Oscar Logoteta dice di sé: “Ho lavorato in diverse aziende, dalla webagency alla multinazionale. Ho fatto tutta la gavetta, da semplice disegnatore grafico tirocinante fino a diventare un product manager oggi. Ho studiato informatica e comunicazione. Pubblico dal 2014, sono al mio quarto romanzo. Ho due figli meravigliosi. Sono un creativo, autore e padre. O, comunque, ci provo.”
QUI trovate i suoi libri.
Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? In quanti romanzi compare?
Il commissario Negri nasce nel 2017 con il romanzo Milano disillusa. Compare poi in altri due romanzi, Milano sottozero e, l’ultimo arrivato, Milano vertigo, uscito a dicembre 2021.
Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Avevo in mente di raccontare, tramite il commissario Negri, qualcosa sugli anni 70 – anni in cui ambiento tutte e tre le indagini, dal rapimento Moro alla quasi alba degli anni 80. Con questa trilogia credo di aver raccontato un po’ di quello che avevo in testa su quegli anni che, peraltro, non ho vissuto.
Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni? Se non “invecchia”, come gestisci i legami, se ci sono, fra le varie vicende?
Il lettore può iniziare a leggere senza problemi da qualunque dei tre romanzi. Non sono in ordine cronologico, forse in Milano disillusa c’è una descrizione un po’ più lunga dei personaggi ma, come mi è stato detto, i miei romanzi sono da bere tutti d’un fiato – non scrivo tomi, il mio taglio è 130-160 pagine.
Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
Negri vive a Milano, si muove lì, quello è il suo habitat. Nell’ultimo libro, Milano vertigo, farà una piccola gita a Chiavari – alla colonia Fara, per indagare su uno strano suicidio.
Il tuo personaggio ti somiglia? Gli hai affibbiato qualche tua abitudine o gusto particolare? Le sue opinioni sul mondo e la vita coincidono con le tue? Ti capita di pensare che tu stai diventando simile a lui? Che si stia impadronendo della tua vita?
Onestamente, no.
Negri non è molto alto, un po’ stempiato, un po’ sovrappeso…
Be’, forse mi somiglia più di quanto pensassi.
Hai mai pensato e/o provato a uccidere il tuo personaggio seriale? Perché? Hai mai pensato e/o provato ad abbandonarlo e a far nascere un altro personaggio? Perché? Se porti avanti due serie con personaggi seriali, come ti senti passando da uno all’altro?
Ha una bella pellaccia il mio René, però in Milano sottozero se la vede davvero brutta, con una tale Cassandra…
Programmi pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del tuo personaggio li decidi tu o è lui a prendere le redini e fare ciò che vuole? Se decide lui, questa inquietante situazione si è presentata in quale romanzo? Se decidi tu, per favore dammi la ricetta!
Spesso accade che, scrivendo, qualche idea me la suggerisca direttamente il contesto. Durante le ricerche sull’ultimo libro, per esempio, molte idee mi sono venute man mano e – soprattutto con il gentilsesso – il mio commissario ama agire in autonomia – non è un latin lover ma… piace.
Chi crea un personaggio seriale popola un mondo di coprotagonisti seriali. Come scegli le “spalle”? Sono soltanto funzionali allo svolgimento dell’azione o li usi per dire qualcosa di più sul protagonista, approfondendo la sua vita privata?
Palamara e Coviello sono per il mio commissario come il Gin e il Vermuth per il Negroni: senza, non sarebbe l’originale. In Milano vertigo è il commissario stesso a spiegare l’importanza del suo vice, soprattutto al lettore.
Dai importanza all’aspetto fisico del protagonista? Alla sua vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi) Ha una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensi che aiuti a dare profondità? In caso negativo, che distolga dall’indagine?
Fondamentale. Il mio commissario è umano, stropicciato, non un super eroe errante; semplicemente un uomo che si interroga in un periodo di Piombo, dove tutto è polarizzato. Lui cerca il suo equilibrio in una vita in cui per nulla tutto procede come da copione.
Se il tuo protagonista è una coppia, perché hai effettuato questa scelta? Uno dei due è dominante in tutti i romanzi o si alternano?
Negri è un lupo nel branco, circondato dagli amici di una vita, come Beppe – detto l’africano – e Nino, ex pugile, proprietario dell’omonimo bar in cui Negri passa buona parte delle sue serate post commissariato. Ma poi, alla fine, torna nella sua tana, da solo.
Se il tuo personaggio potesse parlare cosa direbbe di te?
Andiamo a farci un Negroni che ti vedo un po’ stressato. Magari due.
Per concludere: puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
Il commissario Negri è un commissario dalle grandi capacità deduttive. È un uomo non comune perché è un uomo “stropicciato”, segnato dalla vita per un dolore immenso, un dolore che non ti abbandona. Lui e il suo taccuino si immergono tra le cupe vie milanesi, per cercare la verità.
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