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Un vecchio misterioso, un ragazzo in cerca di fortuna e una fiaba. Daniela Jannuzzi scrive una storia per grandi e bambini. La morale? La vera ricchezza è l’amore.

«Perché piangi ragazzo?» chiese un vecchio cencioso.
Il ragazzo lo guardò con sospetto, quindi emise un sospiro.
«Ho dovuto lasciare la mia promessa sposa. Andrò a lavorare per un uomo molto in vista, nella città al di là del fiume, ma lei non vuole seguirmi. Così ho rotto il fidanzamento, è l’unica occasione che ho per fare fortuna e diventare qualcuno. Se lei non vuole capirlo, che vada al diavolo!» esclamò rabbioso, trattenendo a stento le lacrime.
«Voglio raccontarti una storia» disse il vecchio, sedendo accanto a lui.
“Non deve avere tutte le rotelle a posto, chissà se è pericoloso. Tanto vale assecondarlo, il postale non arriverà prima di mezzogiorno” pensò il ragazzo scostandosi un poco.
«C’era una volta…» cominciò l’uomo, con lo sguardo perso nel vuoto.
«Andiamo bene, ma per chi mi ha preso? Non sono mica un bambino» sibilò fra i denti il ragazzo.
Il vecchio parve non sentirlo e continuò.

…Tanto tempo fa, nel piccolo e sperduto villaggio di Vern viveva un ragazzo di nome Yari.
Rimasto orfano in tenera età, Yari non possedeva casa né denaro, viveva grazie all’elemosina e a qualche lavoretto che riusciva a trovare di tanto in tanto.
Un giorno, girovagando per il mercato in cerca di qualcosa da mangiare, s’imbatté in una strana carrozza ferma al centro della strada.
«Ragazzo? Saresti così gentile da aiutarmi?» Un uomo anziano ma di aspetto elegante uscì dalla carrozza.
«Volentieri, signore. In cosa posso servirla?» chiese Yari, inchinandosi.
«Si è rotta una ruota e non posso proseguire il mio viaggio. Conosci qualcuno che possa ripararla alla svelta?»
«Certo! Posso farlo io, signore!» esclamò, felice di poter mettere qualcosa sotto ai denti.
Mentre lavorava, guardò meglio quell’uomo: portava un lungo soprabito elegante ma, se lo si osservava meglio, era logoro e rammendato in alcuni punti.
“Doveva essere un gran signore, una volta. Ma adesso? Dubito che sia messo tanto meglio di me. Pazienza, vorrà dire che mi toccherà saltare un’altra volta la cena” pensò, ultimando il lavoro.
«Ecco fatto! Come nuova!» disse contento, pulendosi le mani sui pantaloni lerci.
«Eccellente! Davvero un ottimo lavoro, ragazzo. Purtroppo non ho denaro con me…»
«Non preoccupatevi, non chiedo denaro. Mi basterebbe anche un tozzo di pane o qualsiasi altra cosa vogliate» disse il ragazzo sorridendo.
«Hai buon cuore. Ti darò una cosa preziosa, più preziosa di tutto l’oro e i gioielli del mondo.» Così dicendo, l’uomo rovistò dentro una grande sacca e tirò fuori un oggetto di piccole dimensioni, avvolto nella carta e legato da uno spago.
«Aprilo questa notte, non prima mi raccomando. Ci sarà la luna piena. Addio e grazie.» L’uomo depositò il pacchetto tra le mani di Yari e, con un movimento fin troppo agile per un uomo della sua età, entrò nella carrozza che partì al galoppo.
Il ragazzo fu talmente tanto indaffarato, durante la giornata, da dimenticarsi completamente del misterioso regalo riposto sul fondo della sua sporta.
«Una giornata intera a girare, e per cosa? Un paio di monete e due mele ammaccate» esclamò Yari, sistemandosi alla meglio sul pagliericcio sotto al ponte.
Era sempre stato un ragazzo solare e positivo, le ingiustizie della vita non erano riuscite a togliergli il sorriso ma, quella sera con un mozzicone di candela come unica fonte di luce e calore, cominciava a sentirsi abbandonato a se stesso.
Assorto in questi tristi pensieri, prese la sacca per farne un cuscino.
«Accidenti! Ma quanto pesa? Il regalo! Che sbadato, me n’ero completamente dimenticato» disse, tirando fuori il misterioso pacchetto.
«Chissà cosa conterrà?»
Impaziente, strappò la carta e si trovò tra le mani un oggetto piuttosto pesante. Lo avvicinò alla candela per vederlo meglio.
«Ma cosa…?» sussurrò sorpreso.
Sembrava un soprammobile: la base era fatta di metallo cesellato vecchio e consunto, a giudicare dagli smalti sbeccati e dalle parti lisce per l’usura; poggiata su di essa, c’era una sfera di vetro al cui interno era possibile ammirare un piccolo castello circondato da una fitta foresta, entrambi sembravano fatti di ghiaccio.
«C’è scritto qualcosa qui» disse, passando il dito su una piccola incisione.
Un cuore puro conosce la vera ricchezza, recitava la scritta.
«Che strano, rispetto al resto, la scritta sembra nuova come se fosse stata appena incisa» constatò, rigirandosi l’oggetto tra le mani.
Quel movimento causò una piccola nevicata all’interno della sfera.
«Oh, è solo una stupida sfera con l’acqua. Cosa me ne faccio? Forse potrei provare a venderla al mercato domani, alla peggio tenterò di barattarla con del cibo» esclamò deluso. Poggiò la sfera in un angolo e si sdraiò.
Quella notte tirava un forte vento e  le nubi, che poco prima si accalcavano minacciando pioggia, furono spazzate via. Una bellissima luna piena illuminò la notte.
Un raggio solitario colpì la sfera che si accese, riversando la sua luce all’interno del rifugio di Yari.
Il ragazzo si svegliò di soprassalto, temendo un incendio improvviso. Ma grande fu la sua sorpresa quando capì che la luce proveniva proprio da quello strano oggetto.
Così lo prese nuovamente tra le mani, per studiarlo meglio.
«Ah!» gridò spaventato lasciandolo cadere.
«Forse sto ancora dormendo e questo è un sogno» disse stropicciandosi gli occhi.
Con cautela e facendosi coraggio, raccolse nuovamente la sfera e vi guardò dentro.
«Le cose sono due: o sono preda di allucinazioni da fame, o dentro questo castello in miniatura c’è qualcuno. Sono certo di aver visto un’ombra passare davanti a una delle finestre» esclamò.
«Riesci a vedermi?» chiese all’improvviso una vocina.
«Chi ha parlato? C’è qualcuno?»
Yari scattò in piedi guardandosi attorno.
«Ah ah ah, sono quaggiù. Non mi vedi?»
Pian piano, Yari sollevò la sfera: una piccola dama lo guardava sorridente affacciata al balcone.
«Chi…chi siete?» balbettò Yari.
«Sono la principessa Isme» esclamò lei, facendo una riverenza.
«Una principessa?» chiese incredulo.
Guardandola meglio, quella minuscola fanciulla aveva le sembianze effettive di una vera principessa. O meglio, quelle che secondo lui si addicevano al suo rango, non avendone mai vista una: il suo abito era blu come la notte illuminato da fili d’argento; i capelli, raccolti in un’elaborata acconciatura da cui sfuggivano alcuni boccoli che le incorniciavano il viso, erano bianchi come la neve e bianca era anche la sua pelle. Il viso era celato da una maschera ma gli occhi erano azzurri come il cielo d’estate.
“Sembra essa stessa fatta di ghiaccio” pensò il ragazzo.
«Maestà, perdonatemi» si scusò inchinandosi.
«Perdonarti? E per cosa? Dovrei ringraziarti, invece»
«Ringraziarmi?»
«Sì, mio salvatore. Tu mi hai trovata e mi libererai dall’incantesimo che mi tiene prigioniera in questo regno fatto di ghiaccio» spiegò la principessa.
«Ma io sono solo un poveraccio, non ho casa né denaro con me. Come posso salvarvi? Non sono degno di tanto onore»
«La ricchezza non sta nei titoli o nel denaro, ma nel cuore puro di un uomo. E tu, mio cavaliere, sei più puro della neve. A proposito, che sciocca sono, qual è il tuo nome?» chiese Isme sorridendo.
«Il mio nome è Yari, principessa» esclamò inchinandosi nuovamente.
«Yari, è un nome bellissimo.»
«Chi vi tiene prigioniera?» chiese il ragazzo, ancora titubante.
Non era sicuro che tutto quello che stava vivendo non facesse parte di un sogno.
«Un mago cattivo m’imprigionò in questo silenzioso regno ghiacciato. Solo colui il cui cuore è candido come neve può spezzare l’incantesimo e liberarmi. E io diverrò sua sposa.»
«Principessa, giuro solennemente sul mio onore, che troverò il mago che vi tiene prigioniera e lo costringerò a liberarvi.»
«Oh mio giovane e impavido eroe, non occorre cercare alcun mago, devi solo trovare la strada per entrare nel regno ghiacciato e portarmi via. Solo allora sarò libera e potremo sposarci.»
«Vi libererò, ve lo prometto» esclamò baldanzoso.
«La luna sta tramontando, è giunta l’ora di dirci addio» disse la principessa, improvvisamente triste.
«Addio? E perché mai? Quando potrò rivedervi?» chiese Yari.
«Alla prossima luna piena, ci rivedremo alla prossima luna piena. Non scordarlo.»
«Ma come farò a trovarvi?»
«Ti verrà rivelato a tempo debito.»
La luce della luna si affievolì fino a svanire, l’interno della sfera tornò alla normalità. Il castello smise di brillare e tornò a essere solo una semplice palla con la neve.
Ancora eccitato per l’incontro, Yari depose la sfera in un posto sicuro e tornò a letto con la speranza di riuscire a dormire un po’ e con il timore che tutto ciò che era successo non fosse che parte di un sogno…

«Ma che storia assurda!» sbottò il giovane, «una principessa in una palla con la neve? Nemmeno da bambino mi son state raccontate storie così sciocche.»
«E perché, di grazia, questa storia sarebbe sciocca?» chiese l’uomo, infastidito per esser stato interrotto.
«Quell’uomo, per esempio.»
«Uomo? Quale uomo?»
«L’uomo che si portava in giro la sfera, non poteva liberare lui la principessa?»
«Ah ah ah» rise il vecchio.
«Che hai da ridere vecchio?»
«Portami rispetto, ragazzo!» tuonò l’altro, all’improvviso.
«Scusatemi, non volevo essere scortese» esclamò il ragazzo rosso di vergogna, «ma oggi non è proprio un giorno felice per me, e poi il postale sarà qui a breve» terminò, sinceramente dispiaciuto.
«Non temere, la storia non durerà ancora a lungo. Arriverai a prendere il tuo postale, sempre che questo sia ciò che realmente vorrai alla fine…» rispose l’uomo sorridendogli bonariamente.
«Cosa intendete?»
«Ora, ragazzo, ti rivelerò un segreto» continuò il vecchio, ignorando la sua domanda. «L’uomo che regalò la sfera a Yari, era in realtà il padre della principessa. Una volta era stato re di un florido regno, ma l’avidità e la brama di potere avevano provocato grande sconforto e pena nei suoi sudditi. Le loro suppliche vennero ascoltate da un potente mago che, per punire il sovrano, colpì ciò che vi era per lui di più caro: sua figlia. Così rinchiuse la principessa in una palla di vetro e comandò al re di girare il mondo, finchè non avesse trovato un cuore puro capace di spezzare l’incanto. Ora hai capito perché non gli era possibile, pur volendolo con tutto il cuore, liberare la principessa?»
«Effettivamente, così ha un senso» ammise il ragazzo.
L’uomo appoggiò la schiena sulla spalliera della panchina e chiuse gli occhi sprofondando nel silenzio.
“Non si sarà mica addormentato?” si chiese il ragazzo.
«Dov’ero rimasto? Ah, sì…» riprese d’un tratto.

…Yari si svegliò e, guardandosi attorno, controllò subito che la sfera fosse al suo posto.
«Allora non è stato un sogno, c’è davvero una principessa all’interno di questo minuscolo castello» disse, osservandola incantato.
Rassicurato, si lavò e vestì, e si diresse di buon passo al villaggio in cerca di lavoro.
Quel giorno fu fortunato, il fabbro del paese aveva bisogno di aiuto per alcuni giorni.
Yari era al settimo cielo, e accettò subito il lavoro. Isme gli sarebbe apparsa solo alla prossima luna piena, aveva tutto il tempo per pensare a come fare per liberarla.
Durante quei giorni, nella mente di Yari si fece strada un pensiero: come poteva essere così egoista dal condannare la principessa a una vita di stenti? Lui era solo un poveraccio, come avrebbe potuto farle avere tutto ciò di cui una nobile fanciulla avesse bisogno?
“Non posso farla vivere sotto un ponte, lei merita una vita agiata e felice” pensava, e giorno dopo giorno finì col convincersene sempre di più.
Finalmente giunse la tanto attesa notte, Yari si preparò al meglio. Cambiò persino il vestito, mettendosi il suo abito migliore, o almeno il meno rammendato.
Aveva avuto quasi un mese per pensarci, alla fine aveva deciso che cosa fare. Avrebbe parlato con Isme, spiegandole il suo piano e sperando che lo appoggiasse.
“Dopotutto, perché non dovrebbe? A tutte le principesse piace vivere nel lusso” pensò, dandosi un’ultima sistemata.
La luna si alzò nel cielo notturno in tutto il suo splendore. La sua luce calda, filtrò attraverso il vetro della sfera illuminandone l’interno.
Ed ecco che, finalmente, una leggiadra figurina apparve all’ingresso del castello.
«Yari, amore mio, quanto mi sei mancato» disse la fanciulla, col volto radioso dalla gioia.
Al sentire il suono della sua voce, il cuore di Yari fece un balzo nel petto.
“La amo” pensò, guardandola.
«Principessa Isme, siete bellissima stasera» le disse, contemplandola a lungo.
L’abito che indossava era ancora più bello del precedente: era dello stesso azzurro del cielo, trapuntato da minuscoli fili d’oro. Indossava ancora la maschera sul viso, i lunghi capelli bianchi erano acconciati in morbide onde che le scendevano fino alla vita sottile.
«Yari, non vedo l’ora di diventare tua sposa. In tutti questi giorni non ho fatto che pensarti. E tu? Mi hai pensata un pochino?» gli chiese.
«Pensarvi? Non c’è stato giorno che abbia cominciato senza pensarvi, o notte in cui mi sia addormentato senza ricordare il vostro viso.»
A quelle parole, così appassionate, il pallido viso di Isme si soffuse di un leggero rossore.
«Ascoltatemi, principessa. Ho pensato a lungo a noi e sono giunto a una conclusione: non posso liberarvi adesso, non ne sarei degno.»
«Cosa vuoi dire? Non capisco» esclamò la fanciulla spaventata.
«Non temete, verrò a liberarvi quando riterrò d’essere degno di voi. Un anno, vi chiedo solo un anno di pazienza» continuò lui, l’espressione addolorata di Isme gli spezzava il cuore ma tenne duro per il bene di entrambi.
«Degno? Tu sei già degno di me, perché vuoi aspettare così tanto?»
«Non credete che per me sia facile starvi lontano. Io vi amo ma mi serve tempo, tempo per diventare degno di voi.»
«Ma cosa vuoi fare?» gli chiese.
«Viaggerò, mi metterò al servizio di chiunque abbia bisogno. Andrò in guerra se necessario, ma vi prometto che riuscirò ad accumulare la ricchezza necessaria per farvi vivere come si confà a una principessa.»
Fiero della sua idea, ci rimase male quando vide la tristezza dipinta sul volto di lei.
«Yari, a me non serve denaro, né gioielli. Io ti amo e voglio vivere al tuo fianco. Non importa che tu sia povero, la vera ricchezza non sta nei gioielli ma nel cuore» tentò di convincerlo lei.
«Adesso dite così, ma un domani quando non avremo di che mangiare e dormirete sotto a un ponte, mi amerete lo stesso? Ormai ho deciso! Fidatevi di me, amore mio. Abbiate pazienza e aspettatemi, e vedrete che saremo felici» concluse lui.
La luna cominciò a calare e la luce all’interno della sfera diminuì. Era giunto il momento di salutarsi fino alla prossima luna.
«Addio Isme, mi auguro che quando ci rivedremo noterete dei cambiamenti in me. Vi prometto che ce la metterò tutta. Addio, amore mio» la salutò.
«Addio amore mio, spero tanto che tu abbia ragione, ma temo il peggio. Ho paura, temo ciò che troverò al nostro prossimo incontro» disse lei in un sussurro. Ma le sue parole si persero nel vento e, mentre tornava nella sua prigione ghiacciata, guardò per l’ultima volta il viso del suo amato.

«Ehm…scusate se v’interrompo nuovamente.»
«Adesso cosa c’è, ragazzo?» chiese l’uomo, curioso.
Una scintilla d’interesse si era accesa nello sguardo del giovane, e questo non poteva che fargli piacere.
«Mi chiedevo… come hanno fatto Yari e Isme a innamorarsi subito? Dopo essersi visti una volta soltanto e da così lontano, come potevano essere sicuri dei loro sentimenti?»
«È un’ottima domanda. Vedi, loro erano spiriti affini, due metà perfette della stessa anima. Nel momento esatto in cui i loro sguardi si sono incrociati, hanno capito di esser fatti l’uno per l’altra. Ti è mai capitato di perderti a tal punto negli occhi di una donna, dal non riuscire quasi a respirare?»
A quella domanda gli occhi del ragazzo divennero lucidi di commozione.
«Ecco, questo è esattamente ciò che capitò a Yari» concluse il vecchio, dando al ragazzo un’amichevole pacca sulla spalla.

…Purtroppo le speranze di Isme vennero disattese, sorse la luna ma Yari non si fece vedere. Lei non poteva saperlo ma, il suo amato, si trovava in viaggio.
Grazie a un colpo di fortuna, Yari era riuscito a farsi assumere come apprendista presso un nobile cavaliere. L’uomo aveva rivisto se stesso in quel giovane volenteroso e fiero e aveva deciso di aiutarlo.
Per due mesi viaggiarono per raggiungere il castello del cavaliere.
Giunti finalmente a destinazione, Yari potè disfare il suo misero bagaglio nella nuova stanza a lui destinata.
«Mi dispiace, mia amata, avevo promesso di rivedervi alla prossima luna ma ne sono passate due. Potrete mai perdonarmi? Certo che lo farete, quando capirete che tutti questi sacrifici li sto facendo per noi. Domani ci sarà la luna piena e potremo rivederci» disse Yari rivolto alla muta sfera.
La luce della luna irruppe dalla finestra.
«Isme, mia diletta, finalmente» esclamò Yari, sorridendo alla piccola dama.
«Yari, quanto ti ho aspettato. Perché questa lunga attesa? Ho temuto ti fossi dimenticato di me» rispose tristemente la principessa.
«Che sciocchezza! Come potrei dimenticarvi? Ho viaggiato per raggiungere le terre del mio signore. Adesso sono al servizio di un nobile e ricco cavaliere.»
«Sono felice per te, ma perché mai ti sei messo a servizio di un nobile?»
«Il mio signore ha detto che gli ricordo se stesso da giovane. Ha visto in me delle qualità e vuole farmi diventare un cavaliere.»
«Un cavaliere?»
«Sì, Isme. Diventerò un cavaliere ricco e temuto e potrò venire a salvarvi. Vi prometto che mi impegnerò a fondo e solo allora mi sentirò degno di voi.»
«Yari, desisti da questa folle impresa, te ne prego. Lascia questo castello, congedati dal tuo signore e vieni a salvarmi» lo pregò lei.
«Ma non capite che lo faccio per voi? Siete un’ingrata Isme, perché non pensate al mio dolore nel dover posticipare il nostro incontro» la rimproverò Yari.
«Sei cambiato amore mio, torna sui tuoi passi finchè sei ancora in tempo» lo supplicò.
«Basta! È inutile parlare, spero che al nostro prossimo incontro avrete cambiato idea e sarete più ragionevole» esclamò girandole le spalle e uscendo dalla stanza.
«Aspetta Yari, non lasciarmi sola. Torna a parlare con me.»
Ma lui non tornò. Mesta, la principessa sedette su un gradino del portico e proruppe in singhiozzi. Le lacrime si trasformarono in piccoli cristalli di ghiaccio e fluttuarono lontane.
I mesi passavano, il nobile cavaliere insegnava tutto ciò che sapeva al suo giovane apprendista.
In poco tempo, Yari imparò a duellare con la spada, gli venne insegnata la matematica e tutte le materie che si confacevano all’educazione di un giovane signore. Ma ben presto, le responsabilità che gravavano sulle sue giovani spalle lo cambiarono.
Gli incontri con Isme si fecero brevi e fugaci, fin quasi a scomparire. La principessa era sempre più triste e rassegnata nel constatare quanto distante dall’originale, fosse diventato il suo amore.
Le ricchezze e la fama lo avevano reso diverso.
A un anno esatto dall’entrata al castello, il nobile cavaliere morì lasciando come unico erede Yari.
Adesso non solo era ricco e istruito, ma era diventato il signore indiscusso del castello e di tutte le sue proprietà.
Purtroppo, ricchezza chiama altra ricchezza e Yari, nel tentativo di accumularne il più possibile, divenne inflessibile con i suoi fittavoli. Impose nuove tasse e punì chiunque non versava in tempo la sua parte.
«Isme, mia principessa. Stanotte stessa partirò alla volta della vostra reggia. Se tutto andrà bene, saremo di ritorno in men che non si dica e potremo finalmente sposarci. Diverrete la signora del mio maniero, oltre che del mio cuore. Non dovrete far altro che  indicarmi la strada e io verrò a prendervi» disse Yari, gonfiando il petto nella sua nuova e lucente armatura.
«Come sei cambiato, mio bene.  Adesso sei un uomo. Dov’è finito il ragazzo gentile che conobbi un anno fa?» chiese triste.
Yari era cambiato, e non solo perché gli allenamenti ne avevano temprato il fisico, rendendolo più robusto. Qualcosa velava il suo cuore e Isme non poteva che disperarsi per ciò.
«Il ragazzo è diventato uomo. Adesso sono ricco, Isme, e potrò mantenervi come si deve» le rispose.
«Allora mio cavaliere, se questo è ciò che hai deciso, devi spingerti oltre il regno ghiacciato all’estremo nord. Arrivato lì vedrai un grande salice al centro di un lago, attraversa il lago e inoltrati all’interno dell’albero. Troverai una porta intarsiata nella sua corteccia: quella è l’entrata per il mio mondo. Che il mio destino si compia» terminò Isme, ma non c’era gioia nella sua voce.
«Orbene, mia amata. Sarà meglio che mi metta in cammino. Non vedo l’ora di stringervi tra le mie braccia» esclamò, poggiando la sfera sulla mensola accanto al camino.
Yari uscì dalla stanza con una strana sensazione addosso. La luce all’interno della sfera era fievole, l’aveva già notato altre volte nel corso dei loro ormai rari incontri. Anche Isme gli era sembrata diversa, stanca e triste.
“L’anno passato ad aspettarmi deve averla sfiancata” pensò, sellando il cavallo.
Mentre il ponte levatoio si abbassava, un altro particolare gli venne in mente: la scritta sulla sfera era quasi sparita.
Non ci aveva fatto caso, ma adesso non si leggeva quasi più.
“Toccandola si sarà usurata” pensò, lanciando lo stallone al galoppo.
E così Yari iniziò il suo viaggio, cavalcò notte e giorno oltrepassando villaggi e città, valicando montagne e superando deserti. Più il tempo passava, più sentiva avvicinarsi il momento in cui avrebbe finalmente salvato la sua principessa.
Eppure, un pensiero adombrava la sua felicità. Viaggiava ormai da due mesi e ancora non era giunto a destinazione.
“Ci sto mettendo più tempo del previsto. E se al mio ritorno scoprissi che, colui che ho lasciato a guardia delle mie proprietà, non ha saputo amministrarle a dovere? Non vorrei perdere denaro prezioso. Devo cercare di aumentare l’andatura o tutti i miei sacrifici andranno in fumo” pensò.
Con questo peso sul cuore, giunse alla fine del suo viaggio.
«Ecco il salice, finalmente» esclamò.
Al centro del lago, un enorme salice piangente incurvava i suoi rami frondosi fin quasi a sfiorare l’acqua.
Yari salì su una barca e remò fino all’albero. La pianta sorgeva su un piccolo isolotto di terra e sassi, della grandezza a malapena sufficiente a poggiarci i piedi.
Attento a non cadere in acqua, Yari tastò la corteccia fino a trovare la porticina descrittagli da Isme. Facendo leva con le dita in una scanalatura, l’aprì.
Deglutendo nervosamente l’oltrepassò, l’oscurità che lo avvolse si attenuò pian piano, rivelando un luogo da favola: una vallata ricoperta di candida neve, circondata da un bosco e al centro un imponente castello interamente fatto di ghiaccio.
“È… bellissimo” pensò.
Il freddo intenso lo riportò con i piedi per terra, felice come non mai corse verso il castello.
«Isme, mia principessa, sono qui» gridò, bussando al portone.
All’ingresso apparve lei, era una visione: fasciata in un lungo abito blu notte, portava i capelli raccolti come la prima volta in cui si erano incontrati, ma sul viso non aveva alcuna maschera.
«Siete bellissima, amore mio» le disse inginocchiandosi.
«Finalmente sei giunto, mio sposo» sussurrò lei.
Alzandosi, Yari la prese tra le braccia e la baciò: tutto in lei era freddo come ghiaccio.
«Andiamo mia diletta, il mio castello vi attende» esclamò prendendole una mano e indicandole il tragitto.
«Yari… io…»
«Cosa c’è, mio tesoro? Perché ve ne state ferma lì e rifiutate di seguirmi?» le chiese sorpreso.
«Ho una cosa da chiederti, prima» rispose lei.
«Potrete chiedermi tutto ciò che vorrete in viaggio, dobbiamo sbrigarci perché il cammino è lungo» insistette lui, tirandosela dietro.
«No!» esclamò Isme, divincolandosi dalla sua stretta, «È necessario che te lo chieda ora»
«E va bene, ditemi pure cosa vi angustia» acconsentì lui.
«Yari, io ti amo più della mia stessa vita. Non vedo l’ora di diventare tua moglie e per questo ti chiedo di restare» terminò lei a mani giunte, quasi pregasse.
«Non capisco. Cosa volete dire?»
«Resta qui con me, regneremo insieme su questo mondo fatto di ghiaccio e silenzio. Saremo solo tu e io, felici per sempre.»
«Vaneggiate, la gioia per la liberazione vi avrà di certo confusa. Come pensate che possa restare qui? Ho un castello e delle proprietà di cui occuparmi, senza di me andrà tutto in malora. È questo che volete? Che torni povero e sudicio come un tempo? Ho fatto tutto questo per voi, comprendo la vostra paura a lasciare un posto conosciuto per uno ignoto. Ma non dovete essere nervosa, avrete me accanto. Vedrete, vi piacerà la nuova casa.»
A quelle parole, gli occhi di Isme divennero tristi. La fanciulla gli porse la mano e lo seguì mesta.
Yari la aiutò a montare in sella e, dopo aver preso posto alle sue spalle, spronò il destriero.
«Mi dispiace, amore mio. Mi dispiace tanto…» furono le ultime parole della principessa, prima che lasciassero per sempre quei luoghi.
Per tutto il viaggio, Isme non emise un fiato. Yari, sorpreso in un primo momento dal mutismo della sua amata, finì con l’ignorarlo imputandolo al nervosismo per l’imminente matrimonio.
Giunto davanti al suo castello, Yari smontò da cavallo e aiutò Isme a fare lo stesso.
“Com’è leggera” pensò mentre la sollevava per poi deporla gentilmente a terra.
“Dev’essersi stancata per il lungo viaggio” pensò, vedendo quanto spento e sciupato fosse il suo viso.
«Mia amata sposa questa, d’ora in avanti, sarà la vostra nuova casa» le disse, prendendola per mano.
Il ponte levatoio si abbassò e la coppia s’incamminò lungo il cortile interno.
D’un tratto Yari s’arrestò.
«Perché avete lasciato la mia mano? Preferite forse varcare la soglia di casa tra le mie braccia?» le chiese voltandosi.
«Isme, per l’amor di Dio!» trasalì lui.
La sua principessa era diventata quasi trasparente, riusciva persino a guardarle attraverso.
Con un flebile lamento, Isme s’accasciò.
Yari la cinse tra le braccia prontamente, ma non riusciva più ad avvertirne il peso.
«Cosa vi succede, mia amata?» domandò con l’angoscia nel cuore.
«Mi dispiace tanto, amore mio.» Persino la sua voce non era che un sussurro nel vento.
«Come posso aiutarvi?» chiese piangendo.
«Non c’è più nulla che tu possa fare, ormai è tardi. L’avidità ha reso opaco il tuo cuore, una volta puro. Se tu fossi rimasto con me, nel mio regno… ma hai fatto la tua scelta e adesso non si può tornare indietro.»
«Dev’esserci un modo. Vi riporterò nel vostro castello e tutto tornerà come prima.»
«Devo dirti addio, amore mio. Sapevo che seguendoti avrei messo fine alla mia vita, ma l’amore che provo per te è immenso. Accetto di buon grado la mia triste sorte, perché ho preferito amarti anche se per poco, che vivere in eterno senza conoscerti…»
Isme chiuse gli occhi e scomparve.
«Oh destino avverso, perché me l’hai portata via? Sono stato così cieco e stolto. Perdonatemi amore mio, e per questo vi ho persa… o forse…»
Yari, affranto, corse all’interno del castello sperando di trovare la sua amata nuovamente nella sfera di vetro.
Ma amara fu la sorpresa nel vederla vuota, non v’era traccia del castello, né della foresta.
Al loro posto c’era solo un piccolo cuore di ghiaccio, una profonda crepa lo attraversava dividendolo in due.

«Volete scherzare? Questa sarebbe la fine della storia? E Isme? Il loro doveva essere amore eterno, non è giusto» disse il ragazzo, profondamente provato.
«Non tutto è giusto a questo mondo. Yari aveva avuto la possibilità di scegliere tra l’amore puro e incondizionato di Isme e la ricchezza. Tutti noi siamo chiamati a delle scelte e ne dobbiamo accettare le conseguenze» spiegò il vecchio.
«Ma non si incontrarono più? E Yari che fine fece?» continuò il ragazzo.
«Yari non si sposò mai, restò nel suo castello preda di una profonda crisi. Si chiuse nel suo dolore e nella consapevolezza del suo errore. Ogni luna piena, negli anni a venire, cercò il suo amore tra i fiocchi di neve della sfera. Ma non la vide mai più. Isme se n’era andata per sempre, di lei non era rimasto che il suo piccolo e fragile cuore spezzato. Yari si disinteressò di tutte le sue proprietà, e il castello cadde in rovina. Troppo tardi aveva compreso quale fosse la vera ricchezza di un uomo. È ora che vada, ragazzo. Il postale non tarderà ancora per molto e questo vecchio ha bisogno di riposare le sue stanche ossa.
Ricorda, non fare come Yari, sei ancora in tempo a capire. Non sacrificare l’amore per la cupidigia. La vera ricchezza non è nel denaro, ma nell’amore.»
«Vi ringrazio signore, grazie per aver condiviso con me questa storia. Avrei piacere ad avervi per cena… ma.. dov’è andato?»
Il ragazzo si guardò attorno ma non v’era traccia del vecchio. Il postale era ormai vicino, poteva sentirne il rumore. Alzandosi notò qualcosa poggiata sulla panchina: una sacca vecchia e sdrucita.
“Deve averla dimenticata quello strano vecchio,” pensò “e adesso? Come faccio a restituirgliela?”
Allungò una mano e l’afferrò.
«È pesante, c’è qualcosa al suo interno» disse.
Curioso l’aprì, sul fondo della sacca c’era una palla di vetro. Con mano tremante, il ragazzo la tirò fuori. Al suo interno, un piccolo cuore di ghiaccio con una profonda crepa nel mezzo, riluceva alla luce del sole. Con il cuore che pompava furiosamente e le lacrime agli occhi, tracciò con le dita i contorni della scritta cesellata sulla base “Un cuore puro conosce la vera ricchezza”.
Il postale si fermò davanti a lui, il conducente aprì lo sportello e guardò impaziente quello strano ragazzo col volto umido di pianto.
«Ragazzo, sbrigati che devo ripartire. Non posso mica aspettarti tutto il giorno» sbraitò l’uomo.
«Grazie, signore. Ma credo che tornerò al villaggio. C’è una fanciulla da cui mi devo far perdonare.» E, girandogli le spalle, s’incamminò di buon passo lungo la strada.

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