Charlène Clélie Meunier nasce a Messina nel 1978 e vive in un paesino della provincia messinese insieme al compagno e alle due figlie, Love e Belle. Scopre la passione per la lettura da adolescente, dopo aver letto e pianto sulle pagine di Una vita di Italo Svevo. Da quel momento, inizia a leggere di tutto: dal genere horror al thriller, dal romance alla narrativa generale.
Da questa passione per la lettura è nata, quasi per gioco, anche quella per la scrittura che è stata e rimane una costante della sua vita.
Nel 2018 le viene diagnosticata l’Artrite Reumatoide, patologia che le impedisce di continuare a scrivere con serenità e, solo un anno più tardi, anche la Sclerosi Multipla. Il 2021 è l’anno del riscatto per CC: decide di riprendere in mano la sua vita e lo fa con Ho Paura Di Mio Figlio, il suo romanzo d’esordio.

Due righe per presentarsi?
Il mio nome è Alessandra P., ma per scrivere uso uno pseudonimo: Charlène Clélie Meunier. Gli amici e i lettori, però, mi chiamano CC. Faccio la mamma a tempo pieno, dopo anni passati dietro a una scrivania come analista contabile.

Che genere scrive? Oppure, svolazza di genere in genere come una leggiadra farfalla?
Sono una farfalla, lo ammetto, anche se poi non così leggiadra. Ho appena pubblicato un horror, ma ho scritto anche un thriller, un chick-lit, un fantasy, un paio di fiabe (insieme a mia figlia Love) e ho persino iniziato una fanfiction. Non scrivo storie d’amore classiche, non ne sono capace: metto sempre qualcosa di tragico nelle mie storie e le faccio terminare male.

Come scrive? Penna e quaderno? Oppure, tecnologia a tutto spiano?
Scrivo con il telefono. Ho word a portata di mano e, quando ho un attimo di tempo, tiro fuori l’iPhone dalla tasca della vestaglia (sì, in casa sempre e solo quella: ero âgé anche da piccola) e appunto idee e quant’altro.

Quando scrive? Allodola, o gufo?
Entrambi. Ho iniziato a scrivere sei anni fa, durante l’allattamento di Belle. Ovunque mi trovassi – sedia, divano, letto – approfittavo per leggere e scrivere. Tante ore durante il giorno, altrettante durante la notte. Non si dormiva,  ma ho scritto le pagine migliori dei miei lavori.

Coinvolta sempre in quello che scrive, oppure distaccata?
Coinvolta, coinvolta. In ogni cosa che scrivo c’è un po’ di me e di ciò che mi circonda. Sono una sentimentale anche se, in ogni mia storia, non c’è mai il lieto fine.

Scaletta ferrea, o sturm und drang? Cotroneo, o Bregola?
Mai fatta una scaletta. Ho provato, ma non riesco! Scrivo alla giornata e a sentimento. Poi, verso la fine, rileggo tutto e cerco di annodare i fili che ho lasciato sospesi. Scrivo di getto e poi vado a ritroso: non sono organizzata per niente.

Metodica nella scrittura, oppure “quando-posso-non-so-se-posso”?
Purtroppo, scrivo quando posso e sempre solo di pomeriggio. A causa dei miei problemi di salute, non riesco a fare nulla “di fretta”, perciò, che si tratti di cucinare o di organizzare le faccende di casa, vado molto al rallentatore. Approfitto del tempo dopo pranzo e dei compiti di Belle; mi siedo accanto a lei e lavoriamo insieme.

Ama sempre quello che ha scritto (dopo aver terminato la stesura)?
Di solito, sì. Se una cosa non mi piace, lo capisco già dalle prime battute e non la porto avanti. Però ci sono delle eccezioni, come ad esempio SENSORIEL, il thriller che ho scritto anni fa. Adoro i protagonisti, mi piace tutto di questa storia, ma i primi tre capitoli non li digerisco io stessa e li sto riscrivendo di sana pianta.

Sa che ci sono scrittori che non rileggono mai quello che hanno scritto e pubblicato? Lei come si comporta?
Una volta terminata una storia, rileggo solo per correggere, ma, anche questo, a distanza di tempo. Non riuscirei a farlo per il piacere della lettura. Mi annoio facilmente. Però, quando lo faccio dopo anni, rimango stupita e mi chiedo sempre se l’abbia scritto io e come.

Siamo curiosi: c’è qualcosa di autobiografico in ciò che scrive?
Oh, sì, sempre. Come ho già anticipato nella risposta alla quinta domanda, piccoli sprazzi di me sono nascosti in ogni storia. Ma, più che altro, riguardano il mio modo di pensare, di vivere. A volte di sopravvivere.

Legge molto? A noi piacciono i topi di biblioteca.
Leggevo tanto e collezionavo libri. Da quando sono diventata mamma, tredici anni fa, ho ridotto drasticamente. Non compro più libri da troppo tempo. Adesso che ho scoperto Amazon (non ho mai fatto acquisti online e ho scaricato le app dei social da un paio di mesi soltanto), spero di riprendere il ritmo che avevo da ragazza. Ho già adocchiato qualche titolo che devo avere assolutamente e i generi sono tra i più disparati. Grazie a Facebook ho conosciuto autrici e autori di livello e, siccome sto progettando un nuovo spazio biblioteca in casa, dovrò rimpinguarlo per benino.

I concorsi: nota dolente. Sì, o no?
Teoricamente, sì. In pratica, non ho mai partecipato a nulla, ma non escludo di farlo in futuro.

Progetti per il futuro?
A causa dei problemi di salute avevo riposto tutto in un cassetto e lasciato lì, dimenticato. Adesso ho ripreso in mano la mia penna virtuale: per tenere la mente in allenamento, ma soprattutto perché mi sono resa conto di non aver chiuso solo le mie storie in quel cassetto, ma anche una buona parte di me stessa. Adesso sto riscrivendo SENSORIEL, il thriller psicologico finito anni fa, e conto di pubblicarlo quanto prima, non so ancora se in self o se proporlo a qualche CE, lo deciderò più avanti. Sto continuando la stesura di QUARANTA, un chick lit divertente che narra i quaranta giorni di una donna che sta per compiere proprio quarant’anni e che è talmente sfortunata da attirarne un sacco di guai, ogni giorno. Tra i progetti per il futuro c’è sicuramente quello di continuare a scrivere e non fermarmi più.

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