Poco più di un anno fa Amazon ha introdotto la possibilità di aggiungere ad una recensione uno o più commenti.

Il sistema stenta ad affermarsi, forse perché è più comodo e sbrigativo limitare il proprio giudizio ad un utile/non-utile. Del resto molti lettori si lamentano della necessità di dover trovare “addirittura” 20 parole quando recensiscono. Ma il difetto più grave è un altro: se intervengo su una recensione altrui, non vengo avvertita quando il recensore mi risponde, il che strozza la discussione.

Talvolta ho provato a rivolgermi direttamente alla persona anonima che mi dà un non-utile, chiedendo un’opinione più chiara, ma senza successo.

In ogni caso un vero e proprio dibattito si sviluppa solo di rado: le occasioni più rilevanti in cui mi è accaduto finora sono due e preferisco non parlarne, perché sono state quelle in cui la discussione è subito deragliata verso l’insulto. Altre volte invece ci si è tenuti nell’ambito della civiltà.

La cosa per me più divertente è il fatto che alcune lettrici si offendono per l’autrice, anche se è straniera. Cosa che personalmente non capisco: ad esempio io sono una fan di Mary Balogh, ma mi è capitato di stroncare qualche suo romanzo. Nessuno è perfetto o sbaglio?

Certo leggere “banale” e “scontato” a proposito dei rosa è insopportabile, ma, se il giudizio è motivato, secondo me è inattaccabile, anche quando noi personalmente non siamo d’accordo.

Di regola le più educate e gradevoli nell’incassare un giudizio meno positivo del desiderato sono le autrici italiane: le prime che mi vengono in mente, a questo proposito, sono Ledra, Ornella Albanese e Viviana Giorgi. E penso sia un merito, dal momento che a nessuno piace essere criticato.

Vi racconto i due episodi più significativi di dibattito che mi sono capitati.

Una delle discussioni maggiormente fruttuose è stata quella su I due Leoni di Francesco Grasso: avevo comprato questo titolo perché mi era piaciuto il precedente su Archimede.

Interessante***

Storia romanzata di Ruggero d’Altavilla (e suo fratello Roberto il Guiscardo), in cui l’autore modifica soprattutto il privato, ipotizzando inoltre un grande amore fra lui e Sichelgaita, andata poi in sposa a Roberto.

Si tratta di un romanzo essenzialmente di guerra, occupazione principale del protagonista. Per una lettrice come me qualche scena è sconvolgente: certo la condizione della donna nel medioevo era quello che era, soprattutto (ma non solo) per i ceti inferiori. Ma il modo in cui Ruggero usa senza alcun sentimento, neppure semplicemente umano, sia alcune serve, definendole donne scaldaletto, sia anche la prima moglie, oggi è davvero fastidioso. E per giunta la storia è raccontata quasi del tutto dal suo punto di vista: quindi noi vediamo in diretta quello che prova (o non prova). E poi quattro volte di seguito con due donne diverse, senza neanche un letto a disposizione, mi sembra un po’ eccessivo!

Nei confronti degli uomini, invece, Ruggero, pur essendo spietato, è spesso comprensivo e rispettoso, mai credo inutilmente crudele e lo scrittore, a mio parere, lo colloca senza dubbio su un livello umano superiore al Guiscardo.

Curioso il fatto che il protagonista sia spesso in comunicazione diretta con Dio, anche se non sono sicura se si tratti di eventi veramente avvenuti o di “allucinazioni” del personaggio.
In ogni caso il meglio del romanzo, secondo me, si trova nelle innumerevoli scene di battaglia.
Alcuni refusi.

Seguì un bel dibattito.

IL PERFIDO (pseudonimo dietro cui oggi credo si celi l’autore):

Lungi da me voler difendere Ruggero, che ai suoi tempi si difendeva benissimo da solo, e che oggi la Storia ha abbondantemente giudicato. Mi sento solo di precisare che – in un romanzo storico – i personaggi, per risultare credibili, vanno resi per ciò che erano, nel contesto in cui vivevano. E nell’anno 1000 le donne erano trattate in quel modo, con buona pace dell’amor cortese (peraltro esistito solo nella penna dei vari Malory, Tennyson, eccetera).

Il minore dei fratelli Altavilla era rozzo e brutale come tutti i normanni, pagani di fresco convertiti. Non dimentichiamo che solo una generazione prima di Ruggero, il principe Rollone si difendeva dalle accuse di barbarie precisando: “Noi non siamo selvaggi. Al contrario, siamo pietosi e clementi con i vinti. Ad esempio, quando espugniamo una città, i bambini li uccidiamo senza torturarli.”.
Per dire.

MATESI:

Concordo in gran parte con quello che lei dice. Lasciando da parte il trattamento inflitto ai nemici, però, mi pare impossibile che questi guerrieri non provassero neanche un tiepido affetto per le persone a loro più vicine, tipo fratelli, figli, mogli anche di convenienza. L’unico segno in tal senso in Ruggiero mi pare quell’istante in cui ringrazia Giuditta per il figlio che gli darà.
Certo, dopo 1000 anni, è difficile capire quali fossero i loro sentimenti.

CLIENTE AMAZON:

Mi permetto di difendere l’autore. Sono una donna anch’io, e ugualmente disgustata dall’atteggiamento con cui le donne sono sempre state trattate nel corso di tutta la storia umana, ma nonostante questo lodo Francesco Grasso per come ha descritto i rapporti del protagonista Ruggiero con le sue “scaldaletto” e con le sue mogli: lungi dal tentare di compiacere l’universo femminile generazione 2016, ha coraggiosamente raccontato le relazioni uomo-donna per come sono sempre state nella storia, senza moralismi e senza ipocrisie.

Un esempio su tutti: il momento in cui Ruggero approfitta di una serva vergine per soddisfare le sue voglie non è lo “scivolone” di un personaggio immacolato verso l’abisso della turpitudine, ma l’apoteosi della coerenza: in quel periodo, in quel luogo, quel personaggio si sarebbe comportato esattamente così. E’ vergognoso, è deprecabile… ma è il passato.

L’autore è stato solo brutalmente onesto.

Cara Matesi… non è bello essere nate in questo periodo? 🙂

MATESI:

Ho sempre pensato che per una donna il miglior secolo in cui vivere al momento è senza dubbio questo. Con tutto il suo maschilismo, i suoi femminicidi e i suoi sfregi. Contro cui ovviamente bisogna continuare a combattere se non altro per le nostre nipotine.

Solo mi chiedo se la nostra ricostruzione del medioevo, da parte degli scrittori e degli storici, sia pienamente attendibile. Davvero non c’era nessuna solidarietà umana fra uomini e donne?

Domanda destinata a rimanere senza risposta (almeno per ora).

Talvolta capita che alcune lettrici approvino la recensione ma facciano delle ipotesi, non gratuite, per giustificare le autrici: per esempio la presenza di tagli per ridurre la foliazione.

Oppure si chiama in causa la traduzione. Parliamo di Una verità per il duca di Sarah MacLean.

Una boiata pazzesca*

Quando una povera disgraziata legge che questo romanzo ha avuto il Reviewer’s Choice Award di Romantic Times 2013 (che non so bene che premio sia, ma suona importante), il RITA 2014 ed è stato proclamato DIK, si immagina, pur non credendo molto ai premi (per vari infortuni precedenti), che sia un romanzo almeno discreto.

Invece si comincia già male con la sinossi, quando si scopre che la protagonista Mara era in passato la fidanzata del padre del protagonista Temple, il che almeno al mio moralismo sembra già imbarazzante, per non dire quasi incestuoso. Cosa sia davvero successo dodici anni fa è il mistero da svelare per tutto il romanzo, ma confesso che alla fine non ho ben capito quasi nulla. Certo né lui né lei mi sembrano figure edificanti.

La trama è una delle più strampalate, assurde e inverosimili che mi sia mai capitato di leggere. Inoltre è lunga e davvero noiosa. Infine molti particolari risultano poco chiari, forse perché, se ho ben compreso, manca ancora un volume. Solo così mi spiego il piccolo colpo di scena finale concernente Chase, che mi ha costretto a mettere in moto la funzione ricerca anche nei due titoli precedenti, per verificarne il sesso (queste autrici di serie si aspettano troppo dalla nostra memoria, o almeno dalla mia). E ho capito che la MacLean semplicemente lancia il prossimo titolo che avrà appunto Chase come protagonista.

Insomma, come ai miei tempi avrebbe detto Villaggio, una boiata pazzesca.

Nella serie il personaggio di Chase è sempre rimasto sullo sfondo e tutte noi lettrici abbiamo dato per scontato che, trattandosi di uno dei proprietari della casa da gioco, fosse un uomo. Quando (solo) nell’ultima pagina compare vestito da donna, personalmente ho pensato addirittura che si fosse travestito per qualche motivo che sarebbe stato al centro del prossimo volume.

Ecco invece l’intervento di una delle recensore storiche dei Romanzi Mondadori:

ALIDISETA:

Che sia una donna è sicuro. La MacLean non ha mai usato il pronome maschile (e neanche il femminile, se è per questo), proprio per il colpo di scena, credo. Sulla traduzione… bisognerebbe chiedere direttamente alla traduttrice… anche se immagino fosse un compito molto difficile, proprio perché l’inglese è una lingua molto più “neutra” della nostra!

MATESI:

In La colpa e il desiderio controlla i capp. 6 e 12 dove si usa sempre il maschile per riferirsi a Chase.

ALIDISETA:

Nel capitolo 6, nella versione italiana: “La porta si aprì, rivelando il fondatore dell’Angelo caduto”
In originale è: “The door opened, revealing the founder of the Fallen Angel”
Founder è fondatore, ma può essere anche fondatrice… ma effettivamente, senza poter immaginare che fosse una donna, come poter tradurre? La persona che aveva fondato l’Angelo caduto?
Poco più avanti: “L’altro non gli diede retta. Chiuse la porta e….”

In originale invece è: “Chase did not listen, instead closing the door and…”

Ancora più avanti: “Cross appoggiò il pesante volume sulla scrivania. L’altro non accennò a prenderlo”
In originale è: “Cross set the heavy tome on the desk. Chase did not reach for it.”
Insomma è un caso difficile, ma si vede che la MacLean ripete spesso il nome Chase proprio per non usare il pronome maschile.

MATESI:

Evidentemente la traduttrice, a cui va tutta la mia solidarietà, non conosceva il sesso di Chase. Ed è la Scerbanenco, non una qualsiasi. Mi chiedo: l’editor della Mondadori avrebbe dovuto saperlo? Oppure no? In ogni caso, qualcuno ha sbagliato. Spero si tratti dell’agente della MacLean.

Sono un po’ partigiana, è vero.

Ma sapete cos’è accaduto poi? C’è stata la protesta di qualche lettrice che ci ha accusato di aver fatto spoiler, mentre il particolare del sesso di Chase non riguarda per nulla questo romanzo, ma vuole piuttosto anticipare la sorpresa del prossimo. Dove, immagino, che Chase sia una donna sarà chiaro fin dall’inizio.

Gli articoli de Il Taccuino di Matesi (Maria Teresa Siciliano)