entro il settimo grado di ogni neonato. E subito si palesano le prime gravi differenze tra uomo e donna. Già, uomo e donna. Non ricordo chi disse che un uomo e una donna sono le due persone meno adatte in assoluto a sposarsi e vivere insieme. L’uomo, la decisione testé menzionata, la prende con grande brio: finalmente si tromba senza cappucci e interruzioni e pillole e calcoli astronomici. Così la pensa, l’uomo (esattamente, quand’è che la penserebbe in modo diverso?) Errore! Per la donna, la decisione comporta tutta una serie di riti propiziatori (già si prefigura e forse addirittura azzarda lo shopping pre-maman; in ogni caso, la prima tutina sarà comprata, messa sul letto, fotografata e inviata a ottocento contatti al massimo entro il quarto mese, provare per credere). Il suo entusiasmo dura un paio di sveltine. Al terzo mese di mestruo, inizia a ottimizzare le probabilità. Ti fa trovare la spremuta d’arancia e le salviettine sterilizzanti con cui dovresti pulire una parte di te che, di solito, non pulisci con salviettine sterilizzanti (diciamocela, non lo pulisci neppure con salviette normali, né con acqua e sapone, di solito), soprattutto ti viene il sospetto, a te che sei uomo, che non vada bene usare una roba sterilizzante su un attrezzo che ti serve per fertilizzare.
Attenti a quei due!
Massimo nasce in un paesino dell’entroterra campano. Cresciuto nella campagna della Campania (che se si chiama Campania, un motivo forse c’è) e in una situazione a dir poco disagevole finanziariamente, emigra appena finiti gli studi, come una rondine contromano, andando da un paese caldo verso la grande e fredda Milano.
Dopo un decennio d’avvocatura d’affari ambrosiana, apre un blog che nel giro di quattro anni raccoglie migliaia di lettori. Tuttavia, un collega e amico di vecchia data decide di rivelare la sua identità di blogger, segreta fino a quel momento, al loro comune capo: ne scaturisce un licenziamento in tronco. Con una figlio in arrivo e una moglie a casa, Massimo deve reinventarsi nel bel mezzo della crisi finanziaria più dura del secolo, la c.d. crisi dei subprime, mentre qualche governante simpaticone si ostina a dire che i ristoranti sono pieni e non vede crisi.
Dopo un anno di ricerca, trova lavoro in una nuova città, Torino, dove si trasferisce con la famiglia e inizia da capo. Per quattro anni non tocca più penna, dato il trauma del licenziamento, ma poi decide di riprovarci: riapre un blog pubblica il primo libro (L’ultimo Abele) in self-publishing.
Ha una pagina Facebook dove scrive solo i suoi pensieri. Ha pubblicato altri due libri che fanno parte di una tetralogia: “Sono solo io” e “Boris”, entrambi sottotitolati “Storia di uno strano”. In autunno uscirà il terzo volume. E, a quanto pare, non ha alcuna intenzione di fermarsi qui.
Giorgia nasce, cresce e vive in Veneto. Impiegata prima e mamma poi… e per sempre.
Le due piccole pesti allietano e riempiono le sue giornate già piene. Ma quando il cielo si tinge del blu della sera, Giorgia inizia a rilassarsi e mentre tutti dormono lei scrive.
Non sempre ciò che scrive è pubblico, alcuni pensieri restano solo impressi sulla carta come fossero una porta aperta dell’anima. Un giorno, però, decide di sfidare se stessa e scrive un libro.
Un amico le consiglia di provare a buttarsi nel grande mare del self publishing. Ma Giorgia tentenna, il marito insiste (pure lui!) perché ci provi e lei, alla fine, si lancia nel vuoto.
Polvere sui ricordi è il suo romanzo d’esordio, e in autunno pubblicherà il secondo e poi ancora.
Forse quel tuffo nel vuoto prima o poi la porterà a schiantarsi con la realtà, ma per ora il viaggio è fantastico!
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