Attenzione, sono possibili spoiler!
Tempo fa lamentavo il fatto che, affetta ormai da una bulimia ‘librosa’ che mi spinge a comprare una quantità enorme di romanzi all’anno (e non parliamo di tutti quelli che dopo l’acquisto restano a dormire nel reader), non so più a memoria pagine intere dei romanzi che mi sono piaciuti, anzi dimentico quasi subito le trame e solo di rado ormai rileggo.
Però ultimamente attraverso un momento di stanchezza e i libri mi sembrano tutti eguali. Così all’improvviso mi sono ritrovata a rileggere alcuni romance. E sono soprattutto m/m. La cosa è un po’ paradossale, dal momento che personalmente sono immune alla bisessualità e quindi le scene di sesso gay non mi attirano affatto. Non che mi entusiasmino neanche quelle etero, sempre più ginniche e prive di vera passione.
Però ho riletto, con particolare interesse per i finali, il Consorzio dei gentiluomini di Charles (per la verità solo il primo e il terzo, perché mi dà fastidio il sadomaso, anche in forma moderata) e gli uomini-cane della Easton o il suo Buon Natale, signor Miggles e addirittura quattro o cinque volte Blue Mountain di Cardeno. Perché?
Non lo capisco bene. Sembrano piacermi tutte le trame dove si inneggia alla famiglia come centro di affetti e di mutuo appoggio, anche se, essendo cresciuta in un sistema patriarcale, conosco bene i risvolti negativi che riguardano la libertà individuale e una certa tendenza al pettegolezzo e a giudizi anche arbitrari.
Ovviamente negli m/m ci sono famiglie accoglienti e affettuose, ma anche rigide e respingenti, per cui per molti personaggi trovare un luogo da chiamare casa e dove sentirsi al sicuro e amati è un obiettivo cercato e apprezzato, non dato per scontato o sentito addirittura come una prigione.
Così nel paranormale Blue Mountain:
Mitch prese le torte e si alzò in piedi. «Sei pronto?» mormorò, porgendogli la mano.
«Sono pronto». Simon gliela strinse e si inoltrò nella dimora dell’Alfa di Blue Mountain col compagno, consapevole di essere finalmente al sicuro, finalmente parte di un branco, finalmente a casa.
Non ridete, ma ogni volta che rileggo queste righe mi vengono le lacrime agli occhi: dopo tante vicissitudini e tanti problemi, dopo essere stati ripudiati dal padre e costretti ad una vita difficile e rischiosa ed essere rimasti soli al mondo, che dolcezza essere “a casa”!
E addirittura ecco Al sicuro nel suo cuore dove, come è obbligo in un romance, tutto andrà a buon fine, a livello sia sentimentale e familiare sia lavorativo:
Andrew volse lo sguardo alla porta e adocchiò il suo obiettivo. Paul gli sorrise.
«Vai. Fai ubriacare chi di dovere, compra qualche azione. Prendi il controllo di qualche compagnia. Io torno al bar.»
Andrew gli afferrò la mano, prima di andare. «Non tornare a casa con nessuno tranne che con me, okay?»
«Mai,» rispose Paul. «Ho troppo bisogno di te.»
Si strinsero le mani, felici di quel piccolo gesto d’affetto, senza sentire il bisogno di dimostrazioni plateali. Si allontanarono l’uno dall’altro, consapevoli che, come una calamita con il metallo, si sarebbero ben presto ritrovati vicini, senza nessuno spazio vuoto tra loro. Così era fatto il loro amore.
In questi romanzi, inoltre, mi piacciono certe madri affettuose che accettano, difendono e amano i propri figli e sono capaci di ammazzarsi di lavoro per mantenerli e insieme sostenerli psicologicamente nelle scelte che devono fare.
Sono storie, insomma, che cercano in qualche modo di mediare fra individualismo e collettività: fra il bisogno di affermare la propria libertà e quella di inserirsi e integrarsi nella società, o almeno fra coloro che sanno fare altrettanto.
Ammetto che ai miei occhi uno degli elementi della coppia protagonista prende spesso un po’ il posto della donna nei rosa di un tempo. Mentre nei romanzi m/f non accetto più da molti anni che la protagonista abbia una posizione subordinata e anzi pretendo figure intelligenti, forti e determinate, perché ho orrore di balbettamenti e piagnucolii, non so perché lo stesso comportamento mi pare perfettamente accettabile negli m/m, quando uno dei due partner ha subito maltrattamenti, emarginazione o addirittura violenze vere e proprie.
Forse è il riemergere un po’ inconscio di antichi ricordi e antiche letture: spiegherebbe perché, quando sono un po’ depressa per qualche motivo o ho appena finito un romanzo con ambientazione pesante o sgradevole, amo rilassarmi andando a rileggere in un gay-romance qualche pagina consolatoria. O forse dipende dalla novità del genere e dal fatto che la cosa non mi riguarda direttamente.
Del resto, dopo aver lottato tanti anni per la parità con risultati solo parziali, un vero ritorno al passato sarebbe il colmo dei colmi.
Il Taccuino di Matesi (Maria Teresa Siciliano)
Buon Natale, signor Miggles, di Eli Easton
Come esaudire un desiderio, di Eli Easton
Da sempre amo rileggere i libri che mi piacciono. L’ultimo? “Mariani e la cagna”, di Maria Masella. Ma anche il primo volume del ciclo delle Razze Antiche, di Thea Harrison, per prepararmi al quinto, Deus Machinae, che riprende la storia di Dragos e Pia. Senza contare Il Piccolo Principe che, assieme ad alcuni racconti di Kipling, costituisce una rilettura annuale.
Sono così rintronata, dopo il mio problemino cerebrale,che non mi ricordo quello che ho letto il giorno prima, per cui devo rileggere spesso le ultime pagine lette. Ma questo è un altro fatto. Rileggo spesso, con incredibile passione e scoprendo ogni volta nuove cose, brani della Austen e di Dickens, ma non romanzi interi. Ho una tale quantità di titoli da leggere che ho paura di non farcela, se mi diletto con i miei preferiti. Che sono però sempre sul mio comodino.
Grazie per il pezzo, Matesi, bello.
Viviana
PS. Non leggo M/M, in nessuna forma ed epoca. Non mi interessano. E poi, perché le donne non scrivono F/F, se non in rari casi? Io un’idea ce l’ho, ma poi mi dite che sono cattiva. 🙂
Ho cominciato a leggere m/m per curiosità. I sottogeneri che preferisco non si differenziano molto dai rosa, a parte la fisicità dei rapporti sessuali.
Anch’io ho dei pregiudizi nei confronti degli ff, come ho già avuto modo di dire in passato, ma non ne ho ancora letto nessuno. E al momento non ho intenzione di farlo.
Purtroppo, la ripetitività delle trame e della.caratterizzazione dei personaggi rende difficile la.memorizzazione della storia, o meglio, di quella storia.
Quando questa monotonia mi affligge, mi rifugio nei vecchi libri che mi hanno emozionato.
Credo si stia producendo troppo e male, bisognerebbe accantonare velleità monetarie e di fama per dare una vera svolta a questa letteratura che sta, per certi versi, allineandosi alle “accuse” che le si rivolgono.
Complimenti a Teresa, sempre un piacere leggerti. Non sempre riesco a commentare, manti seguo con affetto e stima.
La ripetitività delle trame fa parte del genere, secondo me: come in un giallo per forza ci dev’essere un delitto o comunque un reato, così nel romance ci dev’essere un grande amore e un lieto fine. Però negli ultimi 20 anni c’è stato l’inserimento del sesso: un’innovazione rivoluzionaria.
Non rileggo mai, neppure i libri che ho adorato. Ho paura di trovarli diversi, che una seconda analisi, necessariamente con occhio più concreto e meno incredulo, possa intaccare il ricordo delle grandi emozioni che mi hanno lasciato. Ho fatto mio un vecchio detto zen: “Leggi mille libri e poi bruciali” 🙂
Invece a me piace rileggere i migliori a distanza di tempo e vedere se reggono ancora.