Bologna vanta una delle più fiorenti scuole italiane di noir, eppure, fino alla prima edizione di Paura sotto la pelle nel 2017, non aveva una rassegna dedicata alla narrativa crime. Negli ultimi sei mesi invece si è rifatta, rivelandosi leader nella sua diffusione e dando vita, nel capoluogo o nei suoi dintorni, a ben tre manifestazioni: a fine 2018, nel cuore antico della città, la seconda edizione di Paura sotto la pelle; tra marzo e aprile di quest’anno, nei comuni della Pianura Est, la prima edizione di C’est noir,; il 18 e il 19 maggio nel Comune di San Lazzaro di Savena, la prima edizione di Aemilia (Fig.0 – Locandina), diretta da Fabio Mundadori- che è anche coorganizzatore di Paura, insieme a me e a Giovanni Modica – e da Luca Occhi, sotto il patrocinio del Comune stesso e della libreria SQuiLibrai.
Non ho potuto assistere all’inaugurazione di Aemilia e alla sua conclusione, ma gli incontri ai quali ho partecipato al Centro Malpensa di Villa Serena mi hanno regalato, oltre a generose suggestioni, la gioia di ritrovare vecchi amici e conoscerne di nuovi.
La formula, classica e ben collaudata, ha accostato autori molto affermati ad altri di più recente notorietà, affiatati tutti nella vivace presentazione dei loro più recenti romanzi, che hanno abbracciato ogni colore narrativo del crime.
Come si conviene a un festival della Via Emilia, la schiera di scrittori bolognesi ed emiliano-romagnoli è stata davvero nutrita (Barbara Baraldi, Alessandro Berselli, Alessandro Bruni, Roberto Carboni, Massimo Fagnoni, Riccardo Landini, Loriano Macchiavelli, Gianluca Morozzi, Fabio Mundadori, Luca Occhi,Paolo Panzacchi, Corrado Peli, Valerio Varesi), ma non sono certo mancati i colleghi da altre regioni (Monica Bartolini, Gianni Biondillo, Anna Copertino, Carlo Legaluppi, Luca Martinelli, Gaia Mencaroni, Jøn Mirko, Sonia Sacrato, Livia Sambrotta, Giada Trebeschi, Roberto Van Heugten, Letizia Vicidomini).
Tre assoli hanno galvanizzato il pubblico, comunque sempre presente ad affollare gli spazi di Villa Serena: il sabato, Loriano Macchiavelli e Valerio Varesi; la domenica, Gianni Biondillo.
Nella mattinata della domenica, si sono poi avvicendati laboratori di scrittura per adulti e ragazzi, tutti molto seguiti, tenuti da Gianluca Morozzi, Sara Magnoli e Tiziano Riverso.
Permettetemi, però, di dedicare uno spazio particolare agli interventi degli autori che ho affiancato in veste di moderatore.
Loriano Macchiavelli ha aperto la sessione del sabato pomeriggio presentando in anteprima Delitti senza castigo (Einaudi, Stile libero big) con il quale celebra il quarantacinquesimo compleanno letterario del suo personaggio più amato, Sarti Antonio sergente, che ha battuto lo stesso Maigret. Il romanzo, scritto nel 1998 e sottoposto dall’autore a un’ampia revisione, ruota attorno a una serie di crimini brutali che funestano a tal punto Bologna da renderla irriconoscibile agli occhi stessi di Sarti Antonio. Con Loriano, abbiamo parlato del personaggio, che lui ammette di avere dapprima amato e poi finito per odiare, tanto da tentare di ucciderlo (Stop per Sarti Antonio, Einaudi, 1985), ma che a furor di lettori ha poi dovuto riprendere. Sarti Antonio è uno di noi, un “eroe della lotta quotidiana” secondo il grande Oreste del Buono, e con noi condivide tutta la fatica di vivere. Un’emozione profonda per me sedere accanto al capostipite della scuola bolognese del noir, una persona così grande da non temere di mostrarsi in tutta la sua semplicità, così generosa da consultarmi per chiedere conferma delle date delle sue opere. Mi sono sentita una scolaretta, lo confesso, sotto lo sguardo benevolo e accogliente del maestro.
Il pomeriggio è volato nel susseguirsi degli autori, tutti accattivanti. Una menzione particolare per la sessione, presentata da Laura Piva, che ha affiancato due autrici di particolare sensibilità nella raffigurazione di grandi protagoniste: Barbara Baraldi che in Osservatore oscuro (Giunti, 2018) ha stagliato la sua profiler, Aurora Scalviati, sullo sfondo potente di quella Bassa emiliana dove Barbara stessa risiede, terra ferita dal sisma del 2012 dal quale però ha saputo rialzarsi orgogliosa; Letizia Vicidomini che in Lei era nessuno (Homo scrivens, 2019) racconta la terribile storia di Iris, amante segreta di un uomo che si accorge non essere mai esistito.
Voglio ancora citare l’incontro per la presentazione di un’opera coraggiosa, Un giorno per la memoria (Homo scrivens, 2019), curato dalla giornalista Anna Copertino quale rappresentante di Libera Associazione contro le mafie, che ha affidato ad altrettanti scrittori la redazione di ventotto racconti ispirati a vittime innocenti della criminalità organizzata. È stato un momento toccante, moderato dall’editore Paolo Bernardi con le letture di Letizia Vicidomini, presente anche il figlio di Silvia Ruotolo, Francesco Clemente, che dalla terribile esperienza vissuta come testimone bambino dell’omicidio della madre, ha tratto una volontà formidabile di diffondere tra i giovani la necessità della più fiera opposizione alle mafie. Lo fa, da anni, prestando la sua opera alle iniziative sociali di Libera e a quelle della fondazione intitolata alla madre, costituita utilizzando il risarcimento ricevuto dallo Stato per la perdita subita.
La serata si è conclusa con una cena conviviale in cui non potevano mancare le tradizionali crescentine bolognesi e i vini delle nostre colline, durante la quale Valerio Varesi è stato “torchiato” da me sull’ultimo romanzo con protagonista il suo commissario Soneri, il quindicesimo della serie, dal titolo La paura nell’anima (Frassinelli, 2018). Al centro della vicenda un pericoloso criminale, Vladimir il serbo, che, dopo essersi macchiato di atroci delitti nelle campagne della Bassa emiliana, sembra essersi rifugiato tra i rilievi dell’Appennino Tosco-Emiliano. Varesi e il suo sguardo affilato da cronista di razza non potevano lasciarsi sfuggire le gesta nefande di Igor il russo, che per mesi ha terrorizzato le popolazioni di quella zona e ha dominato le prime pagine dei quotidiani. Lo spunto di cronaca tuttavia fornisce all’autore il pretesto per indagare sulle conseguenze che l’insicurezza del quotidiano induce in una piccola comunità, trasformando la paura concreta dell’oggi in diffidenza e sospetto verso gli altri, fino a divenire superstizione e addirittura rifugio nei miti pagani.
La domenica mattina è stata dominata dai laboratori di scrittura che citavo sopra, mentre il pomeriggio mi ha visto di nuovo moderatore, al centro di un formidabile quintetto: Alessandro Bruni (Killing rock revolution, Persiani Editore, 2017), Massimo Fagnoni (Burnout, Minerva Edizioni, 2019), Jøn Mirko, alias Giovanni Jonvalli e Mirko Filistrucchi, (Savant, Lupieditore, 2018) e Sonia Sacrato (La mossa del gatto, Golem Edizioni, 2019). Non facile individuare un filo conduttore tra opere così diverse, ma neppure impossibile qualora si pensi all’originalità come fil rouge che le lega. E così, tra una cospirazione ordita dai servizi segreti britannico e americano per eliminare gli scomodi profeti rock di una generazione, la sindrome da stress che colpisce gli operatori delle attività di helping impegnati nella cura e nel contenimento dei pazienti psichiatrici, la sindrome che associa severi deficit cognitivi a isole di capacità geniale e, per finire, l’ombra proiettata dalla tragedia di Marcinelle su una piccola comunità della Valdobbiadene, un’ora è volata in un serrato dialogo con autori brillanti che mi è dispiaciuto lasciare: sembrava che avessimo appena iniziato a scaldarci.
Bravi tutti: i direttori artistici, Fabio Mundadori e Luca Occhi in primis, che hanno saputo mantenere, in una manifestazione orchestrata con cura diligente, l’atmosfera cordiale di un incontro tra amici; scrittori e moderatori che hanno dialogato con disinvolta competenza; i librai di SQuiLibrai, eroiche Piera Fonti e Giulia Neri, che hanno fortemente voluto la manifestazione; i moderatori, che hanno condotto brillantemente gli incontri; Marco dell’emittente radio 4zero3, che ci ha intervistati tutti con garbo e attenzione; Marco Gandolfi della Gandolfi Vini che ha sfidato le intemperie di sabato per presidiare il gazebo degli aperitivi; le signore che hanno cucinato per noi i piatti della nostra tradizione; il pubblico che è rimasto numeroso, resistendo alle lusinghe del fine settimana. Un doveroso grazie a Paolo Bonetti, lettore di smisurata passione, cui devo le foto che accompagnano questo articolo. E se non sono perfette, caro Paolo, sono per noi tutti ricordi preziosi.
Che dire ancora? Alla prossima, e io mi auguro davvero che ci sia! Queste manifestazioni ci fanno bene perché, per citare Loriano Macchiavelli: “La lettura è l’unico rifugio che ancora ci resta dell’antica sapienza, non buttiamola via!”.
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