Non voglio mancare di rispetto a nessuno, né alimentare polemiche sterili e inutili. Intendo unicamente sottolineare che in Italia sembra esistano soltanto Balogh e Kleypas, per citare un paio di colleghe che, qualunque titolo venga loro pubblicato, le lettrici scaricano a scatola chiusa persino per la millesima ristampa e anche quando si tratta di romanzi meno riusciti di altri. Ho iniziato a pubblicare prima della Balogh, e sono stanca di sentirmi ripetere che essere italiana è uno svantaggio, e che se fossi nata fuori da questo paese malato di esterofilia sarei considerata quanto Mary perché le mie storie sono meno ripetitive delle sue. Allora, la sottoscritta non è in competizione con chicchessia, scrivo per emozionarmi e dare emozioni a chi mi legge, assecondando quel grandissimo sogno di pubblicare libri miei da che ero una bambina. Solo, mi piacerebbe tanto che trent’anni di carriera avessero un maggiore riscontro tra le lettrici. Invece devo promuovermi sui social ogni volta che posso. Qui da noi si sputa d’abitudine sulle eccellenze dalle quali mi escludo, ovviamente (io invece non solo la includo, ma la inserisco ai primi posti. N.d.R.), idolatrando la mediocrità che va così di moda perché fa tanto intelletual chic, vedi post di Annamaria Babette su Fabio Volo. Scusate lo sfogo.

Questo post è di Mariangela Camorcardi, cui seguono altri commenti delusi in risposta. Ne riporterò solo due, perché significativi. Infatti Paola Picasso scrive:

Cara Mariangela Camocardi, hai parlato con la voce mia. Sono più vecchia di te quindi conto quarant’anni di carriera che non ho festeggiato perché non ho motivo di gioirne. L’unica cosa che ha citato solo Babette,  riguarda l’esterofilia che in Italia impera e non a caso. L’America ci ha prima vinto e poi ci ha plagiato con mille metodi sottili e abilissimi, a cominciare dai film di Hollywood che ci hanno mostrato un mondo paradisiaco. La nostra identità non esiste più, come la bella lingua che usiamo e che ormai è un miscuglio orrendo di termini inglesi del tutto fuori posto. L’orgoglio nazionale? Che cavolo è? Perché ammirare un romanzo italiano quando ne arrivano (meno belli e spesso scritti male. Lo so perché li traduco) a valanghe dagli USA e naturalmente portano nomi stranieri? La capacità critica non esiste più. Soprattutto, perdita drammatica, nessuno si avvale dell’unica libertà che abbiamo: PENSARE.

Macrina Mirti le risponde:

Hai dimenticato una cosa, Paola: molti autori di culto, stranieri, ambientano i loro romanzi in Italia perché fa tanto chic, a cominciare da Walpole (Il castello di Otranto). Da noi, quelle che vendono, ambientano i loro romanzi in America.

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Per prima cosa, e mi fa male, colgo il rammarico e il dolore in grandi scrittrici che ammiro da sempre e sinceramente non so che rispondere, se non che tutto il bailamme che si muove e prolifera nel web veloce nasce e veloce muore, mentre loro e le loro grandi storie restano come fari nella notte. Albanese, Camocardi, Casella, Ciuffi, Flumeri, Formenti, Giacometti, Masella, Pesce, Picasso… le cito, in rigoroso ordine alfabetico, perché se non le avete lette, dovete provvedere.

Se avesse scritto le stesse parole chiunque altro, il tono delle risposte sarebbe stato diverso, invece siamo ammutoliti o quasi.
Perché?
Perché fa paura.

Se chi ha talento, competenza, cultura, idee sempre nuove, editori alle spalle, una carriera! si trova oggi a mettere se stesso in discussione, significa che per tutti noi, che ci affacciamo spavaldi e baldanzosi, c’è zero speranza. Speranza di durare più di tre stagioni, intendo.

Già facendoci due conti in tasca abbiamo capito che con la scrittura ci andiamo a mangiare la pizza due o tre volte e, se siamo bravi, magari ci portiamo anche la famiglia.

Nel suo sfogo, e come sempre l’ammiro, Mariangela Camocardi ha messo l’accento su un aspetto che dobbiamo affrontare e con cui fare i conti, cioè l’esterofilia, cosa ribadita chiaramente da Paola Picasso.

In molti altri post ho letto le risposte delle lettrici sul perché prediligano ambientazioni esotiche e, al di là delle polemiche, la risposta che si evince, pressoché univoca, è che leggendo si vuole evadere, si cercano orizzonti glamour e patinati, diversi dal grigiore della provincia per cui basta già affacciarsi alla finestra. Questo in generale, ma se capita di leggere, spesso apprezzano anche contesti casalinghi.

Il punto è che appena si comincia a leggere italiano, si abbocca, perché trapelano la profondità, lo studio, la passione… Il problema è agganciare il lettore e fidelizzarlo.

“Dici niente, tu”, mi direte voi.

Esatto, qui sta il punto focale e qualche giorno dopo questo post si è aperta la discussione sulla pubblicità. Prendo spunto da queste amare considerazioni per affrontare un altro tipo di discorso, qualcosa che ho letto tra le righe di quella che per tutti noi è la Queen, quando scrive: “Invece devo promuovermi sui social ogni volta che posso”.

Promuoversi da sé…

Questo significa che neppure i grandi editori con chi ha fatto vender loro decine e centinaia di migliaia di copie si premurano di sostenere e fare promozione.

Non vogliono o non possono?

Credo entrambe le cose, perché in un mondo in evoluzione e in una nazione in crisi, si operano scelte che sono esclusivamente di marketing. Questa è la situazione: prendiamone atto, esattamente come hanno già fatto le mie beniamine, e da un bel pezzo, le quali hanno imparato prima di tutti come muoversi, dove promuoversi, dimostrando grandi capacità manageriali. EWWA è la dimostrazione lampante.

Capisco l’amarezza, e mi tremano le gambe: non è un problema da poco.

Bisogna affrontarlo in modo globale. Forse avrete capito che la promozione è un discorso che mi interessa da sempre, ma è materiale per una grande discussione che ha mille diramazioni.

Oggi i miei fari nella notte sono oscurati da stelle in esplosione, ma sono stelle evanescenti, seppur in grado di catalizzare l’interesse. Non bisogna però banalizzare, perché nel bailamme si forma una fitta nebbia che nasconde anche il talento, e di talento in giro ce n’è. Ci sono tanti fuochi fatui, ma ci sono anche scrittori capaci e talentuosi. Finito il luccicore momentaneo, restano ai lettori i fari a orientare i naviganti e qualche nuova torcia che rimane accesa: di questo sono certa.

Quindi come muoversi? Una cosa posso dire con certezza: oggi, specie nel rosa, sono le lettrici a compiere una cernita e non più gli editori. L’editore era il filtro che ora in alcuni generi non esiste più, ha altre importanti funzioni, prima fra tutte la DISTRIBUZIONE, ma questo è un altro discorso, vitale e che andrà affrontato.

Anche di questo bisogna prendere atto, cioè i gusti dei lettori: esistono, creano mercato e, purtroppo, sono insindacabili. Da questa considerazione bisogna cominciare a muoversi.

Pensateci: prima un gruppo ristretto di persone selezionava autori con criteri sia oggettivi (stile, tecnica, tenuta di trama e personaggi, grammatica, sintassi, etica condivisa e linee editoriali) che soggettivi, cioè il gusto personale (appetibilità di ambientazione e trame, taglio dei personaggi).

Tenete a mente questa separazione dei criteri di scelta, è importante.

Oggi è chiaro che gli editori, preoccupati di mandare avanti le proprie aziende, si trovano completamente spiazzati perché il genere di punta è stato loro bruscamente strappato di mano e si stanno riorganizzando: come ho detto, trovare ordine nella baraonda è difficile, capiamoli.

Sono le lettrici che scelgono, giudicano e promuovono attraverso blog e social, questo lo abbiamo capito. Il problema è che, a differenza degli editori, le scelte operate delle lettrici sono soggettive, ESCLUSIVAMENTE SOGGETTIVE.

Già in questi anni una piccola consapevolezza nel far west del mondo self è emersa: occorre sottoporre il proprio testo a editor e correttori di bozze, altrimenti i lettori ti linciano. E non è scontato, perché due anni fa non era così, quindi questa è, per me, l’alba!

Detto ciò, come intervenire? Che fare?

In primis, orientare la promozione tra quei lettori che apprezzano il nostro genere o sottogenere. Inutile cercare per poi criticare gli amanti del dark romance, del fantasy, del M/M o anche dello storico, in partenza rivolgiamoci ad altri, a gruppi che apprezzano ciò che di solito scriviamo. Saranno i lettori a consigliare in giro il nostro libro, anche se non fa parte del genere prediletto. Ho notato che usare gli estratti, mirati e corposi, FUNZIONA.

Spesso hanno successo cose che a noi non piacciono. Questo non significa che si debba cambiare per andare incontro alla massa, ma possiamo notare che esistono elementi che rendono più appetibile un romanzo. Usare alcuni di questi ingredienti nella propria ricetta non significa cucinare un piatto diverso. In generale le anglosassoni inseriscono questi elementi ed è uno dei motivi del loro successo a livello globale.

Proviamo a guardare il problema “esterofilia” al contrario. All’estero considerano le ambientazioni italiane affascinanti e molte americane provano a descriverci attraverso stereotipi desueti con esiti ben più disastrosi di quanto facciamo noi con loro. C’è sete di Italia all’estero, quindi perché, come si fa generalmente in commercio, non cerchiamo di esportare il Made in Italy? Una buona traduzione, trovare un editor eccellente in lingua e contattare qualche blogger compiacente disposto a tenere una rubrica sui romanzi che arrivano dal Bel Paese sono i tre passi indispensabili, difficili ma non impossibili, perché ricordiamo che l’unione fa la forza, ce lo insegnano le autrici americane. Noi invece ci scanniamo tra noi con l’ottimo risultato di far perdere pazienza ed entusiasmo persino alle “Ewwe”.

Infine, e concludo, non si può intervenire sulla componente SOGGETTIVA dei romanzi e sulle trame, non serve, anzi è deleterio, ma dobbiamo diffondere gli ELEMENTI OGGETTIVI, in un codice di autoregolamentazione condiviso, anche riguardo ad alcune scelte etiche che prima venivano operate dall’editore. Ora siamo tutti liberi (o quasi): potremmo, per ovviare il problema in modo efficace e semplice, non limitante né censurante, usare per classificare argomenti sensibili dei simboli ad hoc, chiari e riconoscibili, in grado di tutelare sia chi legge, che non andrà incontro a brutte sorprese, sia chi scrive, pubblica e viene boicottato anche quando palesemente avvisa.

Sono molti gli argomenti, molte le soluzioni. Imprescindibile la collaborazione. E in questo Babette è maestra e insegna.