Alice Bruno, pseudonimo di Alessandra Bertocci, è una vecchia ragazza, che adora i fumetti, i film della Marvel e tutto il cinema in generale, e soprattutto la letteratura. Laureata in giurisprudenza con una tesi su “La politica antiereticale di Federico II di Svevia” troppo somigliante a un romanzo storico secondo il suo relatore, anziché fare l’avvocato come il resto della famiglia, ha colto la palla al balzo per dedicarsi a ciò che le piaceva sul serio: la scrittura.

Come Alessandra Bertocci ha pubblicato: La percezione del dolore, Minerva Edizioni 2011, il racconto Uragano nella raccolta Pixel, la realtà oltre lo schermo dei media, Derive e Approdi 2012, ed il racconto Tutti i granelli di sabbia della spiaggia, nella raccolta Amori da amare Minerva Edizioni 2014. Nonché i romanzi gialli Arte e sangue, 2018 e L’innocenza dell’alba 2019, su Amazon in self-publishing.

Con lo pseudonimo Alice Bruno ha pubblicato invece i romance Un giorno all’improvviso, serie 2017, Wonderful Bastard: Song to song 2019, e da ultimo Beautiful Lies, sempre su Amazon in self-publishing.

1.     Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Ho cominciato con il giallo, e anche se l’ho pubblicato in seguito, in realtà Arte e sangue è stato il mio primo romanzo. Lettrice onnivora da sempre, la scelta della crime fiction era stata determinata dalla necessità di paletti ben precisi che mi costringessero a indirizzare la storia secondo schemi specifici senza disperdere le idee in mille rivoli diversi.
Successivamente, optare per la narrativa non di genere, il giallo o il romance, è dipeso sempre dall’ispirazione del momento, e nel caso del romance, da un bisogno di leggerezza e di divertimento, e va da sé che un romanzo intitolato La percezione del dolore (che pure mi ha dato notevoli soddisfazioni), non può essere leggero né tantomeno divertente. Si è trattato dunque di una scelta di libertà, anche da me stessa e dalle tematiche trattate in precedenza.

2.     Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Non scrivo quasi mai a mano, neanche gli appunti presi al volo, ho una grafia pessima, e ormai anche il mio stampatello non è più così ordinato. Perciò, rigorosamente tutto al computer o sul telefono, talvolta utilizzando le note vocali anche se poi vanno corrette tutte le volte.

3.     C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Amo la luce dell’alba e il silenzio, ma siccome è piuttosto mattiniero anche mio figlio, si scatena un certo conflitto di interessi, e non sempre mi riesce, anche se devo ammettere che crescendo sta diventando più bravo. Detto ciò, va bene qualsiasi momento, e quando finalmente “ingrano” non conta l’orario e posso concentrarmi anche se ho il caos intorno.

4.     Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Dipende dai momenti. Quando scrivo sulla scorta dell’ispirazione, o raggiungo quello stato che chiamo “trance da scrittura” mi diverto molto, anche se divertimento non è il termine esatto: si tratta piuttosto di una possessione, e lì non ce n’è più per nessuno. Una sorta di realtà parallela e del tutto privata. A ogni modo mi piace un sacco, anche se la mia famiglia non lo apprezza tanto quanto me 😉

5.     Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
A vista, soprattutto nella prima fase. Anche se vorrei tanto imparare ad essere più metodica durante tutto l’arco creativo. Di solito procedo per immagini, utilizzando ciò che mi viene in mente spontaneamente, talvolta senza partire da un’idea di base ben precisa, e comincio poi a dare organicità al tutto, strutturando gli elementi un passaggio dopo l’altro. Spesso mi trovo a montare diversamente intere sequenze in fase di revisione, come se fosse il girato di un film, fino a che “magicamente” ogni cosa trova il suo posto, e ammetto che può essere un processo faticoso.

6.     Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Ci sono periodi in cui scrivo meno, o non scrivo affatto, magari perché presa da necessità familiari o altro, ma andando avanti, cerco di ridurre i tempi tra la fase di scrittura di un romanzo e quella del successivo perché anche l’ispirazione va coadiuvata da un po’ di disciplina e temo sempre che il lato caotico e fin troppo sognatore del mio carattere prenda il sopravvento e che i mesi passino senza che io me ne accorga.

7.     Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
In genere sì, e la cosa stupisce me per prima. C’è da dire, che raramente sono capace di mettere la parola fine a un romanzo se ritengo che sia incompleto e magari lo rimaneggio a lungo.

8.     Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Sì, quando devo correggere dei refusi, o se decido di pubblicare qualcosa che in realtà avevo scritto tempo prima.

9.     C’è qualcosa di autobiografico nei suoi libri?
Sempre, in alcuni di più, come ne La percezione, in altri di meno, ma c’è sempre qualcosa, alcune situazioni, o caratteristiche trasfuse nei personaggi. A ogni modo non utilizzo mai le persone reali esattamente così come sono, a parte i miei animali. Per esempio Gilda, il mio primo cane, un vecchio fox terrier, che compare così com’è in Arte e sangue, e si può dire che sia uno dei personaggi principali.

10.  Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Sono sempre stata una lettrice assidua, smetto di farlo solo in alcune fasi della stesura di un romanzo per paura di essere distratta o influenzata. A seconda dei periodi, posso raggiungere con una certa facilità i sessanta libri all’anno, soprattutto se si tratta di romance. Se sto leggendo anche dei saggi, o in una delle tante occasioni in cui mi racconto che è la volta che termino Infinite Jest di David Foster Wallace (ogni paio d’anni circa, ma mi fermo di regola intorno a pagina 400-600 e la volta successiva mi tocca ricominciare da capo), il numero cala drasticamente.

11.  Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Ho partecipato qualche volta ma non credo facciano per me. Non sono brava né con le scadenze, né con le regole d’ingaggio troppo rigide e non credo di aver mai superato le fasi preliminari.

12.  A cosa sta lavorando ultimamente?
Ho cominciato da poco un romantic suspense, e spero molto nella pausa estiva per portarlo avanti.

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