La mia vita di lettrice è stata sempre all’insegna di una dissociazione schizofrenica tipo Jekyll/Hyde. Da una parte leggevo romanzi di alta letteratura: I promessi sposi a 10 anni e poi via via tutti i classici, approfittando della biblioteca scolastica, perché all’epoca non esistevano le paghette, oppure, dopo l’avvento dei tascabili, risparmiando i soldi della merenda: mettevo da parte 30 lire al giorno e  in 12 giorni riuscivo a comprare un’edizione economica. Taccio sulle proteste di mia madre, che era ossessionata dalla paura che morissi di fame e per questo mi sventolava continuamente davanti agli occhi lo spettro di “quella malattia” (che all’epoca, per chi non lo sapesse, era la tubercolosi).

Sempre nell’adolescenza lessi Guerra e pace (grazie ad uno dei rari regali) e poi quasi tutti i romanzi di Dostoevskij, che fu il mio idolo giovanile: cosa per certi aspetti sorprendente. Solo nel 1969 nel mio quartiere venne aperta finalmente una biblioteca circolante e io, uscita ormai dal liceo, ci passavo tutti i pomeriggi.

La letteratura rosa era il mio peccato segreto e quindi per molto tempo ne parlai il meno possibile, e sempre con un po’ di vergogna. Certo Delly, Liala e anche la Werner scomparivano di fronte ai grandi classici di tutti i tempi e, a parte qualche amica, nessuno riusciva a capire perché li leggessi.

Non vi dico più tardi le perplessità dei miei figli e soprattutto dei miei alunni, quando ad un certo punto, coraggiosamente, feci outing. Una volta in un biennio scientifico di Monterotondo prestai un rosa a testa a tutti i miei alunni, maschi e femmine: quel genere di lettura mensile risultò molto gradita (anche ai maschi, forse perché era più facile di quelle che gli appioppavo di solito), eppure non riuscii a far loro capire qual era la concezione della vita e della società su cui si radicavano i romanzi di Delly o della Heyer e tantomeno le differenze di stile fra i vari autori.

Figuratevi ora le reazioni al triennio del classico Aristofane di Roma, dove ho insegnato per 26 anni. I ragazzi, soprattutto i maschi (ma non solo), mi guardavano con stupore e un po’ di commiserazione, né riuscii mai a far capire il concetto di letteratura di genere. O, meglio, andava bene la fantascienza. E soprattutto i gialli. Ma il rosa! Il lieto fine! Credo che i concetti di banale e scontato, che così spesso troviamo nelle recensioni Amazon, siano ancora molto radicati fra la maggioranza dei lettori.

L’ultima svolta è avvenuta a settembre 2013 quando sono andata in pensione: dal momento che avevo più soldi, perché ormai i figli erano volati fuori dal nido, e gli ebook costavano molto di meno, e soprattutto, soprattutto avevo più tempo (una quantità di tempo spropositata, che prima non sapevo neanche che esistesse), ho potuto dedicarmi al mio vizio più o meno segreto totalmente.

Quindi ho il reader intasato da oltre mille volumi (senza contare quelli sul kindle). Ce ne sono molti anche di classici del Novecento, che ho comprato in edizione digitale, perché di recente ho constatato quanto sia breve ormai la vita di un cartaceo, e poi di storia, sociologia, psicologia, economia, ecc. Il guaio, però, è che non riesco a leggerli. La sirena rosa suona sempre più forte e finiscono parcheggiati nel mio kobo. Magari per sempre. Forse è anche una questione di età.

Intanto ho cominciato a scrivere anche degli articoletti, prima per Insaziabili letture, poi per Babette Brown legge per voi. Trattavano (trattano) appunto di rosa, almeno finché non hanno cominciato a mancarmi gli argomenti. E quindi ho finito spesso per parlare anche di letteratura tout court o di varia umanità. Il sito di Babette mi permette di controllare il numero di visualizzazioni e quindi è possibile vedere il “successo” dei singoli articoli. Impazzano tutti quelli che riguardano Amazon o anche semplicemente i miei gusti personali, interessano quelli sui generi o su singole autrici, meno gli excursus sulla letteratura alta e molto meno, quasi niente, tranne eccezioni, quelli sui grandi scrittori italiani: per cui si potrebbe sostenere che l’esterofilia non riguarda solo i lettori comuni. Invece molto successo hanno le recensioni, che ovviamente hanno il pregio di essere brevi e quindi si leggono in un attimo.

E con questo buone vacanze a tutti e a ritrovarci a settembre.

Gli articoli de Il Taccuino di Matesi