Amante dei bassotti e dei gatti rossi, Viviana Giorgi scrive per lo più commedie romantiche contemporanee, ma ogni tanto si lascia tentare anche dal lato più sorridente e vivace del romance storico, suo primo indimenticato amore. Le sue eroine? Che vestano in jeans o in stile impero sono donne forti, determinate a farsi strada nella vita, a volte anche a scapito dell’amore (ma il lieto fine è sempre assicurato). I suoi eroi? Gloriosamente da sballo. Perché… se si deve sognare, meglio farlo alla grande, no? Visitate il suo sito  e il suo profilo Facebook.

Che genere scrive? Ce ne parla?
Fino a oggi ho scritto prevalentemente romance, o meglio commedie rosa. Ho tentato di scrivere anche gialli, ma inevitabilmente dopo poche pagine viravano al rosa acceso, quello ironico, quello che, almeno nelle mie intenzioni, dovrebbe far sorride, e a volte ridere. Non è un caso che nell’header del mio sito si legga: Viviana Giorgi, e il romance sorride (o spera di far sorridere). In ogni caso, è il mio motto. Perché ho scelto questo genere? Ho riflettuto molto su questo punto e sono arrivata alla conclusione che la prima ad aver bisogno di un sorriso sono proprio io. Mi sono avvicinata a questo genere tardi, e quando l’ho scoperto ho capito che mi regalava ore di serenità. La vita è già piena di problemi, drammi, tragedie, perché cercarne altri nelle pagine di un libro ? – a meno che non si tratti di capolavori irrinunciabili, come Anna Karenina o Madame Bovary che certo commedie non sono.
Visto che già usavo le parole per il mio lavoro (ero giornalista), mi sono chiesta perché non provare a scriverne uno. È così, passeggiando col mio cane, sono nati Bang Bang! Tutta colpa di un gatto rosso e il mio rapporto con Emma Books. È stato un successo non previsto.

Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Come scrivo? Rigorosamente col Mac. Ogni tanto prendo un appunto su uno foglietto, ma poi lo perdo e spesso ne dimentico il contenuto. Certo, ho un Moleskine – anzi, tre o quattro – che giacciono dimenticati nel mio studio. La mia testa è il mio moleskine, ma spesso le pagine si perdono…

C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Scrivo quando posso. Mattina e pomeriggio, ma mai più di un’ora o due di seguito. Non ce la faccio, mi stanco fisicamente, mi arrabbio con me stessa. Così lascio ai loro guai i miei protagonisti e faccio un salto in cucina: è sempre ora di un happy hour, no? La sera, dopo il mio quotidiano appuntamento con Netflix, Amazon Prime, Disney + o Sky, rileggo quello che ho scritto in giornata e, se va bene, faccio delle piccole correzioni. Se va male cancello tutto.

Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Se scrivo bene, cose sensate che siano coerenti allo sviluppo della trama, sorrido e mi dico brava! Se scrivo solo perché devo scrivere qualcosa, perché il racconto deve continuare a ogni costo (come sta capitando in questo periodo col romanzo a cui sto lavorando), mi arrabbio con me stessa e la voglia di smettere di scrivere mi assale. Potrei incominciare un altro romanzo, oppure scrivere un racconto, oppure dedicarmi al riordino della mia scrivania, o leggere qualche libro di storia…
Il giorno dopo l’angoscia se ne va regolarmente e la voglia di incontrare i miei protagonisti ritorna e capisco, ancora una volta, che scrivere non è un’angoscia, ma un dono.

Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Navigo a vista, non permetto a nessuna architettura di aiutarmi. Se mi viene un’idea che reputo interessante, incomincio a scrivere senza sapere dove quelle pagine mi porteranno; a volte in prima persona, a volte in terza persona, ma sempre alternando il punto di vista dei due protagonisti. Ogni tanto mi viene una bella idea, così la butto giù, rendendomi conto che poi dovrò trovare un modo per inserirla. Quando scrivo storici inserisco fatti reali avvenuti in quel periodo. Di solito rimangono sullo sfondo, altre volte entrano nella mia storia con più forza. Un esempio? Il 17 marzo del 1899 l’hotel Windsor di New York prende fuoco e più di novanta persone periscono nell’incendio. In Un amore di fine secolo la mia eroina, Camille Brontee, giornalista, e il mio eroe, Frank Raleigh, il suo editore, verranno coinvolti personalmente e professionalmente in quella tragedia.
Sinossi? Lo so che dovrei farla – come vorrebbe Bregola – ma proprio non è nelle mie corde. Sono i miei personaggi che devono decidere la loro storia, non la mia sinossi.

Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Rileggo spesso brani dei miei romanzi già pubblicati e rimango sorpresa. L’ho scritto veramente io? a volte mi chiedo. Non sto peccando di immodestia, ma di dimenticanza. A volte, specialmente prima di addormentarmi di notte, mi vengono in mente delle scene, ma sono confuse. Così apro il kindle e cerco il brano incriminato e poi proseguo la lettura perché, lo ammetto, mi piace rileggermi, ma soprattutto mi è utile (e mi fa venire una insana voglia di trasformare la storia in una serie). Rileggersi è un ottimo metodo per individuare i difetti della narrazione, i punti morti del racconto, dialoghi inutili e fronzoli irritanti. Un’altra cosa importante, una volta scritta la parola Fine, è di non aver fretta di consegnare all’editore o di auto-pubblicarsi. È buona norma – almeno per me – dimenticarsi di tutto per qualche giorno e poi rileggere.

C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
Credo che sia inevitabile inserire qualcosa della propria vita, soprattutto se si scrive romance o women fiction. Non che io abbia mai incontrato un duca che si innamora di me al primo sguardo, ma la protagonista è come vorrei essere io (e non sono, purtroppo); cito romanzi, film, musica che amo; ambiento le storie in luoghi che amo (USA, Inghilterra, Milano) e quasi sempre un cane o/e un gatto fanno compagnia ai protagonisti. A volte mi capita di prendere spunto da un episodio o da un amico (o nemico) della mia vita. Ma si tratta sempre di contorni, mai del piatto principale della storia.

Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Se volete fare gli scrittori, ci sono due esercizi fondamentali: leggere molto e scrivere molto» ha scritto Steven King nel suo On writing: autobiografia di un mestiere, manuale di scrittura da tenere sul comodino. Ottimi anche i suggerimenti di Maria Masella pubblicati recentemente on line sulla pagina di Babette. Io leggo 5-6 romanzi al mese, dipende dalla lunghezza, e se è di un autore anglosassone o francese, preferisco leggerlo in originale. Non è un atteggiamento da vecchia snob, il mio. Amo leggere le parole che ha scritto l’autore, non traduzioni che spesso lasciano molto a desiderare, o testi tagliuzzati qua e là dall’editore perché la carta e la stampa costano. Certo ci metto più tempo a leggere l’originale, ma leggere non è una gara fra lettrici compulsive, è un piacere. Così come è un piacere acquistare. Sul mio kindle ci sono almeno cento titoli ancora non letti, ma perché non acquistarne altri e stringere fra le mani un’intera libreria?

Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Non amo partecipare a concorsi, non sono mai stata una giocatrice. Ma ho vinto due premi di cui sono molto orgogliosa. Ho vinto nel 2015 il concorso Che fisico! organizzato da Emma Books e Mondolibri che mi ha valso la pubblicazione cartacea di Alta Marea a Cape Love, commedia romantica contemporanea che avevo già pubblicato in digitale con Emma Books, e l’anno successivo la pubblicazione sempre con Mondolibri di Vuoi vedere che è proprio amore? altra commedia romantica contemporanea a cui sono molto affezionata.
Un altro riconoscimento che mi ha onorata è la menzione speciale del mio racconto Il duca e Miss Mason nel concorso Amore a modo mio promosso e organizzato nel 2016 dal sito Babette Brown legge per voi. Questo racconto oggi è pubblicato da Emma Books nella antologia Ma quanta sicumera in quella testolina.

A cosa sta lavorando ultimamente?
È in fase di editing uno storico, ambientato nel periodo della Reggenza in Cornovaglia (lo ammetto, sono stata influenzata da Poldark). Se la mia editor approverà il titolo che ho proposto si intitolerà L’orrendo mercato. Dovrebbe uscire per Natale.
Al momento sto lavorando a un contemporaneo ambientato tra l’Alto Adige e Milano. Sono quasi alla fine, ma non nego di avere qualche difficoltà a trovare una bella conclusione. Aspetto che i protagonisti si diano una mossa.

Grazie per questa chiacchierata, Viviana!
Grazie Babette per la cortese ospitalità e grazie a chi avrà la pazienza di leggere questa mia intervista.

Tutto quello che abbiamo scritto su Viviana Giorgi & Tutto quello che Viviana Giorgi ha scritto per noi.