Benvenuta. Raccontaci di te.
Elisabetta è una donna di 55 anni, una mamma di 24 anni e una giornalista di 31 anni, appassionata, coraggiosa e indipendente. La mia vita personale e professionale è caratterizzata da grandi presenze e da grandi assenze. Non conosco mezze misure. Sono una persona che divide, che piace o non piace.
Che tipo di scrittrice sei e qual è il genere che più ti rappresenta? Non mi ritrovo ad essere incasellata in un genere, anche perché prima di essere una scrittrice sono una giornalista. Diciamo che racconto storie e che la matrice sta nel mio approccio alla verità.
Racconto cose vere e, comunque, la finzione letteraria attinge dalla verità. Ovviamente siamo all’interno dello spazio della narrativa ma non saprei dire con certezza dove mi muovo ora e dove mi muoverò domani.
Hai un autore (o un’autrice) al quale (alla quale) ti ispiri? Non ho degli autori a cui mi ispiro in particolare: ammiro molto Italo Svevo, Italo Calvino, Alessandro Baricco, Indro Montanelli (il mio primo direttore), Tiziano Terzani e Clarissa Pinkola Estés.
Qual è il primo romanzo che hai pubblicato? Racconti colpevoli, edito
dal Gruppo Albatros, è il mio primo libro. Si tratta di un’antologia di racconti brevi. Alcuni fulminanti, altri avvolgenti. Tutti appassionati.
Quale sarà il prossimo? Sono già al lavoro sul prossimo libro. Mentre Racconti
colpevoli ingloba più storie, più esistenze peccatrici confessate e assolte dall’arte dell’ascolto, il prossimo riguarderà una sola storia che sto scrivendo, questa volta, da diversi punti di vista.
Da dove arriva l’ispirazione? L’ispirazione non arriva, ti possiede. E sei come uno stupido o un delirante in preda ad una mania. Quando poi è tutto finito vedi che il libro si è scritto da solo.
Hai un luogo speciale nel quale ti rifugi per scrivere? Il mio luogo è il mondo. Spesso prendo appunti mentre viaggio in treno, scrivo sull’ipad che porto sempre con me, scrivo sui margini bianchi dei fogli stampati, prendo appunti. Fino a quando mi ritiro nella mia casa (io dico “scendo nel laboratorio”) a sezionare, a mettere insieme i pezzi di quello che posso definire un delirio, il risultato di un pensiero costante alla ricerca del tempo perduto e del tempo ritrovato.
Qual è il tuo metodo di scrittura? Non ho un metodo, scrivo, scrivo, scrivo. Più che altro sarebbe corretto dire che ho bisogno di essere presa, di essere coinvolta, ho bisogno di amare le mie storie, di incontrarle, di sedurle e di essere da loro sedotta.
Come tieni separate (se ci riesci) la vita di tutti i giorni e l’attività di scrittrice?
Non ci riesco. Ma perché non mi sento soltanto una scrittrice e forse non la sono. Mi sento Elisabetta e vivere per me vuol dire scrivere. Quando non scrivo sto
elaborando pensieri che verranno scritti. Quando mangio, viaggio, dormo, leggo o incontro persone, io sto già scrivendo. Poi tutto prenderà forma.