Sono giorni che guardo in loop video di Michael Jackson e che osservo quanto di buono abbia scritto e cantato negli anni. Al di là del personaggio, delle polemiche, delle accuse. In questo caso non mi interessa, voglio pensare ai testi. C’è Black or White, c’è They don’t care about us… Ci sono parole che ti fanno male dentro per la realtà che esprimono, per l’assurdità che ancora viviamo. Stiamo parlando di canzoni edite venti anni fa e più, ragazzi, non canzoni fatte l’altro ieri da Bibier.
Eppure… Eppure sono attuali, sono struggenti, sono coinvolgenti, esprimono rabbia, livore, preoccupazione, ma anche desiderio di cambiamento, di speranza, di pace.
Pace.
Bella parola, sulla bocca di tante persone, della quale però credo si ignori completamente il significato.
Guardiamolo insieme, volete?
Pace – sostantivo femminile (sarà un caso?!) –  La situazione contraria allo stato di guerra, garantita dal rispetto dell’idea di interdipendenza nei rapporti internazionali, e caratterizzata, all’interno di uno stesso stato, dal normale e fruttuoso svolgimento della vita politica, economica, sociale e culturale.

imgres-1Così recita Wikipedia, così  i dizionari. Non è una parola meravigliosa? Sì, lo è, ma ultimamente serve solo a riempire spazi vuoti su una bandiera o le falle in alcuni discorsi elettorali, per non parlare delle campagne pubblicitarie delle miss, dei mister, sulla bocca di bambini imbeccati per risultare carini e teneri.
Ma chi la vuole davvero ‘sta pace? Non di certo la popolazione di Facebook, sempre pronta a uccidersi a colpi di “troia, coglione, idiota” alla prima stupidaggine che circola in rete. Ieri ascoltavo un servizio alla radio (ancora ascolto la gente che parla in radio, io!) circa i siti di bufale, siti per i quali fare disinformazione è un vero e proprio lavoro. Chi mai crederebbe che Trump ha donato venti milioni di dollari ai terremotati?, si chiedeva lo speaker, e il giornalista del Corriere della Sera rispondeva: “A pochi minuti dalla pubblicazione, quel post aveva più di 90.000 condivisioni.”

Vedete che allora non c’è reale voglia di mitigare, di portare serenità, PACE. Se fosse davvero così, ci si prenderebbe la briga di valutare la veridicità di alcune notizie. Ma il problema è anche che la maggior parte delle persone che leggono e credono sono quelle di altre generazioni, convinte che ciò che dicono i giornalisti sia la verità. È così, una volta era così. Solo in un dato periodo storico l’informazione è stata manipolata per rendere veritiero lo sponsor elettorale che, per rinsaldare l’economia del paese e far eleggere il rappresentante di un determinato partito, faceva leva sul razzismo dilagante, sull’invidia, sulla spartizione diseguale delle ricchezze del paese.

Oggi è il 27 gennaio, dovreste aver capito di cosa sto parlando. Per lo meno se le persone che stanno condividendo immagini di transenne spinate proprio adesso, proprio in questo momento, conoscono il significato di ciò che di cui parlano e non agiscono “perché tutti fanno così”.
Brutta cosa l’ignoranza, no? Essere costretti a condividere pensieri altrui, prendendo spunto dal loro modo di agire perché impossibilitati a fare altrimenti. Manipolati. Vuoti. Vasi vuoti pronti per essere colmati dal primo rigurgito di razzismo nell’aria. E fascismo. E nazismo.
Perché di questo stiamo parlando. Di odio. Di intolleranza. Di gente che vendeva al partito il proprio vicino per via della sua religione. Anche se quel vicino era quello a cui si erano affidati i propri bambini “ché devo andare a fare la spesa e non so a chi lasciarli. Cinque minuti e torno”. Anche se quel vicino era quello che “Ho cucinato troppo pane, oggi, e ho pensato di portartene un po’”.

imgresDi questo stiamo parlando. Dell’egiziano che fa le pizze all’angolo. Della famiglia mussulmana che ti saluta tutti i giorni, genitori e bambini, quando percorri insieme a loro la strada per portare i tuoi figli a scuola. Di quel ragazzo di colore che incontri sempre al semaforo e che ti pulisce il vetro e ti vende fazzoletti per due spicci, che poi i soldi non se li mette neanche in tasca lui, ma chi lo sfrutta.
Stiamo parlando di donne che non hanno la libertà di poter decidere in piena autonomia di avere un bambino oppure no (però le tette se le possono rifare quando vogliono, ché quelle sì che sono importanti), di donne che non solo non vengono considerate esseri umani senzienti, ma che sono spesso condannate dalla società perché pretendono il rispetto a loro dovuto.
Stiamo parlando di persone che non hanno il diritto di amare chi vogliono, che sono costrette a nascondersi e a vivere la libertà dentro casa, “ché qua vicino ci sono pure dei bambini, eccheccazzo!”.
Stiamo parlando di ragazzi disabili che vengono confinati in classi differenziate “perché così stanno tra loro e i bambini normodotati possono imparare come è loro diritto senza rallentamenti.”

Sto parlando di un clima egoistico che sta tornando in auge, “che razzista e intollerante fa figo ed è chic, perché il più forte è quello che comanda”, non il più intelligente e giusto. Perché, ricordiamolo, l’intelligenza non è furbizia: è saper disporre delle proprie possibilità in maniera corretta e produttiva.
Oggi condividerete messaggi di pace, di ricordo, riempiendovi le bacheche di foto in bianco e nero, dicendo che “ricordiamo, per non permettere che accada ancora”. Ma chiedetevi cosa farete domani, cosa scriverete tra una settimana su quel post in bianco. Guardatevi intorno e riflettete sul fatto che sta già accadendo, che la storia è tornata indietro come un boomerang.

Riflettete, imparate a pensare con la vostra testa, tornate in contatto con il bimbo che non vedeva differenze di colori o religioni, ma solo due mani e due braccia per giocare e correre, un sorriso da condividere, due occhi per guardare insieme il mondo.
Riflettete, per una volta. Ne basta una sola.

FEDERICA D'ASCANI

I libri di Federica D’Ascani