Angélique Gagliolo vive tra le verdeggianti montagne carniche con  il marito, due bambine, un gattino e altri animaletti, sempre affaccendata per conciliare la famiglia e il lavoro a tempo pieno da impiegata. Ama leggere, scrivere e realizzare piccoli lavori creativi con le proprie mani.
Ha esordito nel 2008 con Il valore di un libro, edito da Progetto Cultura. Il suo racconto La parente povera è stato inserito nella raccolta Vita da precari – tra creatività e follia, e-book edito da CastelloVolante. Nel 2015 ha pubblicato con Panda Edizioni 1976 – L’urlo dell’Orcolàt, storia ambientata durante il tragico terremoto del Friuli del 1976, per poi passare nel 2018 al self-publishing, rieditando il suo romanzo d’esordio e pubblicando per la prima volta L’uomo che misurava il tempo. Molti dei suoi racconti sono sparsi per il web e facilmente reperibili sul suo blog. La trovate anche su Facebook e Instagram.

1.     Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Qualsiasi genere purché funzionale alla storia o al messaggio che voglio trasmettere. Sono molto istintiva e non amo sentirmi costretta in una definizione. Al genere ci penso quando è il momento di pubblicare e devo presentare il mio lavoro. E qui vado nel panico. Dover scegliere il genere per definire la mia opera mi sembra come se la sminuissi e di non darle lo spazio che merita. La stessa cosa mi capita quando parlo di romanzi scritti da altri, ma in questo caso il compito è più facile, perché il genere è già stato individuato e posso concentrarmi sulla trama e sulle sensazioni che il libro mi procura, senza dovermi scervellare per dargli una definizione e incasellarlo in un genere.
I miei racconti, pertanto, sono scritti nei generi più svariati: dal thriller al fantasy, dalla cronaca al surreale, fino alla fiaba. I romanzi pubblicati sono un mistery e due storici.
Quindi, di solito, quando mi chiedono cosa scrivo, rispondo spicciola: narrativa.

2.     Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Carta e penna al novanta per cento. Per racconti e romanzi uso un apposito quaderno. Per appunti al volo un quaderno che mi porto sempre dietro, ma anche post-it volanti e qualsiasi supporto di carta mi capiti a tiro. Una volta ho scritto in macchina un intero racconto di Natale dietro una (lunga) circolare scolastica di mia figlia. Poi ricopio tutto sul portatile, apportando già in questa fase alcune prime modifiche e correzioni, una specie di prima revisione.
Sullo smartphone, invece, scrivo solo quando devo postare qualcosa su Facebook o Instagram, perché più immediato: scrivo, correggo l’italiano (il correttore automatico, croce e delizia di ogni scrittore!), copio e posto.

3.     C’è un momento particolare nella giornata in ci predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Fino a poco tempo fa amavo scrivere di notte: dormo pochissimo e, oltre a essere il momento ideale per dedicarmi a ciò che amo, la notte è un modo per non farmi divorare dai cattivi pensieri. Ultimamente, però, sono così stanca, sia fisicamente sia mentalmente, che non riesco a concentrarmi e allora mi tocca scrivere nei rari momenti liberi della giornata: il fine settimana, se ho un’oretta tra le pulizie e le uscite familiari, o dedicandomi alla scrittura dieci minuti la sera, mentre cucino (se la ricetta me lo consente).

4.     Quando scrive, si diverte o soffre?
Entrambe. Scrivo su argomenti che mi piacciono, della terra che amo e alla quale vorrei dare un po’ di visibilità, e mi diverto facendolo. Ma soffro anche tanto, perché non è vero che quello che si ha in testa è facilmente trasferibile su carta. A volte mi sfuggono le parole, altre volte mi sembra che quello che scrivo sia scialbo o noioso, altre ancora ho un’immagine forte in testa, ma che diventa piatta una volta tradotta su carta. E così butto e riscrivo. Una sofferenza. Eppure questa fatica fa parte del divertimento, un po’ come scalare una montagna: uno sforzo grandissimo, ma senza, di esso raggiungere la vetta non avrebbe lo stesso effetto e… addio divertimento!

5.     Nello scrivere un romanzo “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Decisamente a vista. Prima di mettermi a scrivere penso molto alla storia, la delineo maniacalmente nella mente, dall’incipit al finale. Poi, mi metto a scrivere, così, senza schemi se non quello che ho in mente. E poi succedere che, pur avendo le idee molto chiare, lo sviluppo della storia prenda altre vie…

6.     Quando scrive lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Purtroppo nessuna costanza. Come ho detto prima, scrivo davvero nei ritagli di tempo e questo mi porta a scrivere a singhiozzo e a impiegare molto tempo per scrivere poche righe. A volte, così facendo, fatico a riprendere il progetto da dove lo avevo lasciato e anche la penna scivola con più fatica quando sono trascorsi diversi giorni dall’ultima volta che l’ho usata.
Belle, quanto rare, quelle giornate in cui mi folgora l’ispirazione e devo mollare tutto per scrivere!
Ma se aspettassi quelle, scriverei ancora meno.
Prima o poi troverò la forza di impormi un orario quotidiano; ne gioverebbero la mia scrittura e la velocità di produzione.

7.     Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Mentre scrivo cancello molto e riscrivo altrettante volte. Poi, quando arrivo alla conclusione, amo quanto scritto. A distanza di tempo, forse ne intuisco i limiti: piccoli o grandi difetti che bussano nella mia mente, più o meno consapevolmente, e che inserisco nella mia cassetta degli attrezzi per farne un buon uso nei progetti futuri, ma che non intaccano l’orgoglio per quello che sono riuscita a scrivere: so quanta fatica mi è costato.

8.     Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Sì, mi è capitato. Alcune cose le amo così come sono, altre proprio non mi convincono più, ma non riesco a riscriverle. Per esempio, è da tanto che penso di realizzare una raccolta di racconti da pubblicare in self, ma poi non l’ho mai fatto perché i racconti che adoro non sono a sufficienza per diventare un libro, mentre gli altri non riesco a revisionarli; non li rinnego (e infatti rimangono pubblicati sul mio blog), ma non me la sento di farli diventare parte di un progetto futuro.

9.     C’è qualcosa di autobiografico nei suoi libri?
Un po’ di me c’è in ogni cosa che scrivo, magari solo un episodio vissuto od osservato, un desiderio trasmesso a un personaggio che, al contrario di me, avrà il coraggio di realizzare, oppure solo la trasposizione di cose lette in passato e diventate parte di me.

10.  Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Ho sempre letto molto. Sono lenta anche quando leggo e purtroppo non riesco a leggere tutto quello che vorrei, ma lo faccio con costanza: se posso stare alcuni giorni senza scrivere, non passa giorno, invece, che non legga.
Leggo almeno trenta libri l’anno, ma mi è capitato di sfiorare la cinquantina. Anche nella lettura massima libertà e nessuna (auto)imposizione. Spazio tra tutti i generi letterari e tra  romanzi e manuali. Unica condizione: l’umore del momento.

11.  Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Un paio di volte, ma sono state esperienze negative.
Nel primo caso, sono stata contattata via mail e venivo informata che il mio racconto era tra i finalisti e che quindi entrava di diritto nella raccolta di racconti. Badate bene, l’autore della mail si rivolgeva a me al maschile, non faceva un accenno al mio racconto, nemmeno per citarne il titolo, nessuna classifica né nella mail stessa né sul sito, la data della premiazione da definirsi, l’unica cosa che c’era era la richiesta di quante copie volessi acquistare, solo per cortesia, per carità, perché così potevano programmare il numero di copie da stampare, per accontentare tutti gli autori finalisti e non deluderli lasciandoli senza copie a sufficienza da distribuire a parenti e amici. Ho ignorato il messaggio, non ritenendolo nemmeno degni della mia attenzione. E sì che prima di partecipare avevo fatto i compiti, cercando su internet per informarmi sulla casa editrice, che sembra, ancora oggi, una piccola realtà ma degna di apprezzamento. Non credo di aver interpretato male io il loro modo di agire… probabilmente sono bravi a far sparire eventuali commenti negativi…
La seconda esperienza, invece, è stata più tranquilla, ma anche in questo caso ne sono uscita con l’amaro in bocca. Si trattava di un noto concorso a livello regionale, nato per promuovere il territorio. Il mio racconto non è stato selezionato nemmeno tra i venti finalisti. Ci sta, solo un po’ di delusione personale. Il tutto si è svolto in maniera regolare, con classifica pubblica, commento della giuria sui racconti vincitori consultabile, e infine la raccolta di racconti dei venti finalisti pubblicata, scaricabile in formato pdf o acquistabile in cartaceo. Alcuni mesi dopo, venne organizzata, nel mio comune di residenza, una serata di presentazione della nuova edizione del concorso con tanto di manifesti dove campeggiava il mio nome: avrebbero letto il mio racconto. Quel racconto che non si era meritato di entrare nella rosa dei venti finalisti sarebbe stato letto in pubblico, senza che nessuno si fosse degnato di avvisarmi, né di invitarmi a partecipare alla serata. Ma il mio nome è un richiamo, perché vivo in un territorio così poco popolato, che tutti conoscono tutti e ci vuole poco a diventare personaggi di richiamo.
Non ho più partecipato a concorsi.

12.  A cosa sta lavorando ultimamente?
Per la prima volta mi sto cimentando in un romance, ambientandolo tra le mie montagne, in Carnia, area a nord-est del Friuli – Venezia Giulia, la cui protagonista è una libraia coraggiosa. E qui mi fermo, non posso mica spoilerare ancora prima di aver finito di scrivere!
In futuro mi piacerebbe realizzare una guida turistica della mia zona, seria e divertente al contempo. Forse un progetto un po’ ambizioso da parte mia, ma intanto sto raccogliendo il materiale.

Nel salutare Angélique Gagliolo, vi ricordiamo la sua Pagina-Autore su Amazon.