Luisa Ferrari, classe 1971. L’amore per la paleopatologia l’ha spinta a scegliere la tesi in Anatomia Patologica a Genova e poi la specializzazione sempre in Anatomia Patologica a Torino. Tra le mura del vecchio istituto torinese è stata subito affascinata dal vecchio Museo, antichi reperti polverosi che attendevano giusto riconoscimento e grazie all’interessamento di alcuni Professori è poi iniziato un paziente lavoro di restauro e studio che continua ancora adesso. E cosa di meglio che lasciarsi ispirare dagli stanzoni e dagli interminabili corridoi dell’Istituto per ambientarci un romanzo? Romanzo molto di fantasia, ma non troppo…

1.     Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
È un genere che può essere riconosciuto come noir e l’ho scelto perché da sempre lo trovo appassionante. Spero che anche i lettori cerchino di risolvere i misteri che si rincorrono nelle mie pagine con lo stesso entusiasmo che provo quando leggo i romanzi degli altri autori. Forse non è un noir “convenzionale”, perché nonostante i toni volutamente cupi e misteriosi conserva sempre un certo tocco di ironia che credo sia nota indispensabile in qualunque circostanza, anche la peggiore, perché aiuta a non lasciarsi travolgere dagli avvenimenti e a trovare la forza per andare avanti. Una personale visione della vita che riporto anche sulle pagine che scrivo.

2.     Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Sono devota a carta e penna, rigorosamente stilografica, ma il tempo mi è tiranno e non posso indulgere al piacere della scrittura manuale, per cui tutto nasce direttamente sul monitor del computer, fisso o portatile a seconda dei momenti e dell’ispirazione.

3.     C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Da sempre e forse con spirito foscoliano prediligo la sera, quando cala il silenzio e le idee maturate nei più svariati momenti della giornata trovano da sole le parole.

4.     Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Divertimento assoluto, piacere puro di vedere una storia che nasce riga per riga al ritmo della tastiera. Il mio lavoro di medico mi porta vicino alla sofferenza ogni giorno, quando scrivo trovo finalmente la serenità.

5.     Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Credo che scrivere sia un’attività istintiva, il romanzo si scrive da sé e i personaggi si impongono autonomamente nella storia. Non riuscirei a concepire la scrittura se non così, sedersi al computer lasciando che le idee veleggino liberamente.

6.     Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Ovviamente dall’incostanza! Scrivere tutti i giorni saprebbe quasi di obbligo e senza libertà non ci può essere piacere.

7.     Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Mi innamoro follemente di ciò che scrivo, soffro per i miei personaggi e mi emoziono per loro, ridendo nel rileggere passi comici peraltro già letti e riletti mille volte e commuovendomi per certi passi che mi fanno venire i brividi anche se li so a memoria.

8.     Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Ogni volta mi stupisco di essere stata in grado di scrivere cose che mi piacciono così tanto.

9.     C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
Forse troppo! Personaggi e situazioni sono il più delle volte reali, per quanto romanzati. Non scaturiscono necessariamente dal mio vissuto personale, ma sono libere invenzioni tratte da storie vere.

10.  Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Sono una lettrice quasi maniacale fin dalla più tenera infanzia, ora mantengo la media di almeno un libro a settimana, variando dal romanzo al saggio.

11.  Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
No, è un’esperienza che ancora mi manca.

12.  A cosa sta lavorando ultimamente?
A un altro romanzo che vede impegnato il mio protagonista, il placido Commissario Baldanzi. Dopo le avventure torinesi, si troverà a dover indagare su un altro caso di reperti museali, inquietanti paesini di collina e antichi misteri. E ci sarà un’altra affascinante protagonista femminile, sempre con i tacchi a spillo (*). Lo si può definire un sequel, ma nel complesso anche un intermezzo, prima che altri misteri museali vengano svelati…

(*) Un riferimento a “Cadaveri e tacchi a spillo“, pubblicato con Fratelli Frilli Editori (LINK).