Mi chiamo Lucrezia, come l’eroina della Mandragola di Machiavelli. Mia madre ha scelto questo nome perché fossi “bella, savia, onesta, atta a governare un regno”. Io il regno ho deciso di costruirmelo da sola scrivendo le mie storie, e lo faccio con lo pseudonimo di Snee Dronningen ispirato all’omonima fiaba di Andersen, che è la mia preferita in assoluto.
Sono nata a Pisa il 30 luglio 1989. Non vi annoierò con i soliti dettagli sul fatto che scrivo da quando sono capace di tenere in mano la penna: non sono sicura che ci credereste, come del resto forse è difficile credere a tutta la mia storia e spesso mi consigliano di non raccontarla perché troppo assurda. Ma con voi voglio essere sincera.
Ho una forma di autismo ad alto funzionamento (sindrome di Asperger) che ha contribuito a far sì che imparassi a leggere a tre anni e che per tutta l’infanzia e l’adolescenza i libri fossero i miei migliori e unici amici.
La mia passione per i libri mi ha portato a laurearmi in Lettere con il massimo dei voti. Una scelta non molto oculata, neanche quella. Di mestiere faccio l’impiegata.

1.     Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi? Scrivo principalmente genere fantasy, anche se poi alla fine tutti quelli che mi leggono borbottano qualcosa tipo: “Ma questo non è veramente un fantasy!”: sembrano intenderlo come un complimento, anche se io rimango sempre un po’ perplessa. Dicono così perché mi incentro molto su tematiche che generalmente nel fantasy classico sono marginali: l’introspezione, i rapporti familiari e interpersonali e i dilemmi morali ed etici. In realtà ho scelto di scrivere fantasy proprio perché mi dà l’occasione di trattare approfonditamente queste tematiche: grazie al fantasy, ho la possibilità di mettere i personaggi in situazioni estreme che nella vita reale raramente si verificano.

2.     Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone? Ho sempre un’agenda con me per gli appunti al volo, non posso farne a meno. Ma quando scrivo scrivo rigorosamente al computer perché correggo di continuo in maniera maniacale: cancello, aggiungo, cambio le parole, l’ordine delle parole, la disposizione delle frasi. Per me quest’attività di ripensare, riadattare, rimodellare continuamente è parte del godimento della scrittura.

3.     C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti? A dire il vero no. Mi piace scrivere sempre. Diciamo che l’unica limitazione consiste nelle energie che ho a disposizione.
4.     Quando scrive, si diverte oppure soffre? Divertirsi è riduttivo. Provo un piacere quasi fisico, la trovo una delle attività più appaganti.

5.     Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola? Non seguo interamente nessuna delle due scuole di pensiero. Ossia, ho chiaro fin dall’inizio che devo arrivare dal punto A al punto B. Ho ben focalizzate le svolte principali della storia e il suo epilogo. Ma per quanto riguarda il percorso mi lascio sorprendere dai personaggi.

6.     Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione? Ahimè, cerco di scrivere tutti i giorni, ma molto spesso non ne ho la forza, più che l’ispirazione.

7.     Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto? Subito dopo, lo detesto. Riprendendolo in mano a distanza di mesi o di anni penso qualcosa tipo: “Ma ero brava, dove è finito tutto il mio talento?”

8.     Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati? Cerco di evitarlo, ma mi capita di essere costretta perché essendo autrice di saghe molto lunghe a volte devo andare a verificare un particolare.

9.     C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri? Semplicemente tutto. Non scrivo niente che io non abbia vissuto in prima persona. Il fantasy per me rappresenta un filtro per mettermi completamente a nudo senza essere impudica.

10.  Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno? Leggo molto, qualche decina di libri l’anno, ma ammetto che ultimamente ho avuto dei periodi di crisi. Mi capita di sentirmi incapace come scrittrice e leggere i bei risultati degli altri mi fa sentire ancora peggio.

11.  Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza? No: non me la cavo bene con le storie brevi.

12.  A cosa sta lavorando ultimamente? Ho appena concluso il terzo volume della mia trilogia “Lo Scrigno di Adymair”, composta da “Lo scrigno di Adymair”, “Il sangue dei Denorvya” e, in uscita, “Il destino di Alatharion”. Questa trilogia è tutto per me: mi ha tenuta impegnata per ben sedici anni (metà della mia vita!) e, ora che sono giunta al termine di questo viaggio, mi sento insieme emozionatissima e al culmine della gioia, e insieme con i piedi sull’orlo di un baratro. Sarò stata all’altezza? Avrò reso giustizia alla mia storia? Non lo so, so solo che devo finalmente lasciarla andare, libera di camminare sulle sue gambe e di affrontare il mondo senza di me. Ho un sacco di nuove idee e progetti (del resto, alcuni li ho portati avanti in contemporanea, come la stesura dell’urban fantasy “Risorse umane”), ma questa trilogia rimarrà sempre nel mio cuore: le sono grata per essermi venuta in mente e sono grata a chiunque abbia voluto o in futuro voglia accompagnarmi in questo viaggio.

Ti aspetto per una nuova chiacchierata sulla Trilogia, allora. A presto.