Ho chiesto a Babette se potevo scrivere un pezzo, lei ha risposto di sì e mi ha dato carta bianca.
Quindi posso raccontare in libertà. Che ne dite di un po’ di dietro le quinte?
Nel 2020 pensavo di aver concluso con LE PORTE DELLA NOTTE la trilogia Maritano-Ardini.
Ma cominciavano ad arrivare frammenti, scene. Non è facile spiegare: chi ha la mia età ricorda che al cinema fra una programmazione e l’altra proiettavano “alcune scene”. Dei film in arrivo ti mostravano pezzetti isolati, neppure nella corretta sequenza. Per me era normale cercare di riordinarli e capire la storia. Ecco, quando mi arrivano le idee per un nuovo romanzo il processo è identico. Frammenti slegati, spesso contraddittori fra loro; poi succede qualcosa e i frammenti cominciano ad assestarsi e il romanzo nasce. Spesso so con discreta precisione il giorno, perché ricordo l’occasione.
UN POSTO PER MORIRE è nato il 26 settembre 2020.
Ero stata invitata a Ormea, perché mi conferivano un premio alla carriera, La Quercia del Myr. Conosco bene il Cuneese, ma da cinquant’anni non percorrevo l’Alta Val Tanaro. Ritrovavo e scoprivo.
Passo dopo passo diventavo Tea. L’umidità della Chiesa di san Martino e il freddo dalla grotta-cappella le ho sentite. Diventavo Tea che va a Ormea per un funerale e perché ha ricevuto in eredità un rustico riadattato.
Quei rustici li conoscevo bene e ancora di più sapevo quanto anche poche settimane cambiassero l’aspetto dei monti: si vede ciò che era celato dalla vegetazione, mentre si nasconde ciò che era visibile.
Nella notte fra il 26 e il 27 avevo inseguito inutilmente il sonno. C’era freddo, ma il bagno aveva un’ampia finestra. Battevo i denti, stretta nel piumotto leggero (il giorno prima ero al mare!), sfumacchiando e guardando il cielo notturno. La storia prendeva forma. No, non “chi ha ucciso e perché”, per quello ci sarebbe stato tempo, ma tutto il resto.
Tornata a casa, ho cominciato a buttare giù la grossa. Ma avevo bisogno di una location genovese. Colpo di fortuna: Carlo Frilli mi chiede di accompagnarlo in uno Studio di registrazione per promuovere l’antologia dedicata a suo padre, perché non era possibile incontrare gli autori e il pubblico da Feltrinelli. Accetto. Ovvio. Ancora più ovvio che mi imbatta nella location perfetta. Si arriva dal basso (dal Bisagno) e dall’alto (Corso Montegrappa). Come a Ormea si arriva da Ceva o dal mare.
Alla soluzione si arriverà da due parti.
Soluzione? Dimenticate le chiuse rassicuranti. Che scoprire la verità renda più felici o almeno sereni è discutibile.
Un brano per voi:
“È sufficiente il giusto incentivo per indurci a rimodellare la verità.”
Sì, parlo sempre della verità.
E in questo noir c’è tanto amore, l’amore che fa star male, che spinge a commettere errori, che non dà tregua. Amore non rassicurante, mai.
E facciamoci due risate. (Nota: dettaglio riservato a Babette e alle signore del blog):
“accavalla le lunghe gambe posando il polpaccio della destra sul ginocchio della sinistra”.
Devo aver già raccontato che sono miope (talpetta tappetta, era il mio soprannome). Stare più di un’ora sul palco quando non vedi neppure le espressioni di chi siede in prima fila è pesante. Fra l’altro sono una che si muove più che volentieri. Che si fa? Si tengono gli occhi su chi è sul palco con noi.
La sedia che per me era troppo alta (perché la punta dei miei piedi toccasse terra stavo seduta sul bordo), per l’altro Collega premiato era troppo bassa. Ho descritto il gesto di un notissimo scrittore di noir. Volete una morale? Persino su una sedia è impossibile un giudizio condiviso.
La cover?
Ero da pochi giorni tornata a Genova, quando ho ricevuto alcune foto dalla collega Paola Varalli: le ho chiesto l’autorizzazione a usare quella di una porta. Per me era perfetta, ma non è stato possibile usarla perché si “sgranava”. Ne è stata cercata un’altra all’altezza e la vite color sangue è stata giusta. Sì, è la cover giusta; chi leggerà scoprirà tanti luoghi chiusi e persone chiuse e rinchiuse.
Ora vi accludo una mappa, forse utile. Fra Albenga e Ormea c’è il Col di Nava, Alpi Liguri.
E due di Genova: il bar di Maritano è in piazza Manzoni.
Amo Mariani, ma la complessità psicologica di Tea e Marco la trovo molto interessante. E sarà un buono spunto di riflessione per me
Ho letto alcuni Mariani, ma non mi sono ancora avvicinata a Teresa. Deve essere un personaggio molto interessante.
Ormai i racconti di Maria Masella sono un appuntamento atteso ed irrinunciabile. Mariani resta il mio primo amore ma anche Teresa arriva puntuale su kobo e sullo scaffale della mia libreria. Più profonde e analitiche le indagini della Maritano, più leggere, ma neanche poi tanto, quelle di Mariani. Bella la scelta della cover che qualcosa dice di ciò che il lettore troverà tra le pagine. Bentornata professoressa e…attendiamo il Mariani d’autunno godendoci questo suo nuovo lavoro.
Tea e Marco e le loro storie m sono piaciuti molto, sono personaggi molto complessi. Di Mariani per il momento ho letto solo due o tre romanzi e per il momento la mia preferenza va a Tea e Marco. Tea è una donna davvero in gamba.
Ecco, ho ascoltato compunta e attenta la descrizione dell’embrione del tuo prossimo libro su Teresa, ma quando mi hai nominato Albenga mi è scoppiato il “magone”. Tu non c’entri eh, non ti allarmare, ma io lì ho passato tre anni bellissimi, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, e l’ho rimpianta moltissimo quando ho dovuto lasciarla…
Una ragione in più per cercare di aprire quelle porte chiuse. Grazie Marri, ho tanti motivi per ringraziarti.
Ho letto qualche romanzo di Mariani ma, quando ho scoperto Teresa e Marco, mi hanno subito affascinata.
Ho già letto Teresa, mi piace, ma forse sono più affezionata ad Antonio. Bellissima l’idea delle mappe. Se non mi oriento, è un disastro.