Ebbene sì: ho sempre desiderato citare la celebre frase di Foscolo. E per la verità, se l’ho parafrasata, è stato perché temevo che qualcuno potesse interpretare le “storie” del poeta come sinonimo di balle.
Per quanto mi riguarda, ho sempre avuto interessi storici fin da bambina. E credo che il merito si debba attribuire ad una enciclopedia che usciva a fascicoli nelle edicole e che ha avuto un’importanza fondamentale nella mia prima formazione. Si chiamava Conoscere e ogni settimana nelle due pagine centrali del fascicolo trattava un episodio storico importante. C’era anche un grande sfoggio di colori, di gusto mi pare tardo-ottocentesco, forse un po’ pacchiano, a ripensarci, ma certo di grande effetto su una bambina di forse otto anni come me.
Mi ricordo come fosse ieri le pagine sulla battaglia di Canne, con la ricostruzione schematica della manovra a tenaglia che dette la vittoria ad Annibale e la “marcia funebre” con la celebrazione dei 45 mila fra i “nostri” che caddero sul campo e in particolare di tutti i figli della nobiltà romana, che si strinsero intorno al console Lucio Emilio Paolo ferito gravemente e combatterono con coraggio e valore fino alla morte. Esempio per me di spirito civico e patriottico e soprattutto del fatto che anche dopo una sconfitta così tremenda un paese si può riprendere e poi arrivare addirittura alla vittoria finale.
Negli anni della scuola sono stata persino fortunata, penso, dal momento che, quando finii il liceo nel 1969, avevo studiato i fatti più recenti, arrivando fino alla conclusione della II guerra mondiale e alla Costituzione del 1948. Pertanto confesso che rimasi molto stupita quando nel marzo 1974, tornando come insegnante, scoprii che il resto d’Italia non aveva fatto lo stesso. E le cose non migliorarono nei decenni seguenti.
Per esempio nei primi anni Novanta mi sentii dire da alunni che arrivavano dal ginnasio che in Italia avevamo avuto quarant’anni di dittatura comunista (idea, immagino, derivata da un certo tipo di propaganda politica dell’epoca). E certo molte persone, anche fra quelle che frequentano il liceo classico o addirittura vi insegnano, soprattutto al biennio, ritengono la storia una materia poco importante e poco interessante.
Un grosso problema è poi costituito dalla questione se sia o meno possibile studiare il periodo più strettamente contemporaneo. Un collega di storia e filosofia, molto preparato e competente, ad esempio, era convinto che la ricostruzione di tutti gli eventi dopo piazza Fontana fosse impossibile perché nessuno sapeva bene cosa fosse avvenuto e soprattutto tutti eravamo troppo condizionati ognuno dalle proprie opinioni politiche. Risultato: nei primi anni Duemila, andando come commissaria esterna alla maturità in molti licei di Roma, ho dovuto constatare che il programma di storia e di letteratura italiana si fermava quasi sempre alla prima (?!) guerra mondiale: insomma restava fuori praticamente tutto il Novecento, cioè gli anni in cui erano nati non solo i maturandi, ma anche i loro genitori e addirittura i nonni. La conoscenza della realtà attuale, insomma, restava fuori dalla scuola.
A questo punto forse si capisce come mai anche le lettrici del romance storico, paradossalmente, troppo spesso detestano la storia, la trovano noiosa e preferiscono vicende collocate su un vago sfondo Regency, in cui si può non parlare mai di Napoleone o della rivoluzione francese o del Risorgimento italiano.
Di recente immagino che in molti abbiamo visto la fiction su Cosimo dei Medici: seguendo il dibattito in merito su Facebook, ho constatato che per lo più non ci si scandalizza del fatto che la scalata al potere di quella famiglia venga messa dagli sceneggiatori sullo stesso piano di quella di Riina e Provenzano. Del resto tempo fa un documentario storico (ripeto: storico) sui Medici, trasmesso su History Channel, si intitolava “I Medici. I Padrini del Rinascimento”. Tesi tranquillamente accolta dalla fiction, come dimostra l’efficacissima scena sull’assassinio degli Albizzi, in realtà mai avvenuto, che chiaramente riecheggia il finale del Padrino parte seconda di Coppola.
Se ricordate che l’idealismo italiano ha costruito i programmi dei licei su base storicista, sembrerebbe che nulla di ciò sia stato assimilato dalla nostra cultura media. E non ci si stupisce più che la nuova direttrice della Galleria di arte moderna e contemporanea di Roma abbia potuto, senza conseguenze, riorganizzare per il momento il museo in senso tematico e non più cronologico. Per il momento? I precedenti spingono a non cullarsi in questa convinzione, che potrebbe essere illusoria.
Io adoro il vero romanzo storico, soprattutto nella forma romance, che mi permette di abbinare le mie due più grandi passioni. E qui in Italia abbiamo autrici di valore come (in rigoroso ordine alfabetico) Ornella Albanese, Mariangela Camocardi, Roberta Ciuffi, Miriam Formenti, Maria Masella, Theresa Melville; e come Viviana Giorgi, Linda Kent, Paola Picasso, Angela White, che invece preferiscono ambientazioni non italiane, soprattutto a sfondo anglosassone. Leggendo queste autrici non si corre mai il rischio di dover mandare giù delle balle, come troppo spesso succede con le opere di origine straniera, ad esempio Una principessa per due re di una scrittrice di gran fama, come Philippa Gregory, che stravolge la figura di Enrico VII Tudor e non gli riconosce nessuno dei meriti che nella realtà pur ebbe. O come in un’opera ahimè mezza italiana come i suddetti Medici (e ciò nonostante che l’autore dei testi letterari alla base, Matteo Strukul, sia in realtà un italiano).
Di questi argomenti ho avuto occasione di discutere con le sorelle Martignoni e con Franco Forte ad un dibattito sul tema. La mia posizione in merito è stata fortemente influenzata, come ricorderete, da Manzoni e da Eco. Sulla base delle Postille io amo i romanzi dove al centro ci sono personaggi di invenzione, ma certo verosimili, mentre quelli veramente esistiti, e in particolare i più noti, rimangono sullo sfondo e compaiono solo episodicamente. Ecco perché delle sorelle Martignoni mi sono piaciuti di più Il duca che non poteva amare e soprattutto Lo spettro dei Borgia, piuttosto che il pur bello La perversa giovinezza di Rodrigo Borgia. Mi pare che così un’autrice sia più libera nell’invenzione e soprattutto non ho l’impressione di conoscere già il romanzo prima di leggerlo.
In ogni caso non guasterebbe una cultura storica un po’ più approfondita nel nostro paese, soprattutto per tutto il periodo del Novecento: questo impedirebbe di leggere su Facebook tante castronerie, come sta succedendo in questo periodo di referendum.
Se volete conoscere più da vicino i libri degli autori citati nell’articolo:
Albanese Ornella
Camocardi Mariangela
Ciuffi Roberta
Eco Umberto
Formenti Miriam
Forte Franco
Foscolo Ugo
Giorgi Viviana
Gregory Philippa
Kent Linda
Manzoni Alessandro
Martignoni Elena e Michela
Masella Maria
Melville Theresa
Picasso Paola
Strukul Matteo
White Angela
Maria Teresa Siciliano (Matesi) gestisce anche la Rubrica di recensioni “L’Artiglio Rosa“.
Grazie, cara Matesi, per la citazione. Anch’io, come te, amo profondamente la Storia.
Come sempre, articolo molto interessante!
Un abbraccio
Linda
Un grazie per la citazione anche da parte mia.
Un saluto affettuoso
Viviana
ps Ci sto prendendo gusto a essere citata! 🙂