Mentre i Goti tentano di impossessarsi del corridoio bizantino, in modo da separare Ravenna dalle coste tirreniche, solo le donne sono rimaste a difendere la città assediata. Gli uomini validi sono partiti per la guerra… Intanto, un drappello di sei soldati bizantini, sfuggiti alla presa di Spoleto, entra in Perusia. Il loro capitano, Demetrio, è latore di terribili notizie… Lo scontro con la figlia del console, Flavia, è immediato. Ma tutto cambia quando lui la salva da un tentativo di stupro.

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L’Alto Medioevo è un periodo che mi ha da sempre affascinata. È così lontano nel tempo, oscuro e misterioso, da risultare più inconoscibile di epoche a noi ancora più lontane, come, per esempio, quella egiziana, quella babilonese o quella romana, repubblicana o imperiale che sia. Credo che il perché sia semplice.
Dopo la definitiva caduta dell’Impero d’Occidente, la penisola conobbe un periodo in cui i Latini non gestirono più il potere, che era passato nelle mani di popolazioni provenienti dall’Europa dell’Est e del Nord. Popoli per lo più nomadi, di cultura e religione diversa (si trattava in genere di Ariani), che vivevano sui carri con i quali si spostavano o in tende, e che non conoscevano la scrittura.
Di loro, e di quel periodo, non ci sono rimaste molte tracce, anche se da qualche anno il lavoro degli archeologi sta riportando alla luce il ritratto di popolazioni molto meno barbare di quanto i Latini dell’epoca ci volessero fare credere.
A rendere ancora più buia la prima fase dell’Alto Medioevo ci fu la guerra che Bisanzio scatenò nella penisola, volta a riprendere il controllo dell’Italia e del Mediterraneo. Giustiniano ne uscì vincitore, ma il dominio di Bisanzio fu destinato a durare molto poco, perché appena un decennio dopo la fine delle ostilità, due popoli, uno proveniente da Nord (i Longobardi) e l’altro da Sud (gli Arabi), ne misero in crisi la supremazia.
Non solo: oltre che dalla guerra, la prima metà del VI secolo fu funestata da carestie e pestilenze che molto spesso sono compagne l’una dell’altra.
Si trattò di un periodo talmente tremendo che molti studiosi credono che il 536 d. C. possa essere considerato l’anno peggiore nella storia dell’umanità. Secondo uno studio internazionale, pubblicato dalla rivista Antiquity, la traccia di ciò che accadde è rimasta nei ghiacci. Una catastrofica eruzione di un vulcano islandese avrebbe coperto il cielo con la sua nube di ceneri. Il sole non avrebbe più brillato nel cielo per almeno 18 mesi e il clima ne sarebbe stato sconvolto. Le temperature estive scesero a livelli invernali. Si persero i raccolti, le popolazioni patirono la fame e una serie di epidemie seguì la carestia. In questo caso, poi, la penisola era anche sconvolta da una guerra terribile e devastante.
Nonostante tutto, però, la vita andò avanti. Può sembrare strano, ma anche nei periodi più bui, l’umanità non ha mai perso la sua voglia di vivere e di amare, di continuare a lottare, credendo che un giorno tutto possa cambiare e la normalità possa tornare. Una lezione che può esserci utile anche in questi giorni difficili.
E così, ne “La Donna del Greco”, in una città posta al centro della penisola, nel bel mezzo del corridoio bizantino, un manipolo di donne, bambini e vecchi resiste bravamente a un interminabile assedio. La nobile Flavia sa che, se la sua città cedesse, i Goti avrebbero via libera verso Ravenna, la capitale dell’Impero. Quello che non sa è che tra di loro si nasconde un traditore. Sarà grazie all’inaspettato aiuto di un drappello di cavalieri bizantini, in fuga da una delle fortezze cadute, che i nemici interni verranno scoperti e che Flavia ritroverà l’amore.
Una storia piuttosto semplice, ambientata in un periodo particolare.

La Pagina-Autore di Macrina Mirti