Con oltre ventimila followers, spopolano su Facebook (e non solo) i Fumetti di Jazz e Gigi, due gatti impertinenti e simpatici, creati dalla matita ispirata di Ilaria Isaia. Sono una degli appassionati che, tutte le mattine, danno un’occhiata ai due felini come “buongiorno” personalizzato. Tra una risata e l’altra questa è l’intervista.
Studi effettuati per il lavoro che svolgi.
R: Di studi specifici ho fatto solo due corsi di sceneggiatura, o meglio, di scrittura creativa presso l’Accademia Disney. Ma in realtà ho attinto ovunque e studiato di tutto, anche se mentre lo facevo non sapevo ancora verso che meta tutto ciò mi stesse portando. Ho studiato mimo, storia del teatro, della musica, dell’arte, letteratura, archeologia. Nel mio apprendistato ho provato a fare un po’ di tutto: dalla sceneggiatura delle storie a fumetti alla correzione bozze, dai giochi di enigmistica alle interviste, alle traduzioni, fino al lavoro di redattrice vero e proprio. Per un periodo sono passata perfino all’organizzazione di concerti jazz, che apparentemente nulla ha a che vedere col mio lavoro. Tante di queste cose le ho ormai abbandonate, ma mi sono comunque state utili per formarmi. E poi ho sempre letto tanto, ascoltato moltissima musica (di ogni genere: classica, opera, jazz, pop, rock…), e soprattutto ho sempre scritto, scritto, scritto.
R: In senso professionale, i primi passi ci sono stati nel 1995, quando sono arrivata all’Accademia Disney. Ricordo un grande entusiasmo e la voglia di imparare continuamente cose nuove, di scoprire un mondo nuovo. Tampinavo letteralmente i “grandi maestri”, in particolare Elisa Penna e Giovan Battista Carpi, per apprendere da loro quanto più possibile. Poi, naturalmente, c’è stata l’emozione di veder pubblicata la mia prima storia su Topolino.
I dolori sono i soliti: la paura di non farcela a ottenere quel che si vuole, e questa non passa mai, e il pericolo di incontrare personaggi che tendano a spegnere la fiammella dell’entusiasmo. Perché c’è una bella differenza tra essere realisti e far perdere la passione. I primi possono portarti a migliorare facendoti notare i tuoi limiti, incoraggiandoti a superarli, e magari anche a farti capire che hai sbagliato strada ed è meglio sceglierne un’altra. I secondi, invece, ti spingono a credere che qualunque sforzo sia inutile, che non vale la pena neanche provarci. Questi sono i peggiori.
Nel tuo campo, sei una libera professionista, oppure fai parte di una casa editrice?
R: Sono una libera professionista. È decisamente la situazione che mi si addice di più, anche perché a me piace cambiare. Non mi piace farmi appiccicare etichette o passare come “quella che fa solo storie romantiche”, per esempio, o solo “cose per bambini”.
Minni & Company, Minni Mag eccetera: diedero una visibilità nuova e maggiore alle “donne” del mondo dei fumetti. Per mezzo di quali personaggi?
R: Direi senza dubbio Minni e Paperina, le protagoniste, ma anche Clarabella ha avuto molto più spazio, con la serie ambientata negli anni Venti “Gli anni muggenti” di François Corteggiani, dove lei diventava una spregiudicata reporter in lotta contro temibili gangster e non più solo la simpatica e svampita amica di Minni che tutti conosciamo. Quando uscì Minni & Company ci furono diverse proteste, perché l’operazione sembrava vagamente sessista, un metodo per separare le bambine dall’universo “unisex” di Topolino. Pareva un po’ come chiuderle in un ghetto, per così dire, e relegarle in un mondo stereotipato tutto loro fatto di cuoricini e leziosaggini. In realtà non era così, in quel giornalino i personaggi Disney femminili avevano acquistato autonomia. Se fino a quel punto erano state viste soprattutto come “le fidanzate – spesso fastidiose e nevrotiche – di…” adesso diventavano protagoniste e potevano vivere di tutto. C’erano, sì, pure le storie romantiche, ma c’erano anche le avventure, le scoperte, le commedie. Cosa che fino ad allora non era quasi mai accaduta.
Quali caratteristiche, a tuo avviso, deve avere (dal punto di vista non solo grafico, quindi ti chiedo di uscire un po’ dal tuo campo professionale) un personaggio per piacere ai ragazzi di oggi (fascia di età pre-adolescenza)? O alle ragazze & ai ragazzi?
È vero che io ho lavorato per testate prettamente femminili come Minni & Company, appunto, o Barbie Magazine, e anche per qualcuna più “maschile”, tipo le Giovani Marmotte, ma questa estrema targettizzazione del prodotto, questo dividere tutto in “per maschi” e “per femmine” non mi piace. C’è una forte spinta verso gli stereotipi maschili e femminili, e se c’è una cosa che io davvero non sopporto sono proprio gli stereotipi. Io credo che se un progetto è valido, fatto bene, se ha qualcosa da comunicare e non ha l’unico scopo di raccogliere soldi, debba essere godibile per tutti o quasi. Certo, ci sono e ci saranno sempre prodotti “per maschi” e “per femmine”. Ma ultimamente penso si stia esagerando in questo senso. È una cosa che non m’interessa più, preferisco chiamarmene fuori. E poi quando faccio qualcosa, qualcosa in cui credo intendo, non mi chiedo mai “piacerà al pubblico X o al pubblico Y?”, non mi pongo un target, non mi domando mai “è più da femmine o da maschi?”, penso invece se potrebbe piacere a me. Se trovassi questa cosa fatta da un altro la prenderei? Mi piacerebbe? Insomma, sono io la mia prima lettrice. Anche quando seleziono i libri che intendo pubblicare per Il Gatto e la Luna, scelgo quelli che piacciono a me, altrimenti non li prendo neanche in considerazione.
Sarai al Salone Internazionale del Libro di Torino? E dove possono trovarti i tuoi fan?
R: No, purtroppo non potrò essere al Salone di Torino, per tanti motivi. E poi… fan? Io ho dei fan? Che addirittura vorrebbero incontrarmi? Non ci avevo mai pensato. Dici che è il caso di porvi rimedio e organizzare qualcosa?
Con oltre ventimila followers solo su Facebook, direi proprio di sì. Nel 2007, hai pubblicato il libro a fumetti “Un anno con Jazz&Gigi” con la CE Mursia. Ho letto le vignette e le ho trovate deliziose, un mix sapiente di grafica e scrittura. Questi personaggi hanno un notevole seguito, anche su Facebook. Com’è nato il libro e come nascono le vignette quotidiane che regali? Ti confesso che sono tra i primi post che guardo, al mattino.
R: Innanzitutto, grazie per i complimenti. Le vignette, la serie tutta di Jazz&Gigi, è nata quasi per caso. Mi è bastato osservare i miei mici, soprattutto Gigi. Lui, quando era piccolo, con le sue trovate mi faceva sempre venire in mente Snoopy. Per me è stato naturale trasformarlo in un fumetto. I gatti hanno sempre qualcosa di sorprendente da osservare, e spesso, con la loro assoluta ingenuità, fanno venire in mente un po’ anche noi umani, con i nostri difetti e le nostre piccole e grandi manie. In fondo i nostri gatti un po’ ci rispecchiano, e spesso quando parlo di loro sto in realtà parlando di noi umani. Avevo cominciato a disegnare le mie strisce per divertimento nel 2006. All’epoca frequentavo un newsgroup di usenet, IDAG (acronimo di it.discussioni.animali.gatti), e mi divertiva raccontare agli altri utenti le vicende buffe di Jazz&Gigi (quelli veri) attraverso strisce e vignette, così aprii un blog dove collezionarle tutte. Per me era naturale, dal momento che il linguaggio del fumetto è un po’ il mio mondo. Poi, visto che parevano piacere non solo a me, un anno dopo contattai qualche editore per vedere se si potesse realizzarne un libro. In Mursia (http://www.amazon.it/G-anno-con-Jazz-Gigi/dp/8842538825/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454148986&sr=8-1&keywords=un+anno+con+jazz+e+gigi)risposero con entusiasmo e lo inserirono nella loro collana “Felinamente”, dedicata ai gatti.
Il nuovo libro, invece, s’intitola “Gattofollie” ed è disponibile su Amazon (http://www.amazon.it/Gattofollie-Ilaria-Isaia/dp/1502754355/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454146985&sr=8-1&keywords=gattofollie).
Hai fondato e diretto la CE digitale Il Gatto e la Luna. Ci puoi parlare di questo progetto? Non credo che sia facile far combaciare ispirazione artistica e amministrazione…
R: In realtà la mia casa editrice è talmente piccola che non pone grandi problemi di amministrazione. Non è molto diverso dal dovermi gestire come libera professionista, insomma. La differenza è che adesso devo farmi pubblicità da sola, contrariamente a quanto avviene quando mi appoggio a un altro editore. E questo è un po’ un mio punto debole. Com’è nato il progetto? Quasi per caso. Io leggevo ebook fin da tempi non sospetti, quando qui ancora non ne parlava nessuno o quasi, e certe volte mi divertivo a tradurre libri che mi erano piaciuti particolarmente e che magari in Italia non erano reperibili. A un certo punto mi sono detta: “Possibile che piacciano solo a me? Magari possono piacere anche a qualcun altro.” E quindi ho fondato Il Gatto e la Luna. Molto semplice, per la verità. Per il nome ho preso spunto da una poesia di William Butler Yeats, e poi mi piaceva avere un gatto nel logo. Non sono scaramantica ma il gatto è un po’ il mio portafortuna.
Quali consigli ti senti di dare a chi vorrebbe cimentarsi con la tua professione?
R: Di esserne ben convinti perché è dura, durissima. E poi di essere onnivori, curiosi, di cercare sempre spunti dappertutto e continuamente, attingere ovunque e da chiunque sia possibile, non fissarsi con una cosa sola, con un solo linguaggio, una sola “etichetta”, ma di spaziare, lasciare la mente aperta. E poi di leggere, scrivere, disegnare, ascoltare tanta musica, lasciarsi travolgere da altri linguaggi, pure se poi non saranno quelli prescelti. Saranno comunque nutrimento per la creatività. Per dire, io ho perfino cercato di imparare a suonare la batteria, anche se temo di essere stata un incubo per i miei maestri. Ma molti dei miei amici fumettisti sono anche bravi musicisti. E poi consiglierei di non permettere mai a nessuno di spegnere la fiamma dell’entusiasmo.
Ma, del resto… io che lavoro faccio? Dopotutto, forse, non ho ancora deciso cosa voglio fare “da grande”.
Il Blog di Ilaria: http://jazzegigi.blogspot.com/
Ilaria su Facebook: https://www.facebook.com/I-fumetti-di-JazzGigi-86097420572/?fref=ts
Commenti recenti